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Blog – Gruppo MultiMedica

Fibrillazione atriale: come fronteggiare la tempesta elettrica del cuore

La fibrillazione atriale è la più comune forma di aritmia cardiaca, caratterizzata da un’alterazione del ritmo del cuore, che risulta rapido e irregolare. Durante questa attività elettrica, disorganizzata e meccanicamente inefficace, l’atrio non si contrae in maniera ritmica e coordinata con l’attività dei ventricoli e il cuore non riesce ad inviare correttamente il sangue nel resto del corpo. Questo rallentamento del flusso sanguigno può portare alla pericolosa formazione di coaguli di sangue, chiamati trombi. I trombi rappresentano un grosso rischio per il paziente, a causa della loro possibile migrazione verso il cervello (ictus), i polmoni (embolia polmonare), a livello dei vasi intestinali (infarti intestinali) o renali (infarti renali), gli arti (occlusione acuta con ischemia dell’arto colpito) o verso qualsiasi altro organo.

Le conseguenze della perdita della funzione meccanica dell’atrio, e quindi del suo contributo al riempimento del ventricolo, variano da soggetto a soggetto. In assenza di cardiopatia, la fibrillazione atriale di breve durata è in genere ben tollerata, senza alcun risentimento emodinamico (la pressione arteriosa si mantiene normale e l’unico sintomo avvertito dal soggetto può essere un fastidioso senso di palpitazione). In caso di cardiopatia organica associata, l’insorgenza di questa aritmia può portare, invece, ad un più rapido deterioramento del grado di scompenso cardiaco. Quindi, mentre in alcuni casi l’aritmia non incide su quantità e qualità di vita, in altri casi si può avere un peggioramento della prognosi e della qualità di vita del paziente.

Quando si instaura la fibrillazione atriale, tutto il sistema anatomico va incontro a variazioni ed adattamenti che sono alla base dei sintomi, delle terapie e delle evoluzioni cliniche del paziente.

Le tipologie di fibrillazione atriale

  • Parossistica: gli episodi di fibrillazione atriale si presentano e si risolvono in modo spontaneo in un tempo generalmente inferiore alle 48 ore;
  • Persistente: gli eventi di fibrillazione atriale non si interrompono spontaneamente e durano più di 7 giorni;
  • Permanente: la fibrillazione atriale è cronica e non viene risolta dagli interventi terapeutici farmacologici.

I fattori di rischio

  • Fattori di rischio controllabili: patologie valvolari, malattie del muscolo cardiaco (miocardite, cardiomiopatie), cardiopatie congenite, infarto miocardico, ipertensione arteriosa, malattie della tiroide, embolia polmonare, disturbi gastrici come ernia iatale e reflusso gastro-esofageo, colesterolo alto, diabete, fumo, sovrappeso, eccesso di caffeina, abuso di alcol, sedentarietà, apnee notturne e alcuni farmaci (antidepressivi ad esempio);
  • Fattori di rischio non controllabili: familiarità per malattie cardio-vascolari ed aritmie, invecchiamento, difetti cardiaci congeniti, sesso femminile.

I sintomi

I sintomi sono estremamente variabili. Alcuni pazienti non accusano alcun disturbo, altri percepiscono batticuore rapido e improvviso, polso irregolare o anomalo, senso di tuffo al cuore, capogiro, altri ancora sentono di fare fatica a respirare (dispnea), si sentono stanchi, deboli o accusano dolore toracico.

La diagnosi e le strategie terapeutiche

Nel caso di aritmia asintomatica o con sintomi atipici, la diagnosi di fibrillazione atriale risulta difficile. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, il riconoscimento dell’aritmia è più facile. Per l’inquadramento clinico e la successiva terapia è fondamentale eseguire un elettrocardiogramma (ECG), che ci fornisce informazioni sull’attività elettrica del cuore. Entro 48 ore dall’insorgenza dell’aritmia è possibile ripristinare senza indugi il ritmo sinusale, perché la probabilità che si siano formati trombi atriali è bassissima, specie se il paziente non ha una nota cardiopatia. È quindi raccomandabile rivolgersi al più presto al Pronto Soccorso, almeno nei casi in cui l’inizio dell’aritmia è reso riconoscibile dai sintomi.

Qualora non si possa essere certi del momento di insorgenza dell’aritmia, o qualora l’aritmia sia presente da più di 48 ore, è necessario instaurare un’adeguata terapia anticoagulante per 4-5 settimane prima di tentare di ripristinare il ritmo regolare (sinusale) con farmaci antiaritmici, oppure ricorrendo alla terapia elettrica (cardioversione elettrica esterna). Nei casi di recentissima insorgenza, secondo quanto già detto, per evitare il periodo di anticoagulazione pre-cardioversione, si ricorre anche all’esecuzione di un ecocardiogramma trans-esofageo, che permette di visualizzare gli eventuali trombi a livello delle camere cardiache (non altrimenti visualizzabili). Se l’esame risulta nella norma, si può procedere direttamente alla cardioversione. In questo modo si riduce la durata complessiva della fibrillazione atriale, aumentando la percentuale di successo della procedura. L’aritmia, infatti, tende ad auto-mantenersi: più a lungo dura, più difficile risulta interromperla.

Se il ripristino del ritmo sinusale non riesce, o se non viene ritenuto indicato, si potranno attuare diverse strategie:

  • Cardioversione elettrica esterna (erogazione di un impulso elettrico sul cuore) durante l’anestesia o tramite somministrazione di farmaci, per ripristinare la regolarità del battito cardiaco.
  • Ablazione trans-catetere: attraverso sonde dedicate si raggiungono le cavità atriali del cuore e con diverse tecniche (radiofrequenza, crioablazione) si “eliminano” le cellule che creano il problema.
  • Chiusura dell’auricola sinistra del cuore, che non guarisce dalla fibrillazione, ma abbatte la possibilità che ne derivi un ictus cerebrale. Il 20% degli ictus, come sappiamo, è legato alla fibrillazione atriale e la grande maggioranza dei trombi originano nell’auricola sinistra, una piccola appendice collegata all’atrio sinistro del cuore. Con questo intervento, l’auricola viene isolata con una mini protesi (device) che funziona da “tappo”, chiudendo questo recesso anatomico. Si tratta di una tecnica consolidata e di grande successo terapeutico.
  • Terapia farmacologica con l’obiettivo di “cronicizzare” la fibrillazione atriale, cioè il paziente resterà in fibrillazione atriale, controllando, con i farmaci, la frequenza cardiaca e mantenendo contemporaneamente anche la terapia anticoagulante orale.
  • In altri casi può essere necessario l’impianto di un pace-maker.

Conclusioni

Le informazioni contenute in questa breve presentazione sulla fibrillazione atriale devono farci riflettere sulla necessità di mantenere un corretto stile di vita, in particolare evitando gli eccessi. È fondamentale instaurare un rapporto diretto con il proprio Medico Curante e lo Specialista Cardiologo, al fine di stabilire la giusta diagnosi ed il percorso terapeutico adeguato che, al di là delle linee guida scientifiche, va personalizzato ad ogni singolo paziente. In caso di sintomi e malessere, va subito attuato il controllo medico perché questa aritmia può portare a gravi conseguenze ed inabilità se non diagnosticata e curata correttamente.

Dr. Roberto Mattioli, Responsabile Ambulatori di Cardiologia e Laboratorio di Ecocardiografia, IRCCS MultiMedica

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