Aspirina “fai da te”? No, grazie!
Recenti articoli di stampa segnalano che negli USA l’utilizzo dell’aspirina da parte di soggetti apparentemente sani e senza un preliminare consulto medico è particolarmente alto.
Il motivo di questa abitudine autoprescrittiva, anche in Italia, verosimilmente risiede nella nozione che il farmaco, quando somministrato in prevenzione secondaria a pazienti che abbiano già sofferto di una malattia coronarica o cerebrale su base ischemica, è in grado di ridurre significativamente il grado di nuove recidive ischemiche, letali e non.
Ma nel campo della prevenzione primaria, su soggetti apparentemente sani, i risultati siano ugualmente vantaggiosi?
Potrebbe aiutarci a chiarire questo aspetto la recente meta-analisi pubblicata su JACC 2019: che ha inteso valutare gli effetti dell’aspirina in oltre 165.000 soggetti apparentemente sani, metà dei quali assumeva il farmaco e confrontati con l’altro gruppo che non assumeva questa terapia.
Dopo oltre 1 anno di osservazione, non furono osservate differenze di mortalità, né di emorragie maggiori tra i due gruppi, mentre fu riscontrata una riduzione degli episodi ischemici cardiaci o cerebrali di circa il 10% nel gruppo trattato, a fronte di un aumento non trascurabile delle complicanze emorragiche, in particolare gastrointestinali.
Lo studio rileva che per evitare un infarto occorre trattare cronicamente 357 soggetti sani, mentre per provocare un sanguinamento gastrico occorre trattarne 385.
Le conclusioni sono chiare: poiché l’aspirina deve il suo effetto anti-ischemico all’azione anti-aggregante sulle piastrine, che normalmente prevengono la comparsa di sanguinamenti, l’utilizzo del farmaco espone ad un maggiore rischio di emorragie e il suo uso nei soggetti a basso rischio cardiovascolare deve essere sconsigliato.
Al contrario, anche in prevenzione primaria, nei pazienti ad alto rischio di complicanze ischemiche (per diabete, fumo, ipertensione, dislipidemia, vasculopatia aterosclerotica), l’impiego dell’aspirina deve essere valutato dal Medico, in relazione al profilo di rischio emorragico del singolo soggetto.