Poliposi nasale: una diagnosi mirata con l’endoscopia
La rinosinusite cronica è una malattia infiammatoria che colpisce il naso e i seni paranasali, un insieme di cavità scavate all’interno del cranio che comunicano con il naso attraverso dei piccoli orifizi, gli osti sinusali. Se ne distinguono due varianti, con e senza polipi. Quest’ultima è caratterizzata da una degenerazione della mucosa nasale che, ingrossandosi e accumulando acqua, crea delle estroflessioni tondeggianti e traslucide (i polipi) che tendono ad aumentare di dimensione fino a occupare completamente lo spazio che li circonda. Non deve quindi stupire se uno dei sintomi più frequentemente riportati dai pazienti che soffrono di poliposi nasosinusale sia proprio l’ostruzione respiratoria nasale. A questa si aggiunge spesso pesantezza al volto, abbondanti secrezioni, cefalea frontale e perdita o diminuzione dell’olfatto e del gusto.
Si tratta di una patologia relativamente comune che colpisce circa il 2-4% della popolazione generale. La sua origine è verosimilmente di tipo multifattoriale e numerosi fattori, come per esempio le caratteristiche individuali e l’esposizione a fattori ambientali, sembrano essere implicati nella sua genesi. È proprio per questa ragione, infatti, che molto spesso i pazienti affetti presentano al contempo asma bronchiale e intolleranza all’aspirina.
Essendo di fatto una particolare manifestazione della sinusite cronica, la poliposi nasosinusale è diagnosticata attraverso gli stessi criteri. Questi prevedono la contemporanea presenza di: sintomi tipici da almeno 3 mesi (ostruzione nasale, rinorrea, cefalea, algie facciali, riduzione di gusto e olfatto), degenerazione della mucosa nasale e alterazioni radiologiche.
Se queste ultime possono essere evidenziate mediante accertamenti strumentali, quali la tomografia computerizzata (TC) e/o la risonanza magnetica del massiccio facciale, l’esame di più rapida e semplice esecuzione per sospettare la presenza di questa patologia e per identificare il grado di degenerazione della mucosa nasale, però, è l’endoscopia nasale.
Si tratta di una metodica diagnostica poco costosa, scarsamente invasiva che è possibile svolgere ambulatorialmente. Durante l’esame il paziente è seduto su una comoda poltrona e non vi è necessità di una preparazione particolare (digiuno, sedazione, etc.).
Il modo migliore per eseguire questa procedura è utilizzando un endoscopio rigido visto che permette di ottenere una visualizzazione di elevata qualità. Lo strumento è collegato tramite una telecamera ad alta definizione a un monitor così che anche il paziente, qualora lo desideri, possa vedere lo stato del suo naso.
La procedura è normalmente ben tollerata causando al massimo un minimo fastidio durante l’introduzione dello strumento. Gli endoscopi rigidi utilizzati in ambulatorio, infatti, hanno dimensioni molto contenute (il diametro è di qualche millimetro) e, grazie alle diverse angolature che della loro punta (0, 30, 45, 70 e 90 gradi), permettono di esplorare il naso in ogni suo dettaglio.
Un’alternativa all’uso dell’endoscopio rigido è l’utilizzo di un fibroscopio flessibile. Il vantaggio è una maggiore tollerabilità, soprattutto dai bambini, ma questo avviene a discapito della qualità delle immagini che, per quanto spesso sufficienti per porre diagnosi, risultano inferiori.
Il riconoscimento dei sintomi tipici e l’esecuzione degli approfondimenti diagnostici sopra descritti sono quelli necessari per porre una diagnosi corretta di poliposi nasosinusale, ma gli aspetti che un bravo specialista deve valutare in un paziente affetto da questa patologia non si fermano qui. Queste informazioni andranno infatti integrate con numerose altre, relative ad esempio alla presenza e al controllo di altri disturbi come l’asma e l’allergia, al fine di inquadrare il più precisamente possibile il paziente nell’ottica di una terapia mirata alle sue necessità.
Prof. Francesco Mozzanica, Specialista in Otorinolaringoiatria, Ospedale San Giuseppe/Università degli Studi di Milano