Fatti e possibili azioni per eliminare la differenza di genere in oncologia e nella ricerca scientifica
È ben noto che le donne sono sottorappresentate in posizioni di leadership in discipline scientifiche e sanitarie in tutto il mondo, e c’è disparità di carriere. Anche se il fenomeno è ampiamente riconosciuto, tuttavia si agisce pochissimo per eliminarlo o almeno attenuarlo, e solo poche istituzioni illuminate stanno davvero cercando di fare la differenza. In Cancer World con Alberto Costa (European School of Oncology) abbiamo scritto un editoriale sul “gender gap in oncology“. Ve ne riporto i punti salienti.
Attenzione al tema è stata dedicata da importanti riviste internazionali negli ultimi anni. L’argomento del genere e delle carriere è attuale e Lancet ha appena pubblicato, nel febbraio 2019 un intero numero su “Far progredire le donne nella scienza, nella medicina e nella salute globale“. Questo aspetto, molto sentito nella comunità scientifica, ha portato all’invio di oltre 300 contributi provenienti da più di 40 paesi, indicando, sia la profonda sensibilità alla problematica, sia il desiderio di ottenere un cambiamento in questo senso, anche quando fosse necessario modificare l’intero sistema.
Un editoriale pubblicato nel luglio 2018 da Nature Medicine intitolato: “Actionable equality”, suggeriva che l’uguaglianza tra uomo e donna nella ricerca biomedica è fattibile, mentre Nature ha dedicato, alcuni anni fa, analogamente a Lancet ora, un numero intero sui problemi delle donne nella scienza, intitolato “Science for all” (Volume 495 Issue 7439, 7 March 2013). Nature ha sottolineato che molte donne sono scoraggiate dal perseguire una carriera scientifica ai massimi livelli: “la scienza rimane istituzionalmente sessista”. Nonostante alcuni progressi, le donne ricercatrici, in tutte le posizioni della carriera, sono ancora pagate meno, promosse di meno, sono aiutate a presentare e/o vincono meno finanziamenti e hanno maggiori probabilità di abbandonare la ricerca rispetto agli uomini con qualifiche simili.
Dai banchi alla ricerca
Le difficoltà incontrate dalle donne in oncologia, discusse da Cancer World, sono presenti sia dal lato clinico che da quello sperimentale. L’American Association for Cancer Research, AACR, ha sempre dedicato attenzione al tema, attraverso varie iniziative e le attività di WICR, Women in Cancer Research. Simili approcci, seppure non così strutturati sono seguiti dal EACR, l’associazione europea.
Le spiegazioni per il grande divario di genere sono molteplici ed è evidente che l’azione verso l’equità di genere è obbligatoria. Le Nazioni Unite (ONU) hanno attirato l’attenzione della comunità internazionale sul grave divario di genere che colpisce la scienza: il progresso delle donne nella scienza non si è solo fermato, ma ha iniziato a regredire con un allargamento del divario, e quindi è stata istituita la “Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza” (11 febbraio).
Tra i motivi rilevanti citati dai rispondenti a un sondaggio, vi è che gli uomini sono “percepiti” come leader naturali, e persiste un pregiudizio culturale sulla priorità delle responsabilità familiari e domestiche da parte delle donne. Tuttavia, siamo persuasi che le disparità siano ben al di là del diverso peso delle responsabilità familiari, dal momento che anche le donne non coniugate o sposate senza figli, che potrebbero dedicarsi completamente alle attività di ricerca, hanno incontrato enormi ostacoli al loro avanzamento.
Il sessismo nell’attività di ricerca è molto sottile e alcuni elementi sono difficili da quantificare, tuttavia studi molto interessanti sono stati pubblicati negli ultimi anni. Sappiamo, per esempio, come la posizione degli autori nei papers sia importante per le borse di studio e la carriera: Una pubblicazione su Plos One circa un anno fa ha condotto un’analisi dal titolo “Gender disparities in high-quality research revealed by Nature Index journals”. Gli autori hanno scoperto che le donne sono sottorappresentate nelle posizioni più autorevoli degli autori (ultimo o corresponding, NdA) rispetto agli uomini (Prestige Index = -0,42) e che solo il 18,1% degli ultimi autori, posizione che sancisce la paternità di un lavoro, è detenuto da donne. I dati, altamente rappresentativi, si basavano su una piattaforma di ben 293.557 articoli di ricerca di 54 riviste con h index del gruppo Nature. Inoltre, molto indicativa del sessismo accademico, è stata l’analisi delle citazioni che rivela che gli articoli con autori chiave maschili sono più frequentemente citati rispetto a quelli con autori chiave femminili.
Ciò che possiamo fare
La New York Stem Cell Foundation (NYSCF) e un gruppo di donne scienziate invitate alla riunione inaugurale dell’iniziativa NYSCF su Women in Science and Engineering (IWISE), ha elencato una serie di raccomandazioni per promuovere e garantire l’uguaglianza di genere nella scienza, nella medicina e nell’ingegneria, pubblicato su Cell Stem Cell (Cell Stem Cell, 2015, 16 (3): 221-224)
Invece di riassumere il loro, preferisco redigere un elenco più personalizzato e aggiornato:
- Prestare attenzione ai panel costituiti “solo da ricercatori uomini” nelle sessioni dei convegni. Come scrive Roberta: è stato lanciato l’hashtag #allmalepanel su Twitter
- Promuovere per le donne consapevolezza e ruoli di leadership
- Fornire pari mentorship all’uomo e alle donne durante i loro studi e carriera
- Essere consapevole di dare il giusto ruolo alla paternità delle pubblicazioni scientifiche
- Le riviste dovrebbero incoraggiare la presentazione di articoli editoriali da parte di donne leader nel loro campo
- Dovrebbero essere garantite pari opportunità di finanziamento e dovrebbe essere incoraggiata la presenza di una donna PI nei team che presentano progetti
- I comitati di revisori dovrebbero avere un equilibrio di genere
- I board delle associazioni scientifiche dovrebbero avere un equilibrio di genere
- Garantire parità di stipendio: le donne sono meno pagate per lo stesso lavoro
Tutte queste azioni sono davvero “attuabili”. Non ho intenzionalmente elencato: “Aiuto nell’assistenza all’infanzia”, perché penso che le azioni suggerite e altre con un’attenzione simile forniscano una promozione delle donne molto migliore rispetto al semplice “presenza di luoghi per i bambini” ai convegni o al posto di lavoro.
Come afferma il sito web di “Women and Girls in Science Day“: “sono necessari interventi, strumenti politici e programmi mirati per spostare le priorità del settore pubblico e privato, gli investimenti, le percezioni sul ruolo delle donne in Scienza, Tecnologia e Innovazione. Devono essere istituite misure pratiche che rispondano direttamente alle barriere che ostacolano il successo delle donne e delle ragazze. Le migliori pratiche e le soluzioni innovative sono molto apprezzate.“
Dopotutto è una questione di uguaglianza, dignità, diritti e riconoscimento del valore.
Adriana Albini,
Direttore del Laboratorio di Biologia Vascolare ed Angiogenesi, IRCCS MultiMedica
Membro del Direttivo dell’American Association for Cancer Research