Nuovi scenari in aritmologia
La terapia delle aritmie cardiache ha risentito in modo benefico dei continui progressi delle conoscenze conseguiti negli ultimi anni. Il posto d’onore fra le recenti osservazioni va riservato alla evidenza che, in pazienti con fibrillazione atriale a rischio di ictus, la tenace e perseverante ricerca di ripristino di ritmo sinusale, ottenibile con farmaci o ablazione transcatetere, si traduce in un aumento della sopravvivenza a distanza. Questa osservazione è destinata a modificare in maniera sostanziale l’approccio medico che fino ad oggi lasciava al medico l’opzione di scegliere per il controllo della frequenza cardiaca in corso di fibrillazione atriale con uguali opportunità di successo clinico a quelle conseguibili con l’opzione di ripristino del ritmo sinusale.
Al secondo posto va posta la recente dimostrazione del beneficio offerto dalla scelta di defibrillatori interamente sottocutanei rispetto ai convenzionali defibrillatori transvenosi (che implicano cioè l’inserimento di elettrocateteri all’interno dei vasi e del cuore) nella terapia volta alla protezione di pazienti a rischio di morte improvvisa. Nel confronto randomizzato fra queste due strategie infatti, il defibrillatore sottocutaneo, rivoluzionario nella sua “missione” di monitorare il battito cardiaco e trattare mediante shock elettrico le aritmie ventricolari foriere di morte improvvisa da una “postazione” esclusivamente sottocutanea, si è dimostrato non solo altrettanto efficace quanto il defibrillatore classico transvenoso, ma addirittura più efficace nell’evitare gli effetti indesiderati e le complicazioni comunemente riscontrati nell’interazione fra apparecchi impiantati e organismo biologico. Questi risultati sono destinati ad aumentare ulteriormente il già considerevole impiego dei defibrillatori interamente sottocutanei rispetto alla tecnologia tradizionale nella protezione dei pazienti a rischio di morte improvvisa aritmica.
In terza posizione va ricordata la crescente popolarità della tecnica “a freddo” supportata da catetere a palloncino per l’ablazione della fibrillazione atriale. Alternativa alla tradizionale tecnica “a caldo” conseguita mediante radiofrequenza, la tecnica a freddo consente la abolizione del substrato aritmico impiegando temperature fino a -40°C (+55°C nella tecnica a caldo). Rispetto alla tecnica tradizionale, la particolare modalità offerta dal palloncino consente, con sovrapponibile efficacia, un agevole superamento dei limiti di abilità operativa dei centri a minore esperienza nel conseguimento dell’obiettivo principe della ablazione: l’isolamento delle vene polmonari. Congiuntamente, queste due tecniche stanno contribuendo al successo della ablazione transcatetere in popolazioni crescenti di pazienti con fibrillazione atriale e insieme sono destinate alla guarigione, ottenibile in almeno il 70% dei casi, da questa insidiosa e debilitante aritmia.
Al quarto posto, e in ottica più futuribile che non già consolidata, è da segnalare la ricerca in ambito di pace-maker sottocutanei. Questa tecnologia, che è concepita per il trattamento delle bradicardie patologiche responsabili di sincope, dispnea e astenia gravi in alternativa ai pace-maker transvenosi tradizionali in servizio ormai da 60 anni, vive una fase di fermento creativo. Fra le tecnologie già consolidate va considerato il pace-maker MICRA che consiste in mini-pace-maker senza fili ancorato con sistema a barbe alla punta della superficie interna del ventricolo destro. Questo gioiello contiene in un mini-cilindro di 0.8 cm tutta la tecnologia che serve per “sentire” il battito cardiaco fisiologico ed il pacing artificiale laddove necessario. Il suo impiego è al momento ancora limitato, ma è destinato ad aumentare con il tempo e l’esperienza.
Fra le tecnologie di pacing in fase di sviluppo vanno menzionate:
1) il pace-maker attivato da energia ad ultrasuoni emessa da un generatore sottocutaneo e “trasformata” in energia elettrostimolante da un microelettrodo posizionato nel cuore (sistema EBR);
2) il pace-maker collocato in sede sottosternale e capace di stimolare elettricamente, da quella posizione, e non dall’interno del cuore come nella tecnologia tradizionale, il cuore (sistema AtaCor).
Studi clinici in corso ci consentiranno di comprendere le reali potenzialità di queste tecnologie che, se efficaci, consentiranno di rivoluzionare la nostra pratica clinica.
I grandi assenti dei nuovi scenari in aritmologia rimangono i nuovi farmaci antiaritmici. Di grande utilità nella pratica clinica, i farmaci antiaritmici costituiscono un elemento essenziale nell’armamentario medico per il trattamento delle aritmie cardiache. Ad oggi, farmaci quali la flecainide, il propafenone, la chinidina, il sotalolo, il dronedarone e l’amiodarone, di introduzione nella pratica clinica da molti anni, continuano ad essere gli unici farmaci disponibili. Malgrado i molti sforzi per introdurre nuovi farmaci, ad oggi appare lontana la loro emersione nella quotidianità.
In conclusione, il capitolo del trattamento delle aritmie cardiache vive una fase di grande fermento. Lo sviluppo di nuove strategie e tecniche operative promette importanti ricadute cliniche con implicazioni sintomatologiche e prognostiche in popolazioni rilevanti di pazienti aritmici.
Prof. Riccardo Cappato, Direttore del Centro di Aritmologia Clinica ed Elettrofisiologia, IRCCS MultiMedica