La longevità è ereditabile?
Sempre più spesso sentiamo dire che la popolazione sta invecchiando. In effetti, secondo le previsioni ISTAT l’età media della popolazione italiana passerà dagli attuali 44,9 a oltre 50 anni nel 2065, subendo un incremento di circa l’11% nel giro di mezzo secolo. La prospettiva di una vita più lunga e di una popolazione mediamente più anziana ha reso il tema dell’invecchiamento quanto mai attuale, suscitando l’interesse di numerosi team di ricerca che ne studiano le cause e i meccanismi.
Tra le questioni ancora aperte, l’impatto dei fattori genetici sulla longevità è sicuramente di notevole interesse. Nel corso degli anni è stata ipotizzata l’esistenza di alleli (forme alternative dello stesso gene) che possano influenzare l’invecchiamento e che siano ereditabili. Sebbene la relazione tra la durata della vita e la genetica sia stata dimostrata da numerosi lavori scientifici, le stime sull’ereditarietà della longevità sono estremamente variabili, con differenze anche del 20% tra diversi studi.
Non bisogna dimenticare che anche i fattori ambientali e socioculturali possono essere trasmessi in maniera del tutto simile a quelli genetici. All’interno delle nostre famiglie, infatti, non condividiamo solo il patrimonio genetico ma anche il contesto ambientale in cui siamo immersi. Questo può influenzare moltissimo il nostro fenotipo, cioè la manifestazione delle nostre informazioni genetiche. L’effetto è così importante che spesso risulta difficile discriminare tra il contributo dei fattori genetici e socioculturali.
Recentemente J. Graham Ruby et al. hanno pubblicato sulla rivista scientifica Genetics un lavoro volto a far luce l’ereditabilità della longevità. Gli autori hanno condotto un’indagine molto vasta su centinaia di milioni di individui, utilizzando gli alberi genealogici presenti nell’azienda di analisi genetiche Ancestry. Per valutare l’ereditabilità, gli autori hanno utilizzato una variabile che racchiude l’effetto combinato sia dei fattori ereditari genetici che socioculturali.
I risultati dello studio si sono rivelati estremamente interessanti. L’aspettativa di vita è ereditabile per il 20% nel caso di fratelli, sorelle o cugini di primo gradi dello stesso sesso, ma se di sesso opposto questa correlazione scende al 15%. Il peso dei fattori ereditabili si riduce ulteriormente se si analizzano i dati di parenti non consanguinei, per i quali è di circa il 7%. Un altro dato molto curioso riguarda i coniugi, che mostrano una similitudine nella durata della vita media persino superiore ai fratelli di sesso opposto. Ulteriori analisi hanno dimostrato che questo dato è dovuto ai cosiddetti “accoppiamenti selettivi“, cioè alla tendenza a scegliere un partner con fenotipo simile al proprio.
La longevità dipende quindi da fattori genetici e socioculturali, ma la sua ereditabilità sembra essere molto inferiore rispetto a quanto osservato in diversi lavori scientifici. In altre parole, un buon invecchiamento dipende solo in parte dai nostri antenati!
Con il contributo di:
Dr.ssa Ornella Colpani, Ricercatrice Laboratorio di Ricerca Cardiovascolare Gruppo MultiMedica, Progetto Cariplo “Il midollo osseo come organo chiave nella fragilità dell’anziano”