Malattie rare: il punto di vista dei familiari di pazienti affetti da Sindrome di Bardet-Biedl
Cosa vuol dire vivere con una persona affetta da malattia rara? Quali sono gli effetti che la malattia produce sul nucleo familiare del paziente?
Per una tesi di laurea del corso di infermieristica dell’Ospedale San Giuseppe di Milano, Università degli Studi di Milano, un gruppo di infermiere: Giulia Anzano, Paola Ripa, Luciana Pacelli, Antonella Ligorio, hanno indagato difficoltà e vissuto delle famiglie di pazienti affetti dalla sindrome di Bardet – Biedl.
Lo studio ha fatto emergere alcuni aspetti che sicuramente daranno spunti nuovi per la presa in carico dei pazienti affetti da questa patologia, ma soprattutto ha evidenziato il bisogno assistenziale che le famiglie avvertono come l’aspetto più carente nella vita quotidiana.
Gli effetti della sindrome di Bardet – Biedl
La Sindrome di Bardet-Biedl (BBS) è una rara malattia ereditaria caratterizzata da una progressiva perdita della vista, malformazioni degli arti, obesità, disfunzioni renali, difficoltà di apprendimento, ipogonadismo e malformazioni genito-urinarie. La comparsa di questa sintomatologia è variabile: la polidattilia e le anomalie genitali, laddove presenti, sono visibili fin dalla nascita; la cecità notturna compare all’incirca verso i sette/otto anni, mentre si raggiunge uno stato di completa cecità verso i 15.
L’età di insorgenza dei problemi renali è molto variabile, questi per altro sono il sintomo più diffuso e la principale causa di mortalità.
Lo studio
Lo scopo dello studio è stato quello di raccogliere informazioni qualitative sul vissuto della malattia, raccontato dai genitori dei pazienti affetti dalla Sindrome di Bardet-Biedl, così da poterli aiutare concretamente basandosi sulla conoscenza di quelli che sono i reali problemi che affliggono le famiglie.
I nuclei famigliari che hanno costituito il campione oggetto dello studio sono stati selezionati fra quelli che si sono rivolti all’Associazione Sindrome Bardet-Biedl Italia (ASBBI). Sono stati valutati numerosi aspetti della loro vita quotidiana e le diverse difficoltà che hanno riscontrato prima e dopo la diagnosi di questa malattia rara.
I risultati dello studio
Emerge chiaramente l’esistenza di numerosi problemi che le famiglie devono affrontare quotidianamente, non esclusivamente di competenza medica, per i quali è necessario creare un percorso di sostegno assistenziale.
I familiari hanno evidenziato come la difficoltà principale non sia stata il ritardo nella diagnosi, problema ancora molto rilevante, ma piuttosto una valutazione superficiale o una sottovalutazione, sia dei segni clinici presenti alla nascita sia di quelle che erano le esigenze primarie di ogni famiglia. Un’ulteriore carenza messa in luce è stata la mancanza di ascolto da parte del personale sanitario, totalmente incapace di entrare in empatia con il paziente e di fornire informazioni circa le caratteristiche della sindrome.
L’aspetto economico, inoltre, è stato considerato da tutte le famiglie un fattore aggravante della situazione. La rarità della malattia e in parte la negligenza dei sanitari ha obbligato le famiglie a cercare dei centri che fossero in grado di aiutarli anche lontano dalla propria casa, facendo ricorso alle proprie disponibilità economiche.
Gli intervistati hanno messo in luce la numerosità di strutture sul territorio che non soddisfano a sufficienza le esigenze dei cittadini. E’ stato sottolineato quanto le ASL non siano in grado di fornire gli ausili in tempi soddisfacenti, costringendo le famiglie a dover acquistare di tasca propria apparecchi medici fondamentali per la sopravvivenza del figlio. Molte difficoltà che le famiglie si trovano a dover affrontare sono in parte dovute ad una scarsa se non assente educazione sanitaria.
La creazione di centri di riferimento in cui i bambini possano essere seguiti da un team multispecialistico, permetterebbe di garantire alle famiglie un punto di riferimento per tutte le difficoltà che si trovano ad affrontare. Ciò eviterebbe loro la necessità di spostarsi continuamente da un ospedale all’altro, riducendo non solo le spese economiche, ma anche e soprattutto, la sensazione di sentirsi abbandonati nel gestire l’evolversi della malattia.