Malattia di Alzheimer: segnali positivi ma bisogna investire di più
Siamo già arrivati alla 23a ricorrenza di una giornata in cui si celebra in tutto il mondo la lotta contro l’Alzheimer, e questo è di per sé un positivo indice della presa di coscienza della sua importanza da parte della Sanità e dell’opinione pubblica mondiale. A questa presa di coscienza non sempre corrisponde però un adeguato investimento, se si considera che per la ricerca su questa malattia si spende nel mondo molto meno che per la ricerca oncologica o quella cardiologica.
Ogni ricorrenza induce a consuntivi rispetto all’anno passato e a previsioni per il futuro.
Alcune indicazioni sembrano positive. E’ ormai accertato che nelle società avanzate l‘incidenza delle demenze è in lieve calo grazie all’estensione delle ben note norme preventive igienico-demografiche (maggiore accesso all’istruzione, migliore cura dell’ipertensione e del diabete, controllo dietetico e maggiore attività fisica). Al contrario, la prevalenza della demenza non sembra ridursi, a causa dell’invecchiamento generale e della prolungata sopravvivenza dei pazienti già ammalati.
E’ recentissima la pubblicazione sulla prestigiosa rivista Nature della conferma definitiva di quanto era già noto da qualche tempo, e cioè che gli anticorpi monoclonali (detti impropriamente “vaccini”) sono in grado di rimuovere efficacemente la sostanza tossica beta-amiloide dai cervelli di pazienti con malattia di Alzheimer. La beta-amiloide è certamente una sostanza chiave nella patogenesi della malattia di Alzheimer, ma tuttora non è chiaro se rimuoverla potrà far guarire dalla malattia, o almeno rallentarne l’evoluzione. Esistono diversi anticorpi monoclonali in studio, ma risultati con un significato clinico saranno disponibili solo fra 4-5 anni.
Proprio la disponibilità non remota di questi farmaci ha spinto ad una migliore definizione diagnostica delle demenze a genesi beta-amiloidea, come l’Alzheimer appunto, da altre che verosimilmente non potrebbero trarre giovamento da un anticorpo monoclonale. Inoltre, è chiaro che questi farmaci, se efficaci, andranno usati quanto prima possibile nella genesi della malattia, che inizia a livello molecolare molti anni prima della comparsa dei sintomi. Attualmente il dosaggio della beta-amiloide nel liquor cefalorachidiano e l’uso di radionuclidi specifici per la beta-amiloide cerebrale, accanto ai più tradizionali metodi neuropsicologici e di bioimaging cerebrale, consentono una discreta precocità e attendibilità della diagnosi. In futuro, quando questi farmaci si fossero rivelati utili e sicuri, sarà necessaria una maggiore sensibilità da parte della popolazione generale, e dei medici di base in particolare, all’insorgere di disturbi della memoria, rifuggendo dall’ormai logoro “..è l’età..” , che giustifica gravi ritardi di accesso alla diagnosi e quindi alle terapie e ai provvedimenti socio-assistenziali necessari.
Che cosa si fa in Multimedica contro la Malattia di Alzheimer?
Dal 1998 l’Unità Operativa di Neurologia della sede di Castellanza è attiva nel campo della ricerca, della diagnosi e della terapia delle demenze, operando secondo condivise linee-guida medico-scientifiche. Da alcuni anni è in corso uno studio di fase 2 con un anticorpo monoclonale (gantenerumab) su pazienti affetti da forme lievi e precliniche di malattia di Alzheimer.
Naturalmente prendendosi cura dei malati, è necessario farsi carico anche dei parenti e del loro ambiente famigliare: per questo fin dal 2010 abbiamo fondato l’Associazione Alzheimer Multimedica Onlus che si propone di fornire ai caregivers un percorso di informazione, condivisione e sostegno con l’obiettivo di un proficuo riadattamento dell’ambiente famigliare alle esigenze del malato.
La Onlus organizza anche per i pazienti Laboratori di Arteterapia e Corsi di Psicomotricità.