Sindrome da conflitto sottoacromiale: complicazioni e rimedi
L’articolazione della spalla è una delle più mobili e prestazionali del corpo umano.
Le caratteristiche di un ridotto contatto osseo tra i capi articolari (osteocartilaginei) tra la testa dell’omero e la scapola consente alla spalla escursioni di mobilità in tutti i piani dello spazio.
In tutto ciò è costantemente assistita da un fine complesso capsulolegamentoso e tendineo (cuffia dei rotatori) che avvolge l’articolazione della spalla consentendone stabilità e forza.
La cuffia dei rotatori è composta da 4 tendini (sovraspinato, sottoscapolare, infraspinato e piccolo rotondo) che avvolgono l’articolazione e sono responsabili di buona parte dei movimenti di rotazione ed elevazione del braccio.
La spalla dolorosa affetta da sindrome da conflitto sottoacromiale è il risultato di una progressiva riduzione dello spazio fisiologico libero tra i tendini della cuffia dei rotatori ed il margine osseo sovrastante della scapola, denominato acromion.
In presenza di una buona armonia articolare i tendini della cuffia dei rotatori possono contrarre, scorrere e movimentare la spalla sostenuti e coadiuvati dalla nutrizione e lubrificazione sierosa prodotta dalla borsa interposta tra il profilo tendineo e l’osso acromiale.
Per tale motivo, i tendini rimangono distanziati sotto l’acromion e favoriti in tutto ciò da un buon bilanciamento muscolare dell’intero cingolo scapolare.
Nel tempo il bordo acromiale e l’articolazione adiacente tra clavicola e acromion denominata acromion-claveare possono subire alterazioni strutturali per un aumento volumetrico dell’osso dovute al fisiologico invecchiamento, all’usura per attività lavorative o sportive sostenute a braccio prevalentemente in sospensione o postume ad eventi traumatici.
Le alterazioni strutturali dell’acromion possono produrre irregolarità ossee denominate osteofiti che invadono il piano di scorrimento sottostante producendo un progressivo e patologico sfregamento dei tendini.
Con la cronicizzazione del processo le infiammazioni ricorrenti della borsa di lubrificazione e dei tendini della cuffia dei rotatori possono produrre assottigliamento dei tendini stessi e lesioni di grado diverso fino ad avere nel tempo rotture anche complete di uno dei tendini della cuffia.
Sintomatologia:
Il dolore si manifesta spesso in maniera subdola e progressiva, più raramente a seguito di un evento traumatico.
Spesso il trauma slatentizza un terreno anatomico predisponente nella spalla dove si stava già verificando una riduzione dello spazio sottoacromiale per una pregressa ipetrofia dell’osso.
Il dolore inizialmente intermittente tende a stabilizzarsi con il passare delle settimane e dei mesi.
Si evidenzia maggiormente nei movimenti in elevazione e sospensione protratta del braccio da cui alcune categorie lavorative risultano più esposte (operatori edili, imbianchini, parrucchieri).
Nelle fasi più avanzate il dolore è anche notturno diventando spesso il sintomo prioritario della patologia.
Il dolore gradualmente si accompagna ad una riduzione della forza durante le attività quotidiane come vestirsi, allacciare il reggiseno, lavarsi, pettinarsi ecc…
Occasionalmente la spalla può creare dei sistemi di difesa del dolore diventando progressivamente limitata nella mobilità e creando delle rigidità articolari a loro volta causa di un’ulteriore patologia.
Diagnosi:
L’esame obbiettivo e la valutazione specialistica ortopedica si dimostrano le armi principali per riconoscere precocemente la patologia ed avviare la diagnostica radiologica di conferma.
La lastra normale della spalla in 2 proiezioni standard rappresenta la prima fase di valutazione, successivamente il riscontro può essere confermato dalla ecografia ed ancora più precisamente dalla RMN (Risonanza Magnetica Nucleare).
Trattamento:
Il trattamento dipende dalla gravità oggettivamente documentata dalla visita medica e dalla diagnostica radiologica.
Le fasi più semplici, dove vi è solo lo stato infiammatorio ed il conflitto è modesto, sono trattate con farmaci FANS (antiinfiammatori), terapie elettromedicali fisiatriche (Tecarterapia, Laserterapia, Ionoforesi) per migliorare lo stato locale.
Successivamente si avvia un protocollo di ginnastica assistita propedeutico al progressivo ripristino dello spazio sottoacromiale perduto con buon bilanciamento muscolare dell’articolazione.
Fasi più evolute della patologia richiedono un trattamento infiltrativo con composti corticosteriodei e, più raramente, con l’acido ialuronico a cui fa seguito un trattamento fisioterapico di cui sopra.
Se la patologia evolve e dove si dimostra una compromissione tendinea della cuffia dei rotatori, con un’inevitabile evoluzione verso una rottura per effetto della compressione ossea, vi è l’indicazione al trattamento chirurgico con la metodica artroscopica di decompressione ossea (acromionplastica).
L’intervento di acromionplastica può essere effettuato con tecnica artroscopica ottenendo un ripristino dello spazio di scorrimento delle strutture tendinee attraverso una resezione ossea parziale anteroinferiore dell’acromion ed eventualmente degli osteofiti dell’articolazione acromion-claveare (mini-Mumford).
La metodica artroscopica consente di valutare completamente la qualità e il trofismo delle strutture tendinee di cuffia al fine di apportare gesti correttivi e migliorativi nel corso della medesima artroscopia. Ciò comporta tempi di intervento e recupero funzionale differenti da quelli preventivati della sola acromionplastica.
L’anestesia è generalmente di tipo generale associata ad una anestesia locoregionale dell’arto superiore; entrambe vanno concordate e valutate insieme all’anestesista.
La degenza ospedaliera è generalmente di 1 notte a cui consegue per 10-15 giorni, a seconda della qualità tissutale trattata, un decorso con tutore costituito da un cuscino in abduzione a 10° del braccio per favorire i processi di riposo e cicatrizzazione.
Il tutore deve essere indossato giorno e notte e può essere rimosso ad intermittenza 1- 2 ore nella giornata per mobilizzare polso, mano e gomito.
Al termine del periodo prescritto inizia un programma di fisioterapia in struttura dedicata e specifica per la mobilizzazione passiva ed attiva.
Generalmente il percorso fisioterapico ha una durata media di 1 mese con cadenza di 2-3 sedute a settimana.
Le attività quotidiane, lavorative e la guida dell’automobile possono riprendere gradualmente per gesti semplici e privi di sforzi a 15 giorni dall’intervento ed essere incrementate con il passare delle settimane.
Il ripristino senza limitazioni di attività fisiche lavorative impegnative e sportive avviene in media al 3° mese compiuto anche in presenza di recuperi funzionali eccellenti, al fine di garantire una guarigione biologica completa.
Dr. Andrea Berardi, Primario, U.O. di Ortopedia e Traumatologia, IRCCS MultiMedica.