Polipectomia endoscopica sicura e indolore
L’indagine endoscopica costituisce, in ambito gastroenterologico, una delle principali metodiche diagnostico-terapeutiche e, tra queste, la colonscopia è una tra le più importanti ed utilizzate metodiche di prevenzione neoplastica tra la popolazione generale. Rispetto ad altre indagini di screening, tipo la mammografia, la colonscopia possiede l’indubbio vantaggio di permettere contestualmente, o in tempi molto brevi, di asportare i precursori del carcinoma del colon, ovvero i polipi. In tal senso, la polipectomia costituisce proprio il momento cruciale della prevenzione, permettendo di eliminare alla radice il potenziale rischio neoplastico.
Ma cosa si intende per polipectomia? Quali sono i rischi connessi a tale atto interventistico? È un intervento doloroso per il paziente? Prevede una lunga convalescenza?
Per polipectomia si intende l’asportazione del polipo insieme ad una quota di tessuto sano circostante che garantisce, nella quasi totalità dei casi, l’eliminazione radicale del problema ed è gravata da bassissime percentuali di recidiva. Oggi siamo in grado, con fini metodiche che costituiscono vera e propria chirurgia endoscopica, di asportare piecemeal (in grossi frammenti) o addirittura en-bloc (in unico pezzo) lesioni polipoidi e non polipoidi (le cosiddette lesioni a crescita diffusa o “laterally spreading tumors”) di dimensioni anche superiori ai 10 cm e che coinvolgano il viscere a 360 gradi, evitando in tal modo un intervento chirurgico maggiore su lesione ancora benigna che, in passato, costituiva l’unica possibilità terapeutica.
Lo strumentario endoscopico si è evoluto enormemente nel corso degli ultimi 15 anni e la tecnica si è affinata per ridurre al minimo il rischio di complicanze. Ogni colonscopio possiede un canale operativo attraverso cui è possibile introdurre gli strumenti necessari all’intervento. Il primo momento di qualsiasi asportazione di polipo di dimensioni superiori al cm è l’infiltrazione della base, sessile o peduncolata che sia, con un liquido atto a creare un cuscinetto che solleva il polipo, dando la possibilità di resecare riducendo drasticamente il rischio di lesioni della parete del viscere. La sezione può avvenire mediante un’ansa, cioè un cappio metallico attraverso cui passa la corrente di taglio e di coagulazione, che avvolge e chiude al suo interno il polipo consentendone la rimozione. I limiti di tale tecnica sono principalmente dimensionali, permettendo di asportare en-bloc polipi fino a 30-35 mm o polipi maggiori ma con tecnica piecemeal (in frammenti).
Una metodica avanzata e di relativamente recente introduzione è la dissezione sottomucosa (ESD), che invece si avvale di un microelettrobisturi che consente di scollare ampie aree di mucosa e sottomucosa sfruttando il cuscinetto liquido di cui sopra. Questa tecnica non ha, sulla carta, limiti dimensionali della lesione da asportare e consente di considerare curativa l’asportazione anche dei carcinomi intramucosi che non superino determinati criteri di invasione sottomucosa.
Chiaramente più aumenta la dimensione della lesione o la complessità della tecnica utilizzata (in ordine crescente di complessità: polipectomia, mucosectomia, dissezione sottomucosa endoscopica), maggiore sarà il rischio di complicanze, in primis la temuta perforazione. In mani esperte, tale percentuale varia da valori inferiori al 1% per le polipectomie semplici fino al 6-7% per le dissezioni sottomucose di ampie lesioni. L’attuale tecnologia consente di gestire endoscopicamente una buona parte delle complicanze perforative, mediante l’applicazione di clips o punti di sutura endoscopici, evitando ancora una volta la chirurgia maggiore e rendendo la polipectomia sicura.
La polipectomia di per sé non costituisce un atto doloroso in quanto il paziente non avverte né l’infiltrazione e lo scollamento della lesione né il taglio della stessa, sicuramente i tempi più lunghi rispetto ad una normale colonscopia diagnostica potrebbero creare un discomfort legato all’insufflazione di aria, motivo per cui si è soliti eseguire la procedura in sedazione. Una blanda sedo-analgesia, praticata dallo stesso endoscopista, permette di eseguire la gran parte delle polipectomie routinarie senza alcun problema per il paziente; per quanto riguarda quelle lesioni che, per sede, dimensioni o tecnica che si vuole utilizzare, necessiterebbero di tempi molto prolungati, ci si avvale della sedazione profonda gestita dall’anestesista, che consente al paziente di dormire in respiro spontaneo senza avvertire alcun fastidio, e allo stesso tempo consente al medico endoscopista di concentrarsi esclusivamente sull’atto operatorio, riducendo ulteriormente i rischi di lesione iatrogena.
Sebbene la polipectomia, soprattutto quella avanzata, sia considerata un atto di chirurgia endoscopica a tutti gli effetti, la convalescenza del paziente non può essere paragonata a quella che segue un intervento di chirurgia maggiore. Infatti, la maggior parte delle asportazioni di polipi vengono eseguiti ambulatorialmente o in regime di day hospital, solo nei casi più delicati è prevista una notte di osservazione. Il paziente potrà tornare alla propria vita praticamente da subito, le uniche indicazioni riguardano l’alimentazione da osservare per alcuni giorni successivi alla procedura ed una particolare cautela nell’assunzione di alcune classi di farmaci che possono alterare la capacità coagulativa.
Senza minimizzare l’importanza di un atto medico interventistico quale è la polipectomia, con tutte le possibili complicanze connesse intrinsecamente alla procedura, essa può oggi essere considerata sicura ed indolore, oltre che un momento importantissimo nell’ambito della prevenzione oncologica, grazie alla quale si è potuto ridurre enormemente il numero di interventi chirurgici per patologia benigna.
Dr. Mario Bianchetti, Direttore dell’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Gruppo MultiMedica