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Blog – Gruppo MultiMedica

A Tavola con la psiche

La cura dell’obesità, indipendentemente che il trattamento sia medico o chirurgico, richiede un approccio multidisciplinare che non trascuri gli aspetti psicologici di un percorso che porta ad imparare ad attribuire al cibo la giusta funzione e a gestire le emozioni negative e lo stress, in modo che non incidano più sul suo rapporto con il cibo

Tiberio imperatore diceva che l’uomo, giunto all’età di trentacinque anni, non dovrebbe avere bisogno di medico (…). La massima dell’imperatore Tiberio è vera in quanto l’uomo arrivato a metà del corso della vita dovrebbe avere acquistata tanta esperienza sopra sé stesso da conoscere ciò che gli nuoce e ciò che gli giova e con un buon regime dietetico governarsi in modo da tenere in bilico la salute.

Questo che potrebbe sembrare un testo tratto da un antico libro di medicina o da un dietologo vecchio stampo, è in realtà uno stralcio dell’introduzione de “La scienza in cucina – L’arte di mangiare bene” di Pellegrino Artusi, scritto nel 1891. Non esiste un cuoco o un vero appassionato di cucina che non possieda una copia di questo incredibile libro di ricette. Nella sua prefazione Artusi sottolinea come il mangiar bene coincida con un buon stile di vita, e che dare sapore alla vita significa anche apprezzare il cibo buono e ben fatto. Ma oggi, in molti ambienti, si è perso il significato del “mangiare bene e cose buone”. Il cosiddetto junk food, che pure soddisfa le nostre tempistiche sempre più frenetiche, e che soprattutto costa poco, sta certamente contribuendo alla crescita dell’obesità. Infatti, spesso non è vero che le persone obese “amano mangiare, e quindi mangiano tanto”, ma piuttosto mangiano senza gusto e solo per alimentarsi.

Ma al di là di questi aspetti prettamente sociali, quando si parla di una patologia come l’obesità, si deve inevitabilmente risalire a motivazioni individuali e psicologiche.

Fin da piccoli abbiamo imparato ad associare al cibo un senso di gratificazione emotiva. Il neonato conosce il mondo attraverso la bocca, e alla sensazione di benessere che gli deriva dall’essere nutrito, si associa quella di essere amato e protetto. Con il passare degli anni, il piacere naturale della nutrizione si diversifica verso altre funzioni fisiche e psichiche, ma se questo meccanismo non si sviluppa correttamente, il cibo diventa una fonte primaria di sostegno emotivo, ossia una sorta di “autocura”. In questo contesto, alcune persone riducono progressivamente l’alimentazione tramite un meccanismo di ipercontrollo, fino a configurarsi in un quadro di anoressia; altre, invece, la aumentano fino all’eccesso, e inevitabilmente sono destinate all’obesità.

In questo secondo caso il cibo può rappresentare quindi uno spazio dove nascondersi per non affrontare problemi che appaiono insormontabili, o diventare un tranquillante in condizioni di stress, o anche un modo per scaricare l’aggressività attraverso la masticazione e l’inghiottimento.

È perciò evidente che l’immaginario collettivo che considera una persona obesa come qualcuno che sa godersi la vita, è spesso tutt’altro che vera. Semmai è il contrario: la persona obesa ha perso il vero piacere del cibo, che si trasforma esclusivamente in un luogo dove affondare i propri dispiaceri.

Inoltre la condizione di obesità è frequentemente correlata a una scarsa autostima, che si traduce nella sensazione di essere di isolati, inadeguati, e di non avere volontà o capacità uguali agli altri. Di qui si crea un circolo vizioso, per cui il peggioramento dello stato emotivo rende più difficile a una persona obesa, che non trova mezzi di conforto se non nel cibo, seguire un adeguato stile di vita.

È dunque chiaro che l’obesità è difficilmente curabile solo attraverso una dieta, in quanto le implicazioni psicologiche sono spesso d’ostacolo al suo mantenimento, ma può essere trattata efficacemente da una équipe multidisciplinare composta da un dietista, da uno psicologo, e da un medico internista per monitorare e trattare le molteplici complicanze (patologie cardiovascolari, diabete, patologie polmonari…) ad essa correlate.

Il percorso multidisciplinare integrato deve interrompere il circolo vizioso scarsa autostima – cibo – incapacità di seguire una dieta – scarsa autostima, agendo contemporaneamente su più aspetti, e quindi anche sulla possibilità di ritrovare il vero piacere del cibo e il sapore della vita.

Perché, come sottolinea Pellegrino Artusi, facciamo in modo di amare IL BELLO ED IL BUONO OVUNQUE SI TROVINO (…) RIABILITIAMO IL SENSO DEL GUSTO E NON VERGOGNIAMOCI DI SODDISFARLO ONESTAMENTE.

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