Radioterapia: conoscerla per non avere paura
La diagnosi di una malattia oncologica è spesso accompagnata da un comprensibile timore, frutto delle incertezze sulle possibilità di guarigione e sulla scelta delle differenti opzioni di cura. Le terapie sono spesso poco conosciute, nonostante un diffuso ricorso al web o ad altre fonti di divulgazione medico-scientifica. Se però per chirurgia e chemioterapia, anche i non addetti ai lavori riescono con relativa immediatezza a inquadrare caratteristiche e potenzialità, non così accade per altre terapie la cui proposta è spesso vissuta con particolare apprensione. È questo il caso della Radioterapia, una modalità di cura tra le più consolidate, ma che ancora oggi soffre di una ridotta conoscenza a dispetto della sua efficacia e sicurezza.
Ne parliamo con il Dr. Gianpiero Catalano, Responsabile della Radioterapia del Gruppo MultiMedica, presso l’IRCCS di Sesto San Giovanni e l’ospedale di Castellanza.
Dr. Catalano, cos’è la Radioterapia e quali sono i principali impieghi in Oncologia?
La Radioterapia è tra le armi più antiche per la cura delle neoplasie. Le prime esperienze del suo utilizzo risalgono alla fine del XIX secolo, dopo che nel 1895 un fisico tedesco, Wilhelm Röntgen, aveva scoperto la natura dei raggi X. La Radioterapia non deve però essere considerata una cura obsoleta poiché grazie alle maggiori conoscenze della biologia dei tumori e ai progressi tecnologici, le applicazioni di questa branca dell’Oncologia si sono ampliate a tal punto che oggi la maggioranza dei pazienti riceve nel corso del proprio percorso di cura un trattamento radioterapico. L’efficacia della cura si spiega con la capacità di alcuni tipi di radiazioni nell’indurre alterazioni nelle cellule tumorali che le conducono a morte o a progressiva eliminazione, con scomparsa del tumore e dei suoi sintomi.
Per questo motivo la Radioterapia è prevalentemente impiegata quando la malattia è in uno stadio iniziale. In altre situazioni è integrata alla chirurgia per ridurre il rischio di una recidiva o associata alle terapie farmacologiche (chemioterapia, ormonoterapia, immunoterapia) allo scopo di potenziarsi reciprocamente. Se tradizionalmente il potenziale curativo della radioterapia era limitato a malattie in stadio iniziale, recentemente la possibilità di disporre di tecnologie a elevata selettività ha ampliato l’impiego delle radiazioni anche in caso di malattia avanzata con risultati molto promettenti. Un aspetto specifico della Radioterapia è proprio la sua connotazione tecnologica; le moderne apparecchiature consentono di focalizzare le radiazioni in modo non invasivo su bersagli millimetrici o molto complessi, con grande risparmio dei tessuti sani; conseguentemente, il rischio di effetti collaterali è contenuto e la possibilità di eseguire trattamenti curativi è un obiettivo concretamente raggiungibile. Esistono anche trattamenti di una singola seduta di trattamento, condotta a dosi estremamente elevate che consentono una “ablazione” completa della lesione tumorale (la cosiddetta Radiochirurgia).
Visto quanto ci ha descritto, come si spiega la scarsa conoscenza della Radioterapia e il timore che spesso ad essa si accompagna?
C’è sicuramente un problema di visibilità. I Reparti di Radioterapia non sono così diffusi, vista la complessità tecnologica richiesta. Gli stessi radio-oncologi (come sono definiti all’estero) sono meno numerosi dei colleghi delle altre specialità e questo può contribuire a una minore conoscenza della disciplina. Tra l’altro, nell’immaginario comune il termine “Oncologo” è riferito prevalentemente all’oncologo medico, benché chi si interessa di Radioterapia sia un oncologo clinico a tutti gli effetti, con percorsi di studio e professionalità analoghe.
Il Chirurgo, come prima figura di interazione e per la capacità di “asportare la malattia”, conserva poi un particolare ascendente sul paziente con il quale stabilisce un rapporto particolarmente stretto. Infine, persiste una certa aura di “mistero” sui meccanismi alla base dell’effetto clinico delle radiazioni; non essendo visibili, la comprensione della loro efficacia è certamente meno immediata che per altri trattamenti dove la percezione è più diretta (la cicatrice come esito dell’intervento o il farmaco nella sua modalità di somministrazione).
Come modificare questa percezione?
Le Istituzioni, l’Università e le Società scientifiche, così come i mezzi di informazione, svolgono un importante ruolo. Questa anomalia, specie in Italia, è spesso frutto di un approccio culturale un po’ anacronistico. Il cancro è una patologia che può essere sconfitta, ma ciò è possibile solo con una strategia basata su scelte condivise, cui è fondamentale che paziente e familiari partecipino in modo attivo e informato. Mi preme però riconoscere che in questo senso molti risultati sono stati ottenuti e negli ultimi anni vi è molta più attenzione a stimolare la multidisciplinarietà.
Ha accennato alla complessità delle procedure di cui si compone la radioterapia. Vuole riassumerci quali sono le figure coinvolte e quali i rispettivi ruoli?
Il medico Radioterapista oncologo è colui cui è deputata la gestione complessiva del trattamento, dalla indicazione alla definizione delle dosi di radiazioni necessarie e dei volumi da trattare, alla gestione degli effetti collaterali e alla valutazione dei risultati; è probabilmente la figura centrale intorno alla quale si coordinano le altre figure. Il Fisico sanitario condivide la pianificazione dei trattamenti e gestisce le procedure di controllo delle apparecchiature (che sono macchinari di elevata complessità!); al Tecnico Sanitario di Radioterapia compete l’esecuzione dei trattamenti e, insieme al personale infermieristico, contribuisce al delicato compito di assistere quotidianamente il paziente, fisicamente e spesso psicologicamente. Tutte le figure cooperano in un’ottica di ampia collaborazione, in un percorso che ruota intorno alla figura, centrale, del paziente.
Concludo sottolineando che pur con i limiti comuni alle altre discipline oncologiche, la Radioterapia rappresenta oggi un’opzione di enorme potenzialità per una malattia diventata, grazie alla conoscenza scientifica, alla prevenzione, alla diagnosi precoce e alla tecnologica, sempre più curabile. È fondamentale che il paziente si avvicini a questa e alle altre cure con fiducia, ottimismo, e partecipazione, consapevole che la guarigione è un traguardo raggiungibile, talvolta con difficoltà, ma sempre frutto di una strategia di squadra.