La forza di inseguire un sogno
Se quando Luigi era piccolo, qualcuno gli avesse chiesto cosa avrebbe voluto fare da grande, sono sicura che non avrebbe avuto alcun dubbio e avrebbe risposto in un sol fiato “il musicista!”. Ma l’età adulta non sempre tiene conto dei sogni e, spesso, per restare fedeli alle promesse che ci eravamo fatti è necessario imparare a riadattarli alle esigenze della vita. Così ha fatto Luigi Bartolomeo, terapista occupazionale e terapista della mano specializzato dell’Unità Operativa di Chirurgia della Mano dell’Ospedale San Giuseppe. Non sarà riuscito (o meglio non ancora) a trasformare la musica in una professione, ma oggi si occupa della riabilitazione della mano e dell’arto superiore anche in pazienti che provengono da uno specifico ambulatorio dedicato ai musicisti dello stesso reparto.
“La mia più grande passione da quando ero bambino è scrivere canzoni” – ci racconta Luigi – “I miei genitori sono ascoltatori appassionati di musica, ma non hanno mai suonato uno strumento. Non so, perciò, da dove sia nato questo mio amore. Mia mamma mi raccontava che all’età di otto anni fui io a chiederle di imparare a suonare il pianoforte e ad un certo punto, per rendere felice mio nonno, allo studio del pianoforte affiancai anche quello della fisarmonica. Lui adorava questo strumento ed io adoravo lui, mi piaceva vederlo sorridere. Mio padre mi supportò regalandomi una fisarmonica incredibilmente bella, che mi permise di unirmi ad una band famosa in tutta la Basilicata”.
Luigi ha quattordici anni quando inizia ad esibirsi in pubblico, tra cerimonie e serate di piazza. Stare tra la gente è un ottimo allenamento per sviluppare empatia e dialettica, due doti fondamentali sia per un cantautore sia per un futuro terapista che dovrà lavorare a contatto con le persone, sapendosi mettere nei loro panni per intuirne i bisogni e instaurare con loro un rapporto di fiducia.
Di lì a poco, scriverà anche la sua prima canzone: “Un giorno, un amico mi fece leggere la sua ultima poesia. Mi sembrò subito una canzone, la rivisitai e composi la musica. Da allora capì che quello era il mio mondo”. Gli anni passano, Luigi si iscrive all’Università, trasferendosi prima a Roma e poi a Milano, e continua a suonare insieme ad alcune band. Coniugare studio e musica non è facile, richiede impegno, sacrifici e rinunce, ma la voglia di affermarsi in questo campo e di far conoscere le proprie canzoni è più forte di qualsiasi stanchezza. “In Italia la musica è vista sempre come se fosse un hobby. Invece non è così, – dice Luigi – mentre io stavo a casa a studiare le sinfonie di Mozart e Beethoven al pianoforte, i miei amici uscivano a giocare a calcetto. Sono sacrifici che fai, anche in periodi adolescenziali complicati, che ti insegnano ad impegnarti e a rimanere concentrato sugli obiettivi che vuoi raggiungere. La musica mi ha dato molta responsabilità e fermezza nelle scelte, mi ha fatto capire il valore del sacrificio e scoprire di essere una persona sensibile. Mi ha dato la percezione di avere un animo diverso, non superficiale agli eventi”. La stessa forza di volontà ha aiutato Luigi a raggiungere un altro grande sogno quello di diventare un terapista della mano nel reparto di riabilitazione dell’Unità di Chirurgia della Mano all’Ospedale San Giuseppe: “Ho conosciuto il reparto durante l’Università, grazie alla mia coordinatrice, che ci aveva parlato di questa eccellenza mondiale e della possibilità di svolgere al suo interno dei tirocini formativi volontari. Così, terminati tutti gli esami previsti al primo anno, chiesi di poter partecipare al tirocinio. Quando arrivai in reparto, fu amore a prima vista. Non ebbi alcuna esitazione, volevo terminare gli studi quanto prima per poter provare ad andare a lavorare lì. Mi piaceva il mondo della mano perché potevo collegarlo alle patologie dei musicisti e perché vi trovavo una duplice bellezza: da un lato c’era una forte dinamicità che mi permetteva di scoprire storie e vissuti diversi, dall’altro facevo parte di una squadra coesa e affiatata. Nel nostro reparto, il chirurgo non può fare a meno del fisioterapista e viceversa, lavoriamo sinergicamente, proprio come una band”.
Contestualmente, però, l’impegno e i sacrifici di Luigi in ambito musicale, non sembrano essere riconosciuti. Le case discografiche non lo richiamano o non vogliono riceverlo. L’unica soluzione per farsi ascoltare è partecipare ad un talent show. Ha appena portato a termine una borsa di studio al Centro Europeo di Toscolano diretto da Mogol, è stata un’esperienza immersiva che gli ha permesso di mettersi in gioco a 360°. Si sente pronto, si è preparato tanto e sa che è il momento giusto, “o la va o la spacca”, non può permettersi di continuare a dedicare così tante energie alla musica, ha bisogno di laurearsi. Decide di fare il provino per “Amici di Maria de Filippi”, il quale, però, non va a buon fine. Luigi è deluso, demoralizzato e arrabbiato, ha sacrificato tanto per la musica e adesso si sente solo e tradito. Così, le volta le spalle. Vende i suoi strumenti e per 3-4 anni smette di suonare, di scrivere canzoni e per di più di ascoltare musica.
Nel 2015 inizia a lavorare all’Ospedale San Giuseppe. Qui, dopo qualche mese, si presenta in ambulatorio una famosa cantautrice. I due sentono subito un forte legame che li unisce, entrambi hanno un animo molto sensibile e un amore in comune: la musica. Questo legame si trasforma in un’amicizia, capace di riaccendere in Luigi la fiamma che qualche anno prima aveva deciso di soffocare e di fargli cambiare prospettiva: “Penso che il suo arrivo sia stato un segno. Solitamente non credo al destino, ma in questo caso, devo ammettere che è stata davvero una coincidenza incredibile. Se non ci fossimo incontrati, probabilmente non avrei mai ripreso a suonare. Invece, lei mi ha fatto capire che la strada del cantautorato non era quella giusta per me. Sono una persona che ama ascoltare la gente e ho scelto di diventare un terapista anche perché mi avrebbe permesso di stare tra le persone, di ascoltare le loro storie; storie che spesso ho trasformato in brani. Più di una volta, la mia sensibilità mi ha portato a scrivere le canzoni al femminile. Era un chiaro segnale che probabilmente avrei dovuto fare l’autore e scrivere per altri. Oggi, il mio obiettivo è unire al mio lavoro di terapista quello di autore. So che sarà difficilissimo perché il mio tempo è poco, ma mollare in passato mi è servito per non mollare adesso”.