Capire la placca vulnerabile: un progetto di ricerca traslazionale
Le malattie cardiovascolari causate dall’aterosclerosi rappresentano la principale causa di mortalità nel mondo. L’aterosclerosi è caratterizzata dall’accumulo di placche all’interno delle arterie, che possono restringere il flusso sanguigno e, nei casi più gravi, dare origine a eventi acuti come infarti o ictus.
Non tutte le placche sono però uguali: alcune rimangono stabili e non causano particolari rischi, altre invece diventano “vulnerabili”, cioè più fragili e inclini a rompersi. È proprio la rottura di una placca vulnerabile a scatenare spesso gli eventi cardiovascolari più pericolosi.
Cos’è la placca vulnerabile?
Una placca si definisce vulnerabile quando presenta caratteristiche biologiche che la rendono fragile e incline alla rottura:
- un nucleo ricco di lipidi,
- un cappuccio fibroso sottile,
- la presenza di un’intensa risposta infiammatoria.
Individuare e monitorare questa condizione rappresenta oggi una delle sfide più importanti della cardiologia e della chirurgia vascolare.
Un progetto di ricerca traslazionale
Per affrontare questa sfida è nato un progetto di collaborazione tra le Unità Operative di Radiologia, Chirurgia Vascolare e il Laboratorio di Ricerca dell’IRCCS MultiMedica, che unisce le competenze dei medici delle unità operative di radiologia e chirurgia vascolare con quelle dei ricercatori di laboratorio.
L’obiettivo è costruire un nuovo approccio di stratificazione personalizzata del rischio aterosclerotico, andando oltre i tradizionali strumenti clinici e biochimici, che spesso non riescono a cogliere la complessità biologica della malattia integrando con informazioni provenienti da imaging radiologico e analisi immunologiche. Così è possibile costruire un profilo biologico individuale della placca e del paziente, distinguendo chi ha placche stabili da chi presenta segni di vulnerabilità e richiede terapie o monitoraggi più mirati.
Questo approccio rappresenta un passo concreto verso la medicina di precisione in ambito cardiovascolare.
Come si svolge la ricerca scientifica?
Il progetto coinvolge pazienti candidati a intervento di endoarteriectomia carotidea, una procedura chirurgica che permette di rimuovere le placche aterosclerotiche significative dalle arterie carotidee, arterie cruciali per l’irrorazione sanguigna del cervello. Accanto a questi pazienti vengono arruolati anche volontari “di controllo”, ovvero senza evidenza di malattia vascolare, così da poter confrontare in modo diretto le differenze biologiche e cliniche tra i due gruppi.
Per ciascun partecipante vengono raccolti diversi tipi di informazioni e campioni, con un approccio integrato che combina clinica, radiologia e laboratorio.
- Imaging: attraverso l’angio-TC, i ricercatori analizzano il tessuto adiposo che circonda i vasi sanguigni. La sua densità può rivelare la presenza di infiammazione, un segnale che sembra strettamente collegato all’instabilità della placca.
- Analisi di laboratorio: vengono condotte analisi avanzate sul sangue e sul tessuto vascolare. Il sangue periferico viene utilizzato per isolare le cellule immunitarie, come monociti, linfociti T e B, e cellule progenitrici CD34+, importanti per la protezione cardiovascolare. Inoltre, vengono misurati alcuni marcatori infiammatori, tra cui alcune allarmine, che sono state associate a un aumentato rischio cardiovascolare.
- Studio del tessuto vascolare: dal tessuto aterosclerotico rimosso durante l’intervento chirurgico, i ricercatori isolano cellule immunitarie e vascolari per condurre studi più approfonditi. Queste cellule vengono caratterizzate con analisi citofluorimetriche, osservate con tecniche di immunofluorescenza e coltivate in laboratorio per comprenderne il comportamento in condizioni controllate.
Perché è importante questa ricerca?
Grazie alla combinazione di imaging avanzato, analisi immunologiche sistemiche e locali, i ricercatori possono ottenere un quadro più completo della malattia aterosclerotica.
L’obiettivo finale è duplice:
- sviluppare nuovi strumenti diagnostici per identificare i pazienti più a rischio,
- orientare verso terapie personalizzate in grado di prevenire eventi acuti, come infarto e ictus
Questo progetto rappresenta un esempio concreto del valore della ricerca traslazionale: ciò che si osserva in sala operatoria viene portato in laboratorio per essere studiato, e i risultati tornano poi al letto del paziente, sotto forma di nuove strategie diagnostiche e terapeutiche, in un circolo virtuoso che mette al centro la salute di tutti.
A cura della Dott.ssa Gaia Spinetti, Ricercatrice Laboratorio di Fisiopatologia Cardiovascolare e Medicina Rigenerativa, IRCCS MultiMedica