La sindrome dell’anziano fragile: quando il corpo non riesce a fronteggiare le sfide della vita
Gli anziani non sono tutti uguali.
A fronte di un innalzamento delle aspettative di vita molti anziani si ammalano di patologie croniche che compromettono pesantemente la qualità della loro vita. Esistono poi anziani perfettamente in buona salute sia fisica che mentale. E poi esiste una fetta di soggetti anziani altrimenti sani, nei quali si assiste ad un rapido declino fisico e psicologico e all’incapacità di affrontare lo stress e i cambiamenti.
Questi anziani vengono definiti “fragili” in quanto, come descritto nella figura, in seguito al manifestarsi di un fattore di stress come una patologia non grave o un evento traumatico un anziano non fragile (linea verde) subisce l’insulto per poi ritornare alla condizione di benessere iniziale mantenendo al contempo, la sua condizione di indipendenza nella gestione della quotidianità. Lo stesso fattore di stress sul soggetto anziano fragile (linea rossa) induce un effetto più marcato e al cessare dell’evento scatenante, il suo recupero è più lento e mai del tutto completo. Il soggetto infatti non recupera la condizione di benessere iniziale e perde anche la sua indipendenza nella gestione della quotidianità. Esiste poi una distinzione tra fragilità primaria, non legata alla presenza di patologie e una fragilità secondaria legata a patologie, le più delle quali comuni sono il diabete e le patologie osteoarticolari.
Quali sono le cause della fragilità?
Attualmente non si sa bene quale sia la causa primaria della fragilità e l’invecchiamento di per se non giustifica appieno l’insorgenza di questa sindrome. D’altronde non tutti gli anziani sono fragili. Ciò che è noto è che da un punto di vista clinico questa sindrome coinvolge contemporaneamente più organi in particolare l’apparato locomotore, il sistema neuroendocrino, il sistema immunitario e il sistema ematopoietico. Le conseguenze di questo coinvolgimento sono facili da immaginare: debolezza, ridotta mobilità, aumentato rischio di fratture, anemia, rallentamento nella guarigione delle ferite, predisposizione alle infezioni e declino cognitivo. Tuttavia un ruolo causale potrebbe averlo il midollo osseo. Tale tessuto è infatti il “centro riparazioni e ricambi” dell’intero organismo da cui ogni giorno nuove cellule vengono immesse nel circolo sanguigno per raggiungere i tessuti e favorire il ricambio cellulare. Per qualche motivo, nei soggetti fragili il midollo esaurisce i suoi “pezzi di ricambio” e gli altri organi, non venendo più efficacemente riparati, si inceppano.
Ed è proprio questo meccanismo di esaurimento delle scorte di ricambio che il nostro gruppo vuole investigare nel progetto “Il midollo osseo come organo chiave nella fragilità dell’anziano” finanziato dalla Fondazione Cariplo.
Come viene effettuata la diagnosi?
Ad oggi, l’unico protocollo accettato per la diagnosi della fragilità si basa sulla somministrazione di un “questionario di fragilità” che permette di valutare in modo scrupoloso lo stato fisico, sociale cognitivo e nutrizionale del soggetto anziano. Le risposte al questionario vengono convertite in un punteggio che quantifica il grado di fragilità in tre livelli: lieve, moderata e grave. Tuttavia una semplice classificazione non basta! Il nostro gruppo si sta muovendo anche in tal senso per cercare di trovare dei marcatori di fragilità che possano essere rivelati con un semplice esame del sangue.
È possibile curare l’anziano fragile?
Purtroppo non esistono ancora terapie contro la fragilità. Tuttavia essendo il soggetto fragile un soggetto malnutrito e con difficoltà motorie si cerca di intervenire con la dieta e la riabilitazione. Tuttavia i protocolli attuali risultano piuttosto empirici e inadeguati. A questo proposito grazie all’esperienza di professionisti dell’Unità Operativa di Ortopedia dell’Ospedale MultiMedica guidata dal prof. Carnelli stiamo mettendo a punto delle strategie riabilitative mirate al soggetto fragile che potranno essere utili non solo per curare ma anche per prevenire la fragilità.
Noi giovani d’oggi saremo gli anziani del domani. Investire in ricerca sugli anziani è un po’ come stipulare un’assicurazione di benessere per il futuro.