Conosciamo meglio l’Helicobacter Pylori
La convinzione che l’ulcera gastrica e duodenale fosse conseguenza di stress o, a volte, dall’abitudine di mangiare cibi piccanti o acidi è rimasta radicata sino agli inizi degli anni ottanta quando, nel 1982, due ricercatori australiani Warren e Marshall isolarono per la prima volta un batterio spiraliforme: l’Helicobacter Pylori.
Questa scoperta, che porterà i due ricercatori a ricevere nel 2005 il Nobel per la Medicina, avvalorò la tesi che aveva condotto a questi studi secondo la quale le lesioni peptiche erano di origine infettiva. Si dovrà comunque attendere sino al 1994 perché venga ufficialmente riconosciuta la correlazione tra insorgenza di malattia ulcerosa gastrica e duodenale con la presenza di HP mentre nel 1996 veniva finalmente approvato, negli Stati Uniti, il primo schema di trattamento delle ulcere mediante eradicazione del batterio con antibiotici. Ad oggi non esistono certezze assolute circa le modalità di trasmissione del batterio.
Il microrganismo è reperibile nelle feci, nella saliva e sulla placca dentale. Per il momento l’unico serbatoio noto di questo batterio è l’uomo e la via di trasmissione è orale o oro fecale soprattutto in ambienti con carenze dal punto di vista igienico, ma non esistono ancora dati definitivi in merito. Nel lungo periodo la presenza di Helicobacter Pylori porta alla formazione di lesioni ulcerative e ad un aumento da 2 a 6 volte del rischio di sviluppare un particolare tipo di Linfoma chiamato MALT e del carcinoma gastrico.
Per tale motivo in presenza di sintomatologia caratterizzata da bruciore, dolore nella parte alta dell’addome o nausea è bene ipotizzare la presenza di una lesione gastrica o duodenale e, mediante un esame endoscopico, eseguire una valutazione del quadro per giungere ad una diagnosi il più precocemente possibile eseguendo, contestualmente, anche la ricerca dell’Helicobacter Pylori.
Esistono, inoltre, esami non invasivi che ci permettono di verificare la presenza del batterio quali il cosiddetto test del respiro (urea breath test o UBT) e il test fecale con ricerca degli antigeni di H. pylori. In caso di presenza del batterio la terapia sarà basata sulla somministrazione di antibiotici, anche in associazione tra loro, più un farmaco che riduce la secrezione acida in quanto, il batterio, vive e si sviluppa soprattutto in ambiente acido.
L’avvenuta eradicazione andrà poi controllata, a terapia ultimata, dopo un periodo di completa astensione da tali farmaci o mediante l’esecuzione di una nuova biopsia in corso di una nuova esofagogastroduodenoscopia o, in maniera non invasiva, mediante un test del respiro (il breath test) che rileva, mediante l’assunzione di una dose di urea marcata con C13 o C14, la presenza o meno del batterio.
L’Helicobacter Pylori, infatti, utilizzando l’urea nel suo metabolismo, libera anidride carbonica isotopicamente marcata che è rilevabile nel respiro del paziente.
Dr. Emilio Beviglia, Direttore Dipartimento di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Gruppo MultiMedica