Febbre alta: quando andare al Pronto Soccorso
In questo periodo invernale, si è spesso portati a pensare alla febbre alta come sintomo di una situazione grave di salute, tanto da giustificare il recarsi al Pronto Soccorso.
Ma è bene spiegare, per mantenere efficienti e con una buona capacità ricettiva i nostri Pronto Soccorso, che non tutti gli stati febbrili sono da considerarsi urgenti.
Non sono di nostra competenza, ad esempio, le febbri con temperatura inferiori a 39°, soprattutto se associate a raffreddore, magari che colpiscono giovani in buone condizioni generali; in questi casi si può tranquillamente avvisare il proprio Medico curante o contattare il servizio di Continuità Assistenziale (ex guardia medica), che interviene negli orari in cui gli studi dei Medici di Medicina Generale o dei pediatri di famiglia sono chiusi, per tutte quelle situazioni che non possono essere rinviate all’indomani e sottoposte al Medico di famiglia.
Tenuto conto che il grado di febbre non indica necessariamente la gravità della malattia, tuttavia un adulto con febbre maggiore di 39°, che persiste da più di tre giorni ed è associata a:
- grave mal di testa,
- e/o grave gonfiore alla gola,
- e/o eruzioni cutanee,
- e/o torcicollo,
- e/o confusione mentale,
- e/o vomito persistente,
- e/o difficoltà respiratoria,
- e/o dolori addominali,
è corretto si rechi in Pronto Soccorso, meglio se dopo aver informato il proprio medico curante ed aver condiviso con lui quale percorso risulti più idoneo.
Sono questi i casi in cui la febbre fa paura, cioè i casi in cui il decorso clinico dell’influenza appare complicato dalla concomitanza di altri sintomi.
I soggetti più facilmente esposti alle complicazioni influenzali sono i bambini, gli anziani, le donne in gravidanza, i soggetti affetti da patologie coesistenti (es. malattie croniche, respiratorie, malattie cardiache, renali, epatiti, tumori, diabete, malnutrizione, malattie cerebrovascolari croniche, etc.).
In questi casi il Pronto Soccorso rappresenta il riferimento più idoneo in grado di fornire criteri clinici, di laboratorio, radiologici e di buona pratica clinica atti ad escludere o indicare la necessità di ospedalizzazione.
È comunque chiaro che, solo dalla collaborazione di tutti i componenti della catena assistenziale: medico di medicina generale o pediatra di famiglia, continuità assistenziale (ex guardia medica), medico del pronto soccorso, deriva la cura ottimale per ciascun paziente in base alle proprie caratteristiche
Inoltre con l’appropriatezza degli accessi al Pronto Soccorso si riduce il sovraffollamento dello stesso, considerando che, in media in Italia, i codici bianchi (accessi inappropriati) al momento dell’accettazione in Pronto Soccorso sono più del 30% e di questi circa il 95%, cioè la quasi totalità, è confermato al momento della dimissione. Situazione che spesso non è direttamente causata dal paziente, ma quanto più dalle criticità che il sistema, intrinsecamente, presenta.
Ecco un breve elenco dei motivi per i quali non ci si dovrebbe rivolgere al Pronto Soccorso:
- Per evitare liste d’attesa nei casi di visite specialistiche non urgenti
- Per ottenere la compilazione di ricette
- Per ottenere controlli clinici non motivati da situazioni di urgenza
- Per evitare di interpellare il proprio medico curante
- Per ottenere prestazioni che potrebbero essere erogate presso i servizi territoriali (Medico di Medicina Generale, Pediatri di famiglia, Guardia medica)
- Per comodità, per abitudine, per evitare il pagamento del ticket, per consulenza “cioè per un ulteriore parere medico” perché non soddisfatto dei precedenti.