Il suono della salute: come ho scoperto il killer silenzioso
“Nonostante lavorassi tanto, sostenendo dei ritmi impegnativi, il mio corpo non mi aveva segnalato nessuna anomalia, non avevo alcun sintomo”
“Innanzitutto, un tecnico del suono deve conoscere il setticlavio (il complesso delle posizioni occupate sul pentagramma dai segni detti chiavi) degli strumenti musicali. È una nozione fondamentale perché ti permette di sapere come suddividere le frequenze in una grande orchestra e a quali distanze porre i vari strumenti affinché il coro risulti armonico. Poi è una questione di orecchio, le frequenze non si devono perdere, devono arrivare all’ascoltatore, c’è bisogno di precisione e puntualità, non si può essere approssimativi”. Il sig. Giacomo descrive con trasporto il suo lavoro e le qualità che lo hanno reso un professionista di spicco nel suo settore. Negli anni, quelle stesse qualità si sono rivelate utili per preservare la sua salute, salvargli la vita e consentirgli di continuare a svolgere il suo lavoro con la vitalità e l’entusiasmo che lo contraddistinguono.
Sig. Giacomo ci racconti la sua storia.
“La mia passione è sempre stata la musica, da ragazzo suonavo la chitarra e, avendo avuto la fortuna di nascere a Genova capitava spesso di incontrare Gino Paoli, Fabrizio De André, Paolo Villagio e suonare tutti insieme. Erano dei bei tempi e ci divertivamo tanto, anche questo mi ha spinto a studiare per diventare un tecnico del suono. Nella mia vita, ho seguito dietro le quinte 15 edizioni del Festival di Sanremo e quasi ogni Festival Bar; ho accompagnato Albano in tour e grazie a lui ho girato il Mondo: dalle Cascate del Niagara fino all’Uzbekistan, suonando in alcuni dei più bei teatri, come il Madison Square Garden. È sempre stato un lavoro molto dinamico, spesso dovevo prendere tre aerei al giorno, ma ne ero talmente entusiasta che non ho mai sentito la fatica di questi ritmi e non mi sono mai voluto fermare, anche dopo aver subito due interventi per il trattamento di un aneurisma all’aorta addominale”.
Come ha scoperto di avere un aneurisma addominale?
“Molti anni fa, sono stato operato per un aneurisma al cuore presso MultiMedica. L’intervento andò bene e, negli anni successivi, non saltai nessun controllo, seguivo tutti i consigli che mi davano i medici e prendevo tutti i medicinali prescritti nei tempi e nelle modalità previste, perché per me la salute viene prima di tutto, anche della musica. Finché cinque anni fa, durante un’ecografia di routine si accorsero che c’era qualcosa di anomalo, mi fecero ulteriori accertamenti e scoprirono che si trattava di un altro aneurisma, questa volta collocato nell’aorta addominale sotto le arterie renali. Non era molto grande ed era necessario tenerne sotto controllo l’evoluzione.
Come accolse la diagnosi?
Non fui spaventato dalla notizia. Erano circa dieci anni che venivo seguito con attenzione dai diversi specialisti del Gruppo MultiMedica, si era instaurato un bel rapporto di fiducia e, infatti, venni subito rassicurato del fatto che grazie alle nuove tecniche chirurgiche, non si sarebbe trattato di un intervento invasivo e che dopo pochi giorni di riposo avrei potuto tornare a dedicarmi alla musica. Quasi un anno dopo, a causa della crescita dell’aneurisma, fui operato. Non smisi di sottopormi agli esami prescritti e oggi posso dire di essere stato previdente. Infatti, nel 2022 si scoprì che l’aneurisma si era riformato. Se non fossi stato così attento e scrupoloso non me ne sarei mai accorto, anche perché io mi sentivo benissimo. Avevo 54 anni e nonostante lavorassi tanto e continuassi a sostenere dei ritmi impegnativi, il mio corpo non mi aveva segnalato nessuna anomalia, non avevo alcun sintomo. Fortunatamente, anche il secondo intervento andò bene, ricordo che il giorno previsto per l’operazione avevo un concerto al quale non volevo rinunciare, chiesi se potevo posticiparlo e se mi era permesso prendere voli nel frattempo. Non c’erano particolari controindicazioni per cui mi fu concesso. Rientrato dalla tournée, il Dott. Martelli [Direttore dell’U.O di Chirurgia Vascolare, N.d.R] insieme al Dott. Rossi [Assistente, N.d.R], mi operò e dopo due giorni tornai alla mia vita quotidiana.
Dott. Martelli può spiegarci che cos’è un aneurisma e cosa comporta?
L’aneurisma è una dilatazione permanente di un’arteria. Per essere definito aneurisma, tale ampliamento deve essere uguale o maggiore del 50% del diametro normale dello stesso vaso. La sede dove più facilmente si formano aneurismi è quella dell’aorta addominale sotto-renale, che per le sue caratteristiche anatomiche ed istologiche è più soggetta alla loro formazione. La complicanza più temuta e letale è la rottura, tanto che l’aneurisma viene anche definito “silent killer” (il killer silenzioso). Nella maggior parte dei casi è completamente asintomatico e, infatti, il 75% delle volte la diagnosi è casuale e avviene, come è successo al Sig. Giacomo, nel corso di indagini ecografiche o radiologiche eseguite per altri motivi. Per questo, dopo i 60 anni consigliamo di eseguire esami di screening, soprattutto nei pazienti con fattori di rischio per aterosclerosi (in particolare il fumo di sigaretta) e con provata familiarità per aneurismi.
L’aneurisma aortico si corregge con un intervento chirurgico tradizionale (resezione e sostituzione dell’aorta malata con una protesi) o con un trattamento endovascolare (EVAR /TEVAR) che consiste nell’escludere la sacca aneurismatica dal flusso ematico posizionando al suo interno una endoprotesi. EVAR e TEVAR evitano l’apertura del torace o dell’addome e possono essere eseguiti in anestesia locale. In commercio esistono delle protesi preconfezionate che si infilano nell’aorta, la cui lunghezza minima è di 6 cm, ma poiché Sig. Giacomo aveva una caratteristica particolare, per la quale lo spazio in cui inserire la protesi era leggermente più corto rispetto allo standard, è stata quindi creata una protesi personalizzata con un corpo più corto in grado di aderire perfettamente allo spazio aortico e di conseguenza escludere l’aneurisma. L’Aortic Team dell’IRCCS Cardiovascolare MultiMedica di Sesto San Giovanni è in grado di garantire un approccio globale al trattamento della patologia aortica, mettendo a disposizione del paziente la competenza e la disponibilità dei suoi specialisti, oltre che gli strumenti e la tecnologia d’avanguardia per una diagnostica e un trattamento d’eccellenza.