Tumore al seno: i geni della prevenzione personalizzata
Il Dr. Marco Greco, direttore del Dipartimento Interpresidio di Senologia Chirurgica del Gruppo MultiMedica, parlando di prevenzione del tumore al seno, sottolinea l’importanza di una diagnostica non solo precoce ma anche personalizzata, costruita su misura per ogni singola paziente. In questa direzione un importante contributo arriva dalla recenti scoperte in ambito genetico.
Test genetici per le donne ad alto rischio
Il test genetico, che consiste in un esame del sangue, può essere discriminante in molti casi, dimostrando una mutazione genica. Mutazione genetica da cui dipendono il 6-8% dei tumori al seno, i cosiddetti tumori “ereditari” che sono legati a un’alterazione di uno o più geni di un cromosoma. E’ chiaro che esistono differenti probabilità di essere positivi al test a seconda del tipo di tumore. Nel caso di una donna molto giovane con un tumore al seno e una fitta storia familiare, la probabilità di essere positiva al test genetico è molto alta, mentre per una donna anziana senza storia familiare, pur in presenza di un tumore mammario, la probabilità di essere positiva al test è pressoché nulla. Siamo quindi in possesso di un potentissimo mezzo di prevenzione, il test genetico, che, eseguito su persone opportunamente selezionate, ci consente d’individuare una famiglia in cui l’alterazione genetica è presente e può essere trasmessa. Questa famiglia verrà invitata a seguire appositi protocolli di sorveglianza, diversi ovviamente da quelli adottati per la popolazione generale a basso rischio, e che prevedono esecuzione di esami generalmente non previsti negli screening, come la risonanza magnetica nucleare, ed eseguiti a partire da età assai più giovane. Inoltre, per queste donne considerate ad alto rischio, sono in corso studi miranti a modificare lo stile di vita per prevenire l’incidenza del tumore e studi di farmaco-prevenzione, delicati e ancora difficili, con lo scopo di ridurre l’insorgenza della malattia senza compromettere la qualità della vita. In alcuni casi, poi, vengono prese in considerazione anche misure più drastiche, come la mastectomia profilattica (asportazione delle mammelle sane a scopo preventivo e ricostruzione protesica) o l’ovaro-salpingectomia (asportazione di utero, ovaie e salpingi) profilattica in età perimenopausale. Oggi tutti i principali centri oncologici sono dotati di servizi o strutture di genetica medica dove vengono avviate le donne con rischio familiare e sottoposte a consultazione genetica per valutare il rischio reale e proporre opportune misure correttive. Sempre più frequentemente vengono istituiti appositi ambulatori clinici oncologici dedicati e specifici per “accompagnare” le donne con rischio familiare o genetico nel loro percorso clinico ed eventualmente terapeutico, che riguarda non solo lo stile di vita ma anche l’aspetto psicologico e la consapevolezza di prendere decisioni terapeutiche importanti come la mastectomia profilattica, decisione che, in ogni caso va valutata con competenza e responsabilità.
La consapevolezza è femmina!
Più in generale, lo screening del tumore al seno ha portato a un riduzione della mortalità superiore al 30%. Ma questo non è l’unico risultato ottenuto. Lentamente, a fianco dello screening, è cresciuta una sempre maggiore consapevolezza e coscienza delle donne: si assiste sempre più spesso alla richiesta di eseguire regolare controllo mammografico anche dopo i settanta anni d’età, oppure, le donne tra i quaranta e i cinquanta, considerate ancora troppo giovani dai programmi ufficiali, chiedono di sottoporsi a regolari controlli, frequentemente richiedendo di associare la mammografia con l’ecografia, quest’ultima in genere non prevista nelle campagne di screening. Tutto ciò è ammirevole e costituisce la prova di una conquistata maturità nell’educazione sanitaria della popolazione femminile. Ma le politiche di prevenzione, o diagnosi precoce, così come la consapevolezza del pubblico femminile, puntano a risultati ancora più importanti. Da un lato si stanno individuando situazioni cosiddette di “rischio basale”, come per esempio la sindrome metabolica o particolari condizioni ormonali che, se ben definite e valutate, possono essere evitate e combattute con mezzi idonei, come la dieta e le abitudini di vita, portando di conseguenza a una vera e propria prevenzione del carcinoma mammario. D’altro canto, si è osservato che il carcinoma della mammella non è sempre la stessa malattia.
Tre origini diverse
Il carcinoma al seno è per definizione una malattia multifattoriale, nel senso che alla sua insorgenza concorrono diversi fattori in combinazione tra loro, ma non identici in tutti i casi. Questo significa che esistono forme diverse di carcinoma della con origini diverse da caso a caso. Ne esistono tre grandi categorie. La prima è costituita dalle forme cosiddette spontanee o comuni e comprende circa l’80% di tutti i carcinomi della mammella. Una seconda categoria (circa il 6-8%) è costituita dai tumori “ereditari” che sono legati a un’alterazione di uno o più geni di un cromosoma, alterazioni oggi note, riconoscibili e identificabili mediante un esame del sangue, per la verità ancora un po’ complicato (test genetico). Infine esiste una terza categoria (12-14%) di tumori cosiddetti familiari, per i quali è evidente una maggiore incidenza in alcune famiglie rispetto alla popolazione generale, senza però che si possa dimostrare una vera alterazione genetica, che forse c’è ma noi ancora non conosciamo. Queste tre tipologie di tumore presentano differenze sia biologiche sia cliniche. Il tumore comune o spontaneo si presenta in genere in età adulta o anziana in donne che non hanno avuto, o hanno avuto solo raramente, casi simili nella loro famiglia. Il tumore ereditario è tipico di un’età molto più giovane, potendo comparire anche a meno di trent’anni, e si manifesta in donne che hanno una fitta storia familiare di tumore mammario o delle ovaie in parenti di primo grado, compresi i maschi (carcinoma mammario maschile). Il tumore di tipo familiare è una sorta di via di mezzo tra i primi due.