Sarà forse la tiroide?
Spesso, nei discorsi da “sala d’attesa”, capita di parlare della tiroide ed attribuirle una responsabilità nelle più svariate situazioni: l’aumento di peso, lo stato d’ansia, le irregolarità mestruali, la facile stancabilità e mille altri problemi che, di fatto, raramente sono attribuibili ad essa.
Ma che cos’è la tiroide? A cosa serve? È davvero sempre colpa sua? Gli ormoni tiroidei fanno dimagrire? Proviamo a rispondere a queste domande.
La tiroide è una piccola ma importantissima ghiandola endocrina situata alla base del collo, che regola il metabolismo di tutto il corpo attraverso la produzione di alcuni ormoni, in particolare la tiroxina (nota come T4). Questo ormone, attraverso la circolazione sanguigna, raggiunge tutti gli organi, dal tessuto muscolare, al cervello, alla cute, agli organi della riproduzione, ecc., penetrando nel nucleo delle cellule per attivare il loro metabolismo.
Nell’ambito delle malattie che possono colpirla è stato rilevato, negli ultimi dieci anni, un notevole incremento di alterazioni per difetto della sua funzione: l’ipotiroidismo.
Tra i sintomi che compaiono in presenza di questo disturbo si registrano:
- Una costante sensazione di freddo, che dipende da una ridotta funzionalità dell’ormone tiroideo; tale carenza rallenta l’attività metabolica di tutte le cellule dell’organismo, provocando un reale abbassamento della temperatura corporea.
- Un aumento di peso, legato in parte ad un incremento del tessuto adiposo ma, soprattutto, all’accumulo di sostanze lipidiche non “bruciate” o smaltite in misura minore del normale; infine, nelle forme più gravi, vi è un accumulo sottocutaneo di mucopolisaccaridi.
- Un’irregolarità dei flussi mestruali, con ritardi nel ciclo. Occorre sottolineare che le pazienti di sesso femminile, peraltro, sono 10 volte più soggette a malattie tiroidee rispetto agli uomini.
Il mito della tiroide che faccia ingrassare o dimagrire merita di essere sfatato: l’ipertiroidismo (accelerando il metabolismo = aumentando il consumo calorico) è vero che, spesso, è accompagnato da calo ponderale, ma si tratta di una malattia! Inoltre, la perdita di peso è legata anche alla perdita di proteine dalle masse muscolari e dagli organi vitali! Come detto precedentemente, è altresì vero che all’ipotiroidismo si accompagna invece un incremento ponderale ma, ancora una volta, si tratta della conseguenza di un ridotto consumo calorico da rallentamento dell’attività metabolica delle cellule, ben paragonabile alle conseguenze della sedentarietà, laddove si consuma meno di quanta energia si introduce con l’alimentazione.
Se l’ipotiroidismo può interessare indistintamente tutte le fasce d’età della popolazione, esistono alcune categorie di persone che ne sono soggette più di frequente:
- Le donne nel periodo post-partum.
Spesso, nel primo anno dopo il parto, per un qualche errore del sistema immunitario vengono prodotti anticorpi che, anziché proteggere l’organismo da virus e batteri, compito tipico dell’anticorpo, vengono diretti contro un organo. Questa patologia può arrivare a interessare fino al 30% delle neo-mamme anche se, nella maggior parte dei casi, il danno d’organo non avviene e la tiroidite autoimmune guarisce senza lasciare residuati di alterata funzione. In alcune pazienti, però, si assiste ad una progressiva riduzione della funzione ghiandolare e alla graduale comparsa dei sintomi tipici dell’ipotiroidismo tra cui appunto il freddo, astenia, aumento ponderale, rallentamento, facile stancabilità. - Gli anziani.
Si stima che fino al 10% delle persone sopra i 70 anni, e non è una percentuale bassa, sia interessato da una forma di ipotiroidismo subclinico (forma che come tale, non necessariamente debba essere trattata). Più passano gli anni, più è frequente la comparsa di questa alterazione alla tiroide, peraltro facilmente riconoscibile attraverso un semplice esame del sangue: la determinazione dei livelli del TSH. Nei casi meno lievi, laddove vi sia davvero indicazione a terapia, questa è piuttosto semplice: si tratta di pastiglie o soluzioni liquide da assumere per via orale, del tutto prive di possibili effetti collaterali, in quanto si limitano a sostituire una quota ormonale carente, con una sostanza del tutto identica a quella che l’organismo non riesce a produrre a sufficienza. La titolazione della posologia, basata inizialmente sulla massa corporea e sui livelli ormonali, sarà in seguito perfezionata monitorando proprio il TSH, di cui sopra. La prognosi è eccellente e, una volta raggiunta la piena sostituzione, la qualità della vita torna ad essere assolutamente identica a quella di pre-malattia.
Dr. Giuseppe Oppizzi, Specialista in Endocrinologia e Diabetologia, IRCCS MultiMedica