Cadono le foglie e cala il buonumore: è tempo di reagire
Dott.ssa Maura Levi, Psicologa Clinica, IRCCS MultiMedica
Quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio sullo spirito che geme in preda a lunghi affanni, e versa, abbracciando l’intero giro dell’orizzonte, un giorno nero più triste della notte; (…) E lunghi trasporti funebri, senza tamburi né bande, sfilano lentamente nella mia anima; vinta, la Speranza piange; e l’atroce Angoscia, dispotica, pianta sul mio cranio chinato il suo nero vessillo. (Traduzione tratta da: R. Ceserani, Il materiale e l’immaginario, ed. Loescher)
Così nel 1857 Charles Baudelaire ha descritto, nella sua raccolta di poesie I Fiori del Male, lo “Spleen”, ossia il senso di malinconia e di malessere esistenziale. “Spleen” è una parola che in inglese significa “milza”. Nell’antichità infatti si riteneva che la depressione avesse origine in questo organo. Oggi sappiamo che la causa dell’abbassamento del tono dell’umore è dovuta a complessi meccanismi cerebrali.
Qual è la differenza tra tristezza e depressione?
La tristezza è uno stato d’animo transitorio, spesso dovuto a cause identificabili. La depressione è invece una vera e propria patologia psichiatrica che deve essere diagnosticata da specialisti; la cura si basa sull’utilizzo di farmaci antidepressivi e di psicoterapia.
Come sappiamo, molte persone sono soggette a mutamenti di umore a seconda delle variazioni climatiche. Chi infatti non ha mai provato un po’ di malinconia nel passaggio dall’estate all’autunno? Chi, con l’accorciarsi delle giornate, non ha mai percepito una più facile irritabilità, un maggior senso di sonnolenza, una minor capacità di concentrazione e una riduzione della produttività? Già nel 400 a.C. Ippocrate aveva descritto questo disturbo notando come la malinconia comparisse più facilmente nei mesi autunnali ed invernali.
È stato dimostrato che questo tipo di tristezza non è solo dovuto alla conclusione delle vacanze estive e al ritorno all’attività lavorativa, ma è connesso a fattori endocrino-neurologici. Sembra che, in alcuni soggetti più sensibili, l’alternanza delle stagioni, le variazioni climatiche e la riduzione dell’esposizione solare possano influire sul benessere personale. In particolare la luce del sole, penetrando attraverso gli occhi, genera degli impulsi che, al livello cerebrale, stimolano la secrezione di una sostanza chiamata
serotonina, la quale a sua volta regola il tono dell’umore.
Pertanto il passaggio dall’estate all’autunno, con la riduzione del numero di ore di luce, favorisce l’abbassamento del tono dell’umore. Alcuni studiosi ritengono che queste variazioni siano correlate alla nostra “origine animale”: è come se l’abbassamento del tono dell’umore, la sonnolenza e l’apatia corrispondessero a una sorta di letargo.
Quali sono i consigli utili da dare a chi soffre di “mal d’autunno”?
Visto che questo disturbo è correlato a una difficoltà nell’adattamento alle variazioni stagionali, è importante aiutare l’organismo a sopportare meglio i cambiamenti improvvisi. Può essere utile che durante l’estate siano mantenuti, per quanto possibile, ritmi simili a quelli invernali (per esempio evitando di dormire troppo al mattino).
Un altro consiglio degli esperti è che, al momento della reintegrazione dell’ora solare, non si deve solo spostare le lancetta dell’orologio, ma adeguare gradatamente le normali abitudini al nuovo orario invernale. Inoltre è sempre buona norma limitare il fumo, l’assunzione di alcolici, e mantenere una dieta bilanciata. In una situazione di abbassamento dell’umore si può infatti tendere agli abusi che, a loro volta, possono peggiorare la sintomatologia depressiva. È infine molto utile fare attività fisica, in particolare nelle prime ore del mattino; è dimostrato che il movimento aumenta i livelli di serotonina e riduce nel sangue quelli di cortisolo (ormone coinvolto nello stress), inducendo un netto miglioramento del tono dell’umore.
In Italia, durante i mesi “bui”, soffrono di malinconia circa il 70 % degli individui. Sembra però che nel 2-3% della popolazione si possa verificare un vero e proprio disturbo dell’umore chiamato Depressione stagionale, i cui sintomi sono molto più gravi: malinconia, mancanza di energia, apatia, affaticabilità, basso desiderio sessuale, sonnolenza, incremento dell’assunzione di cibo e aumento di peso.
Si ritiene che l’incidenza della Depressione stagionale aumenti di pari passo allontanandosi dall’equatore; lo dimostrerebbe il fatto che nei Paesi Scandinavi, dove in autunno e in inverno le ore di luce sono scarsissime, la percentuale di soggetti affetti da questi disturbi è più alta rispetto al Sud dell’Europa. Il trattamento ritenuto più idoneo per questo tipo di depressione è la cosiddetta light therapy (terapia della luce), che consiste nell’esporre i pazienti, per molti minuti al giorno, ad un sofisticato sistema di illuminazione, composto di speciali tubi fluorescenti che riproducono lo spettro della luce solare. Questo tipo di terapia deve essere gestita da professionisti qualificati e talvolta deve essere associata ad un trattamento psicoterapico.
È stato dimostrato che la light therapy è efficace nel 70% dei soggetti affetti da Depressione stagionale, mentre non è di nessuna utilità per gli altri disturbi dell’umore (distimia, depressione maggiore e disturbo bipolare), per i quali ci si deve avvalere di trattamenti psicofarmacologici.
Quali sono i campanelli d’allarme che devono far pensare a un vero e proprio esordio depressivo?
Anche se ci sentiamo tristi e malinconici durante in mesi autunnali e invernali, questo non vuol dire che dobbiamo recarci subito dallo psichiatra. In primo luogo è utile valutare se, alla base della tristezza, esiste una causa ben definita.
Va innanzi tutto detto che è assolutamente normale che un evento di perdita (un lutto o un grave problema finanziario) provochi abbassamento del tono dell’umore. Al contrario, il riscontro di angoscia e ansia in assenza di fattori scatenanti deve destare sospetti. Esistono poi dei casi in cui, anche se sono concretamente riconoscibili le motivazioni che l’hanno causata, la malinconia dura da troppo tempo (per esempio quando la sofferenza e il rimpianto, per la fine di una relazione sentimentale, si protrae irragionevolmente). Infine, in situazioni più estreme, il dolore psicologico è così acuto, da interferire negativamente nelle relazioni sociali e nello svolgimento delle normali attività lavorative. In tutte queste evenienze è quindi opportuno non sottovalutare i sintomi e richiedere un aiuto specialistico.
In conclusione…
Se ci sentiamo molto angosciati o se qualcuno dei nostri familiari ci sembra depresso, per capire se è necessario richiedere l’aiuto medico bisogna porsi tre semplici domande: la tristezza è giustificabile da ragioni oggettive? Da quanto dura? In che misura crea difficoltà nella vita quotidiana?
E soprattutto, tenere ben presente che, con una cura adeguata, la guarigione è dietro l’angolo.