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Blog – Gruppo MultiMedica

Scompenso cardiaco: l’importanza dell’approccio in team

Lo scompenso cardiaco è una patologia in grande diffusione, al punto da costituire una vera e propria emergenza epidemiologica.
Trattasi di una sindrome clinica che si sviluppa quando il cuore non è più in grado di “spingere” in periferia il volume di sangue necessario alle attività del nostro organismo; questo stato di “sbilanciamento tra domanda e offerta”, dopo un’iniziale fase di equilibrio durante la quale il paziente resta asintomatico, è poi causa di un corteo di sintomi molto ampio, variabilmente associati tra loro, quali astenia (stanchezza), dispnea (mancanza di fiato) ingravescente, ritenzione idrica con edemi declivi e congestione viscerale, sino a quadri molto gravi come l’edema polmonare acuto e lo shock cardiogeno.

Tale sindrome può essere inoltre causa di morte improvvisa per aritmie letali e, nelle fasi più avanzate, può condizionare quadri cosiddetti di cachessia cardiaca, non dissimili da quelli osservati nei pazienti con grave patologia oncologica.
Nei paesi sviluppati, a causa dell’invecchiamento della popolazione, l’incidenza (il numero di nuovi casi di malattia diagnosticati per anno) dello scompenso cardiaco sta aumentando. Attualmente, l’incidenza dello scompenso cardiaco in Europa è di circa 3/1000 anni-persona, includendo tutte le fasce d’età e, negli adulti, di circa 5/1000 anni-persona.
Negli adulti la prevalenza (il numero di pazienti ammalati, comprensiva dei nuovi e vecchi casi per anno) è pari a circa il 12%, con un aumento progressivo con il procedere dell’età. Poiché gli studi epidemiologici includono i casi riconosciuti/diagnosticati, è probabile che la vera prevalenza sia più alta.
Le cause dello scompenso cardiaco sono molteplici (cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, cardiopatie valvolari, cardiomiopatie, cardiopatie infiltrative, cardiopatie congenite, cardiopatie indotte da farmaci). Nei paesi occidentali e sviluppati, la cardiopatia ischemica e l’ipertensione arteriosa sono certamente le cause predominanti.
La prognosi dei pazienti con scompenso cardiaco è migliorata considerevolmente dai primi studi di trattamento, alcuni decenni fa.  Tuttavia, essa continua a restare sfavorevole nel lungo termine, la qualità della vita è spesso scadente a causa dei sintomi e delle frequenti ospedalizzazioni alle quali contribuiscono le frequenti comorbilità associate.
Dopo la diagnosi iniziale, i pazienti con scompenso cardiaco vengono infatti ricoverati in media una volta ogni anno. A causa dell’aumento del numero di pazienti affetti da questa condizione, del progressivo invecchiamento della popolazione e dell’accrescersi delle comorbilità tipiche dell’anziano, il numero assoluto di ricoveri ospedalieri per scompenso cardiaco, già molto elevato, è destinato ad aumentare considerevolmente in futuro. Ne consegue che uno degli obiettivi principali del percorso di cura deve essere quello di prevenire le fasi di instabilizzazione e i conseguenti ricoveri.
Il trattamento dello scompenso cardiaco si basa oggi sull’impiego di farmaci, dispositivi impiantabili (defibrillatore impiantabile/pace-maker resincronizzatore cardiaco, dispositivi per il supporto meccanico al circolo), diverse tipologie di intervento cardiochirurgico sino al trapianto cardiaco. Naturalmente quanto sopra deve associarsi ad un corretto stile di vita, sia per prevenire l’evoluzione della malattia che per facilitarne la gestione nella vita quotidiana.
È ampiamente riconosciuto che, oltre ad ottimizzare le terapie mediche e il trattamento interventistico, in primo luogo quello basato sui dispositivi elettrici impiantabili, è necessario dare priorità alle modalità di assistenza, ai modelli di cura e agli standard per l’erogazione delle cure, in particolare basati sulla disponibilità di cardiologi ed infermieri esperti nella cura dello scompenso cardiaco.

Al fine di ridurre le ospedalizzazioni e la mortalità, le Linee Guida della Società Europea di Cardiologia (European Society of Cardiology – ESC) raccomandano l’uso di programmi e modelli di cura multidisciplinare. Gli obiettivi di tale approccio sono quelli di consentire non solo le indagini diagnostiche e gli interventi terapeutici più appropriati, ma anche di garantire programmi adeguati di follow-up a lungo termine, utili ad aumentare l’aderenza terapeutica e ad uno stile di vita sano e corretto.
In tale contesto il miglioramento della consapevolezza di malattia da parte del paziente e del nucleo familiare (care-givers) attraverso un’adeguata informazione ed educazione alla salute sono centrali nel raggiungimento di un’ottimale gestione a lungo termine della malattia.
In altre parole è necessario un team che sia attivo e soprattutto proattivo lungo l’intera traiettoria dello scompenso cardiaco: all’esordio e durante la fase cronica, in grado di gestire l’alternanza di eventi critici e di periodi di stabilità, sino alle fasi terminali della malattia.

A seguire, sono indicate le principali caratteristiche e componenti di un programma multidisciplinare per la gestione dello scompenso cardiaco secondo le Linee Guida 2021 della Società Europea di Cardiologia:

Caratteristiche
  • Programma “centrato” sulla persona
  • Multidisciplinare, con personale in continuo aggiornamento (cardiologo, medici di altre specialità per la gestione delle comorbilità, palliativista, infermiere, fisioterapista, sonographer, dietista, psicologo).
  • Il focus del programma deve essere flessibile e includere:
    – prevenzione della progressione della malattia
    – controllo dei sintomi
    – mantenimento dei pazienti nel luogo di cura preferito, il più possibile a domicilio, soprattutto nelle fasi più avanzate di malattia.
  • Incoraggiare il coinvolgimento del paziente/care-giver nella comprensione e nella gestione della sua condizione.
Componenti
  • Gestione clinica ottimizzata: stile di vita, terapia farmacologica, dispositivi impiantabili.
  • Educazione del paziente, con particolare enfasi sulle tematiche dell’aderenza alla terapia e della gestione dei sintomi.
  • Supporto psicosociale rivolto ai pazienti e ai familiari.
  • Follow-up dopo la dimissione (controlli ambulatoriali, supporto telefonico o telemonitoraggio).
  • Facile accesso alla struttura sanitaria.
  • Pronta valutazione e rapida risposta con intervento appropriato e proporzionato in diverse situazioni quali: cambiamento inspiegabile del peso, dello stato nutrizionale e funzionale, della qualità della vita, dei problemi del sonno, dei problemi psicosociali, variazioni di dati desumibili dagli esami diagnostici di controllo.
  • Possibilità di accesso (diretta o mediante percorsi organizzati) alle opzioni di trattamento avanzate (cardiochirurgia, impianto di dispositivi, cure di supporto e palliative).

Quanto sopra è ciò che stiamo sviluppando presso il nostro IRCCS attraverso la nostra area e programma dello scompenso cardiaco. Stiamo lavorando alla messa a punto di un ambizioso progetto in grado di gestire sia la fase acuta dell’insufficienza cardiaca che di garantire un programma di continuità assistenziale. Ciò anche mediante il controllo a distanza grazie ad un uso avanzato  dei dispositivi impiantabili, il supporto telefonico e il telemonitoraggio. Prevediamo un programma che vorremmo fortemente integrato con il territorio, in stretta collaborazione con i Colleghi Medici di Medicina Generale, per fornire ai pazienti e alle famiglie un programma di cura senza soluzione di continuità.

Una politica di gestione della malattia proattiva, sia da parte dei sanitari (ospedalieri e territoriali) che del paziente è infatti fondamentale per migliorare nel tempo l’andamento clinico dello scompenso cardiaco, migliorare la sua prognosi, ridurre le ospedalizzazioni, prolungando la vita dei pazienti e la sua qualità.

Prof. Roberto F.E. Pedretti, FESC, Direttore Dipartimento Cardiovascolare, Direttore UO Complessa di Cardiologia – IRCCS MultiMedica.

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