Ipotiroidismo: come gestirlo, specie in gravidanza
In Italia le disfunzioni tiroidee sono estremamente diffuse, tanto da essere considerate endemiche. In particolare l’ipotiroidismo è una condizione che affligge quasi il 5% della popolazione italiana colpendo le donne 10 volte più degli uomini; l’ipertiroidismo, invece, coinvolge l’1-2% della popolazione. Circa 6 milioni di Italiani inoltre sono affetti dal gozzo ovvero da un aumento di volume della ghiandola tiroidea, generalizzato o più frequentemente dovuto alla presenza di uno o più noduli (gozzo uni o multi nodulare).
Queste patologie sono favorite anche dalla carenza di iodio, elemento essenziale per la salute dell’organismo ma che scarseggia nella maggior parte del suolo italiano così come in molte altre zone del mondo. La carenza di iodio, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della Sanità è uno dei più gravi problemi di salute pubblica.
Lo iodio viene assimilato con l’alimentazione, in particolar modo dal cibo di origine marina (frutti di mare, aragosta, granchio, alghe), frutta secca, alcuni vegetali ecc..
Con la sola alimentazione difficilmente però si raggiunge il fabbisogno giornaliero di iodio che in media, per i soggetti adulti, è di 150 microgrammi mentre per alcune fasce di età, come ad esempio nella popolazione pediatrica e nelle donne in gravidanza e allattamento, il fabbisogno sale a 250 microgrammi.
Durante la gravidanza, raggiungere il fabbisogno di iodio è più difficile perché se da una parte aumentano le necessità dall’altra parte la sua eliminazione urinaria è maggiore sotto l’azione degli ormoni femminili della gravidanza. Tuttavia è ancora più importante perché in questo periodo la produzione di una quantità di ormoni tiroidei adeguata è indispensabile al normale accrescimento corporeo e allo sviluppo delle funzioni neurologiche. La carenza di iodio potrebbe quindi causare un rallentamento della maturazione del sistema nervoso centrale fino ai casi estremi del cretinismo (estremamente rari che riguardano soprattutto i Paesi in via di sviluppo).
È noto che l’apporto di iodio del bambino dipende totalmente da quello della madre per tutta la gravidanza e l’allattamento ed il feto è anche totalmente dipendente dalla madre per la produzione di ormoni tiroidei fino a circa la metà della gravidanza.
Per favorire un corretto apporto di iodio sono disponibili prodotti alimentari supplementari in particolar modo il sale iodato, che se usato abitualmente in cucina anche se in quantità moderate permette il raggiungimento del fabbisogno giornaliero. Dal 2005 in Italia è stata approvata una legge secondo la quale deve essere diffuso l’uso del sale arricchito di iodio. Purtroppo oggi ancora meno del 54% delle famiglie italiane consuma abitualmente sale iodato, dato assolutamente inaccettabile. In aggiunta solo il 23% dei ristoratori italiani usa abitualmente sale iodato.
Un corretto apporto di iodio, quindi, rappresenta una misura di prevenzione semplice ma necessaria per preservare il corretto funzionamento della tiroide e prevenire la formazione dei noduli tiroidei, in particolar modo in gravidanza quando è importante sia per la salute della madre che del nascituro.