Rottura del ginocchio: chirurgia o riabilitazione?
La prima cosa da fare in caso di trauma al ginocchio è individuare con esattezza quali strutture sono state danneggiate.
Oggi l’indagine strumentale più efficacie è la Risonanza Magnetica Nucleare che può evidenziare quanto e come siano rimaste lesionate le varie componenti articolari, non solamente i legamenti ma anche i menischi, la cartilagine e le ossa. In questo modo si distingueranno le parti del ginocchio che posso guarire autonomamente da quelle che rendono necessario un intervento.
Il potere del corpo di auto-curarsi
Il corpo è in grado di riparare da solo alcune lesioni minori ai legamenti: quelle cosiddette periferiche che interessano cioè le strutture di rinforzo nel manicotto capsulare che unisce femore e tibia.
La situazione è molto differente in caso di alterazioni dei legamenti crociati, anteriore o posteriore, anche a causa della loro importanza strutturale: possono essere assimilati a dei tiranti che vincolano centralmente femore e tibia.
Risultano efficaci solo se perfettamente inseriti e in tensione, limitando così la corsa della tibia rispetto al femore. La loro compromissione genera un’instabilità del ginocchio che pregiudica il controllo non solo durante le attività sportive più impegnative ma anche nei movimenti quotidiani.
Come e quando intervenire?
I legamenti crociati danneggiati non guariscono spontaneamente e non sono riparabili efficacemente con una semplice sutura. È indispensabile una ricostruzione plastica che consiste, in pratica, nella loro sostituzione.
Come? Ricorrendo a tendini dello stesso paziente che vengono “sacrificati” per sostituire il legamento compromesso. Fortunatamente un individuo giovane e sano dispone di diverse strutture articolari utili per questo scopo, come alcuni tendini flessori della coscia, parti del tendine rotuleo o del tendine quadricipitale.
Soluzioni alternative sono i cosiddetti legamenti artificiali o le strutture ricavate dalla banca dei tessuti (donatori). Il pro, in questi casi, è quello di non dover ”sacrificare” i tendini del paziente; il contro, nell’utilizzo di legamenti artificiali è che nel tempo possono creare reazioni avverse da corpo estraneo così come potrebbe succedere che i legamenti ricavati da un donatore non attecchiscano, in ragione di una capacità biologia ridotta a seguito dei trattamenti indispensabili per la loro selezione, preparazione e conservazione.
Gioie e dolori post operatorie
La chirurgia di ricostruzione delle lesioni legamentose del ginocchio, negli anni, si è sempre più affinata grazie allo sviluppo delle tecniche artroscopiche che consentono di assistere il chirurgo nella sua opera di sostituzione dei legamenti crociati che maggiormente compromettono
la stabilità del ginocchio.
In particolare il crociato anteriore, che risulta più frequentemente danneggiato da traumi sportivi, oggi, con lo sviluppo di queste tecniche mininvasive, è più facilmente riparabile, con risultati finali globalmente soddisfacenti.
Il trattamento di ricostruzione dei legamenti ha come obiettivo quello di recuperare la stabilità articolare, quando non siano presenti altri traumi o alterazioni all’articolazione del ginocchio.
È necessario, quindi, anche sapere che esiste un “rovescio della medaglia”:
- l’impossibilità di ripristinare una normale anatomia;
- Il sacrificio di alcune strutture articolari per sostituire i legamenti danneggiati;
- un lungo percorso riabilitativo da protrarsi per i tempi biologici necessari per la legamentizzazione (il processo di rimodellamento del legamento trapiantato) e per ristabilire l’efficienza muscolare e le capacità coordinative venute meno nel periodo di ridotto uso dell’arto operato.
Da considerare anche la progressione di alterazioni degenerative ricollegabili all’intervento.
Il premio è rappresentato dalla possibilità di mantenere le capacità funzionali di grado elevato, indispensabili per affrontare in sicurezza attività sportive che comportano sollecitazioni torsionali non altrimenti controllabili.
La riabilitazione
Uno specifico programma riabilitativo potrà essere considerato come alternativo per tutti i pazienti che, per scelta o necessità, non riterranno conveniente intraprendere l’impegnativa soluzione chirurgica. Il trattamento conservativo non deve essere considerato comunque un ripiego perché, a conti fatti, può risultare il più conveniente per chi, consapevole dei propri limiti, non voglia cimentarsi in attività che richiedono un apparato legamentoso al meglio.
Inoltre, siccome la ricostruzione del legamento non è generalmente eseguita quando il problema si manifesta in fase acuta, una riabilitazione ben condotta può rappresentare il migliore approccio per comprendere la necessità e la convenienza di ricorrere a una soluzione chirurgica, che deve essere mirata a correggere non tanto un difetto anatomico, ma le alterazioni funzionali che ne possono derivare, in rapporto a realistiche aspettative di uso proprie dell’età, integrità fisica e stile di vita della persona.