Settimana Mondiale del Glaucoma: stop ai falsi miti. Non riguarda solo gli anziani, ne soffrono anche i bambini, almeno 1 nato ogni 10.000
Lo chiamano il “ladro silenzioso della vista”, perché quando esordisce non dà alcun segno della sua presenza. È il glaucoma, di cui si celebra la Settimana Mondiale dal 6 al 12 marzo: patologia pericolosa ma ancora poco nota a gran parte della popolazione. Molti credono si tratti di un tumore; in realtà, è un danno al nervo ottico, purtroppo irreversibile, causato solitamente da un’eccessiva pressione intraoculare.
“Viene spesso associato all’età anziana, ma colpisce anche adulti e giovani, persino bambini e neonati: solo il glaucoma congenito, che non esaurisce tutte le forme di glaucoma pediatrico, interessa almeno 1 nato ogni 10.000”, spiega Matteo Sacchi, specialista di riferimento per il glaucoma presso l’Ospedale San Giuseppe di Milano – Gruppo MultiMedica, tra le pochissime strutture in Italia – l’unica in Lombardia – a operare anche i casi di glaucoma pediatrico congenito.
“A differenza degli adulti, nei bambini il glaucoma si manifesta chiaramente: l’occhio malato presenta una malformazione anatomica ben visibile, è più grosso a causa della spinta pressoria, come un palloncino gonfiato, e la diagnosi avviene solitamente alla nascita”, prosegue il dottor Sacchi, che da anni all’Ospedale San Giuseppe collabora con il professor Paolo Nucci, ordinario di Oftalmologia presso l’Università degli Studi di Milano e riconosciuto esperto nazionale nel trattamento delle malattie oculari infantili. “La patologia si sviluppa quasi sempre in età intrauterina, a causa di una mutazione genetica spontanea. La buona notizia è che anche bambini piccolissimi, di pochi mesi, possono essere operati con successo. L’intervento consiste nell’apertura del canale che permette il deflusso dell’umor acqueo, il liquido responsabile della pressione all’interno dell’occhio, e nell’inserimento di una piccola valvola”.
“Successivamente, il piccolo paziente seguirà un percorso ad hoc di riabilitazione e di controlli regolari fino all’adolescenza. Pur presentando un deficit visivo, questi bambini possono raggiungere un livello visivo più che adeguato a vivere una vita sociale, scolastica e poi professionale assolutamente normale. I casi di glaucoma pediatrico non congenito, invece, possono essere identificati durante i controlli di routine dal pediatra, che valuterà se indirizzare il bimbo allo specialista, o durante le visite oculistiche, a partire dalla prima che di norma va programmata intorno ai 3 anni”, aggiunge il dottor Sacchi.
Nella popolazione adulta la patologia è inizialmente asintomatica, perché sottrae campo visivo periferico ma, al centro, la visione resta normale. In Italia sono 500.000 le persone con diagnosi di glaucoma, cui se ne aggiungono altre 500.000 che non sanno di averlo. Ci si accorge del disturbo solo quando il danno diventa importante e, purtroppo, irreversibile: si può tuttavia intervenire con farmaci o chirurgia, per evitare che peggiori. Comunque, nella maggioranza dei casi, la diagnosi di glaucoma non è una condanna alla cecità. Colliri, laser e chirurgia consentono di arrestare la patologia e di gestirla al pari di altre cronicità.
“La diagnosi precoce è cruciale: dopo i 50 anni, tutti dovrebbero sottoporsi con regolarità a una visita oculistica, sufficiente per identificare il problema, soprattutto se in famiglia c’è già qualcuno che ne soffre”, ricorda Stefano Mattioli, Direttore dell’Unità Operativa di Oculistica dell’Ospedale San Giuseppe di Milano – Gruppo MultiMedica. “Il glaucoma è forse la patologia oculare che, più di ogni altra, impatta sulla qualità di vita. Molto di più, ad esempio, della maculopatia: il paziente maculopatico vede poco, magari non legge bene le lettere del nostro esame oculistico, ma è una persona che dispone di tutto il campo visivo, si muove, prende i mezzi. Il paziente con glaucoma avanzato, che ha un campo visivo ormai fortemente ridotto, fa fatica a orientarsi nello spazio ed è molto meno autonomo”.
Se colliri e interventi ambulatoriali con laser non sono sufficienti ad arrestare il problema, oggi l’innovazione tecnologica consente un approccio chirurgico mininvasivo, con diversi vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale. L’intervento, che consiste nell’inserimento di piccoli tubicini per il drenaggio dell’umore acqueo, è più veloce (circa 15 minuti), non richiede incisioni e spesso neanche punti di sutura. Il recupero del paziente risulta così più rapido: nel giro di pochi giorni, anziché settimane, si può tornare alla normale vita quotidiana.
“La disponibilità dell’opzione chirurgica mininvasiva è un ulteriore incentivo al trattamento precoce”, evidenzia il dottor Sacchi. “Con l’approccio tradizionale, più complesso e impattante sulla vita del paziente, era il chirurgo stesso a procrastinare l’intervento. E operare prima significa salvare la vista, perché purtroppo la patologia provoca danni permanenti; l’operazione non permette di vedere meglio ma evita che il campo visivo si restringa ulteriormente. C’è poi un altro vantaggio da considerare – conclude l’esperto -. Anche negli ultimi due anni, compatibilmente con l’emergenza Covid, il minor carico assistenziale richiesto dalla chirurgia mininvasiva e la rapidità dell’intervento ci hanno permesso di trattare numerosi pazienti con glaucoma, sfruttando al meglio la limitata disponibilità di sale operatorie e anestesisti”.