Cibo e Psiche, attrazione fatale
Cibo e psiche attrazione fatale? Mente e alimentazione sono strettamente interconnessi e si influenzano a vicenda. Infatti il bisogno di mangiare non dipende esclusivamente dalla reale necessità dell’organismo di apportare nutrimento ed energia, ma anche da meccanismi inconsapevoli che fanno sì che il cibo rappresenti un appagamento psicologico. Quindi il cibo non nutre solo il corpo ma può spesso rappresentare una valvola di sfogo, un anestetico, un bisogno di coccole, un desiderio di premiarsi o un modo di ridurre l’ansia. Inoltre non dimentichiamo quanto l’alimentazione sia correlata a fattori culturali e sociali, a usi e abitudini familiari.
Da ciò risulta chiaro che il più delle volte la difficoltà nel seguire una dieta o cambiare stile di vita alimentare dipende da complessi meccanismi che si influenzano l’uno con l’altro. Consideriamo ad esempio le molte persone che combattono con il sovrappeso o l’obesità e che da una vita intera vivono molteplici oscillazioni di peso a seconda delle diete, con il cosiddetto andamento a yo-yo. Ogni qualvolta che si verifica un unico “sgarro” o una piccola deviazione dalla dieta emergono idee di demoralizzazione e autosvalutazione, che a loro volta possono creare comportamenti alimentari erronei, generando quindi un circolo vizioso che con il tempo porta al recupero del peso.
Pertanto la più frequente causa di insuccesso della dieta non è tanto, come spesso si crede, la cosiddetta “mancanza di volontà” o la scarsa motivazione o determinazione, ma la difficoltà di sostenere una restrizione alimentare. Gli schemi rigidi di una dieta sono vissuti come una negazione del senso di piacere, e se questa mancanza viene percepita anche in altri ambiti della vita, è facile scegliere inconsapevolmente la scorciatoia del cibo per riempire dei vuoti. Vuoti, che in realtà, non sono nello stomaco ma che probabilmente appartengono alla sfera dell’emotività. Non è un caso quindi che chi soffre di sovrappeso o obesità e chi nella vita ha sperimentato molti tipi di dieta appaia scoraggiato e mostri la tendenza ad aggrapparsi a “bacchette magiche” quali soluzioni con diete alla moda o a procurarsi farmaci miracolosi, che il più delle volte sono inutili o addirittura dannosi per la salute.
In alcuni casi lo scoraggiamento, la demoralizzazione, i vissuti di inadeguatezza, la sperimentazione di molteplici fallimenti possono sfociare in veri e propri disturbi psichici come depressione o ansia; e queste manifestazioni a loro volta tendono ad aggravare comportamenti alimentari, per cui il cibo si trasforma in un antidepressivo, peggiorando ancor di più il peso corporeo. Inoltre circa il 20% delle persone in sovrappeso o obese presenta un disturbo del comportamento alimentare (DCA), ossia un vero proprio disturbo psichico. Ai DCA appartiene non solo l’anoressia e la bulimia, ma anche il cosiddetto Disturbo dell’Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder). Questo disturbo è caratterizzato da frequenti episodi di abbuffata, con la sensazione di perdere il controllo. Questi episodi di solito avvengo in solitudine, sono indipendenti dalla sensazione di appetito e, dopo che si sono manifestati, generano vergogna e senso di colpa. Chi soffre del Disturbo dell’Alimentazione Incontrollata, difficilmente riesce a seguire delle diete, in quanto dopo breve tempo le abbuffate interrompono la prosecuzione di uno corretto stile di vita, aggravando lo scoraggiamento.
Da quanto è stato spiegato risulta chiaro come il modo idoneo per affrontare il problema del peso, soprattutto se recidivante e, ancor di più, in presenza di un Disturbo dell’Alimentazione Incontrollata, è avvalersi di un equipe multi specialistica. Infatti, una volta che si è instaurato il circolo vizioso “fallimento della dieta/incremento ponderale/autosvalutazione/fallimento della dieta”, ottenere risultati in termini di peso avvalendosi del solo aiuto del nutrizionista diventa infatti estremamente difficile. Per approccio multidisciplinare si intende la collaborazione e l’interazione tra professionisti in campo medico/nutrizionale e in campo psicologico, al fine di creare un percorso di cura personalizzato. In questa direzione, il modo migliore per ottenere un adeguato dimagrimento e, soprattutto, il mantenimento dello stesso, è aiutare il paziente a modificare il proprio stile di vita; solo attraverso acquisizione della consapevolezza su come i fenomeni psichici influiscano sull’alimentazione si possono ottenere dei veri cambiamenti duraturi, che portino ad abitudini sane.
Per consapevolezza non si intende solo “sapere che quando si è tristi si mangia di più”, ma individuare i meccanismi personali che, con modalità inconsapevoli, provocano dei comportamenti erronei. Pensiamo ad esempio alle molte persone in sovrappeso che pensano che la causa del loro problema sia il “metabolismo lento” e che affermano come “solo l’acqua faccia ingrassare”. È vero che in alcuni casi di sovrappeso e obesità la causa è da ricercare in patologie genetiche o gravi alterazioni endocrinologiche, ma queste rappresentano meno del 10% dei casi. Nella maggior parte si tratta di una percezione erronea su come sia realmente l’alimentazione, una scarsa consapevolezza del proprio agire. Spesso infatti non ci si rende conto dei piccoli errori quotidiani, che se presi singolarmente non avrebbero effetto sul peso, ma se ripetuti portano inevitabilmente a un ingrassamento.
Pertanto oltre alla dieta la consapevolezza rappresenta un’arma fondamentale per sconfiggere i problemi dell’alimentazione. Tale consapevolezza, però, non passa attraverso il “sapere” ottenuto da ciascuno schema dietetico sperimentato (magari anche con successo) o il conoscere a memoria le calorie dei cibi, ma l’acquisizione di come alcuni aspetti dell’emotività incidano sul modo di prendersi cura di se stessi.
Dott.ssa Maura Levi, Medico Specialista in Psicologia Clinica