Disfagia in pillole: quando deglutire diventa un problema
La deglutizione è quel meccanismo che consente la propulsione del cibo dal cavo orale allo stomaco permettendo così l’alimentazione. Si tratta di un’abilità complessa e dinamica, caratterizzata da macroevoluzioni (dal neonato, all’adulto) e microevoluzioni che dipendono dalle varie abitudini alimentari (quelle che per esempio differenziano gli asiatici dagli occidentali).
Un atto deglutitorio fisiologico si articola in diverse fasi, ognuna caratterizzata dall’attivazione di circuiti neuronali troncoencefalici che producono pattern di movimento solo in parte controllati dalla volontà. La fase orale è, per esempio, volontaria e attraverso l’attivazione dei muscoli masticatori, linguali e buccali permette la masticazione del cibo e la formazione di un bolo alimentare adatto all’ingestione. La successiva fase faringea, invece, è involontaria ed è caratterizzata da un cambiamento nella configurazione dell’area anatomica compresa tra lo sfintere esofageo inferiore, in basso, e la parte posteriore del cavo orale, in alto. Tale cambiamento di configurazione è mediato dall’attivazione di meccanismi valvolari meccanici (come la chiusura delle corde vocali e dello sfintere velofaringeo) e funzionali (come l’elevazione e l’avanzamento della laringe) che indirizzano il cibo verso l’esofago piuttosto che verso la trachea. La via aerea e alimentare, infatti, nel loro tratto iniziale non sono separate e per questa ragione l’organismo deve proteggere i polmoni dall’inalazione involontaria delle sostanze ingerite.
Il meccanismo deglutitorio è, quindi, alquanto complesso e non è raro che possa incepparsi. Parliamo in questi casi di disfagia. Quest’ultima è un sintomo il cui esordio, storia naturale e gravità sono condizionati dalla patologia che l’ha determinata e da altri fattori di comorbidità eventualmente presenti.
Esistono numerose condizioni morbose (malattie, esiti di interventi chirurgici, ecc.) che, attraverso quattro possibili meccanismi patogenetici – ostruttivi, motori, respiratori e psicogeni – possono causare una disfagia.
Nelle forme ostruttive il bolo alimentare incontra un ostacolo alla sua progressione. L’ostruzione può trovarsi nel lume degli organi deglutitori, come nel caso di un tumore esofageo, o al loro esterno (per esempio le patologie della colonna vertebrale).
Nelle disfagie di origine motoria il bolo ha difficoltà a progredire per un deficit della muscolatura o del controllo neuronale che partecipa all’atto deglutitorio. Molte patologie neurologiche come la sclerosi laterale amiotrofica, il Parkinson e gli infarti cerebrali possono determinare disfagia in questo modo.
Le disfagie di origine respiratoria sono causate da un’alterazione dei meccanismi di protezione delle vie aeree per problemi laringei (come la paralisi delle corde vocali) o tracheo-bronchiali e si manifestano spesso con l’aspirazione di cibo.
Nelle disfagie psicogene, infine, il cibo viene rifiutato del tutto o estremamente selezionato per tipologia (per esempio solo cibi semisolidi come i budini) o per quantità (come 1-3 centilitri alla volta) per fobie o ansie.
Quale che sia il meccanismo patogenetico che l’ha causata, la disfagia deve essere identificata e trattata il più precocemente possibile al fine di evitare le sue pericolose complicanze. Tra di esse la malnutrizione, la disidratazione e la polmonite ab ingestis, non solo risultano particolarmente frequenti, ma possono rappresentare un serio rischio per la vita del paziente.
La gestione di un paziente disfagico, però, è complessa e prevede l’azione integrata di diversi professionisti, come il radiologo, il nutrizionista, l’otorinolaringoiatra, il neurologo, il logopedista, e altri ancora, che operino in team multidisciplinari. Queste diverse figure devono lavorare contemporaneamente su almeno tre fronti: identificare la malattia che causa disfagia, decidere come alimentare il paziente e verificarne lo stato nutrizionale. È facile intuire che la scelta di come alimentare il paziente sia legata alla prevenzione di complicanze respiratorie e nutrizionali e che la valutazione nutrizionale contribuisca a prendere questa decisione. L’identificazione della malattia che determina disfagia è, invece, essenziale per stabilire se esistono possibilità di trattamento e qual è la prognosi del paziente. In tal senso possono essere adottate diverse misure rimediative – nutrizionali, chirurgiche, farmacologiche, riabilitative e comportamentali – che hanno l’obiettivo di assicurare un’alimentazione il più sicura e soddisfacente possibile, evitando al contempo lo sviluppo di complicanze.
Dr. Francesco Mozzanica, Specialista in Otorinolaringoiatria, Ospedale San Giuseppe, Gruppo MultiMedica – Professore Associato di Otorinolaringoiatria, Università degli Studi di Milano