Invecchiare… man mano
Quante cose possiamo fare con le nostre mani…
Ad esempio, possiamo usarle per comunicare tramite il linguaggio dei segni.
Possiamo accarezzare i nostri cari, giocare con i nostri figli, ma anche spingere, rompere, difenderci da molti pericoli…
Possiamo usarle per dare sfogo alla creatività che si nasconde in noi.
E per tutta la nostra vita, le nostre mani insegnano al nostro cervello come tradurre i suoi pensieri nelle più svariate attività, lasciandogli credere di essere lui a ‘comandare’ … un po’ come tra moglie e marito!
E proprio come una moglie ed un marito, le nostre mani e il nostro cervello crescono ed invecchiano insieme.
Ma quanto sarebbe utile poter chiedere alle nostre mani come sta invecchiando il nostro cervello?
Ebbene, secondo un recente studio condotto da alcuni ricercatori americani e pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease, questo sarebbe in qualche modo possibile. Tali scienziati, affiliati alle Università del Nord Dakota, del Michigan e dell’Ohio, nonché all’Istituto di Ricerca Sanders, hanno osservato infatti una correlazione tra l’intensità della forza sviluppata nello stringere le mani e la funzionalità cognitiva dei soggetti esaminati.
Già da prima di questo interessante studio, la misura della forza sviluppata dalle mani viene usata per stimare lo stato generale della muscolatura scheletrica.
Inoltre, la forza delle mani è un noto ed efficace marcatore dell’invecchiamento.
Ma come mai invecchiando perdiamo forza nella nostra stretta di mano?
In parte questo succede perché i muscoli delle nostre mani, come purtroppo anche il resto dei muscoli del nostro corpo, perdono efficienza a causa dell’accumulo di grasso e tessuto fibroso laddove in gioventù risiedevano fibre muscolari, ma non è tutto qui: infatti parte della forza viene persa come conseguenza del lento deterioramento del sistema nervoso volontario, che è il responsabile della contrazione di tutti i muscoli volontari, tra cui le nostre care mani.
È questo infatti l’anello di congiunzione tra forza muscolare e sistema nervoso che ha spinto i ricercatori a domandarsi se non fosse possibile misurare la funzionalità cognitiva attraverso la forza delle mani.
Lo studio in questione è stato condotto su un vasto gruppo di pensionati americani, con un’età minima di 50 anni, che sono stati seguiti periodicamente per 8 anni. A intervalli di tempo regolari, i pensionati venivano sottoposti a due semplici esami per valutarne le capacità cognitive e la forza delle mani: mentre la forza delle loro strette veniva misurata con un dinamometro, la loro funzionalità cognitiva veniva valutata tramite un esame standard (Mini Mental State Examination), il quale restituiva un punteggio che poteva descrivere una condizione di funzionalità buona, ridotta o compromessa.
In particolare, i risultati hanno evidenziato come ad ogni 5 Kg di forza persa corrispondesse un aumento del 10% della probabilità di avere una funzionalità cognitiva ridotta e del 18% di avere una funzionalità compromessa.
Basterà dunque una stretta di mano per valutare le funzionalità cognitive dei nostri interlocutori?
Potremo testare questa ipotesi solo quando l’emergenza Covid-19 rientrerà, nel frattempo non ci resta che portare a casa il messaggio che, come sempre, un corpo sano ed esercizio fisico sono dei requisiti fondamentali per il mantenimento di una mente sana.
Dr. Andrea Rampin, Ricercatore Laboratorio di Ricerca Cardiovascolare Gruppo MultiMedica, collaboratore al Progetto Cariplo “Il midollo osseo come organo chiave nella fragilità dell’anziano”