Sapere, ascoltare, curare
Ogni anno oltre 45.000 donne in Italia scoprono di avere un tumore al seno, un dato che ha portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a includere questa patologia e le terapie per la cura tra le priorità emergenti in tema di salute pubblica, e che rende sempre più attuale il tema della variabile psicosociale della malattia. Adele Patrini, Presidente dell’Associazione CAOS (Centro Ascolto Operate al Seno onlus) ci ha spiegato come, l’approccio alla cura che consideri l’aspetto relazionale un fattore imprescindibile nella gestione di una malattia cronica e invalidante come il cancro, sia il fulcro sul quale ruotano le attività della sua Associazione.
Per CAOS il “Saper ascoltare” è la “Conditio sine qua non” per instaurare una relazione con le sue pazienti.
Una nuova consapevolezza
Si sviluppa dunque una nuova consapevolezza: dare risposte non solo in termini di eccellenza tecnico-scientifica delle cure, ma anche di capacità di valorizzare l’aspetto psicologico della patologia, nei confronti dei pazienti e dei loro familiari. Alla luce di queste riflessioni nascono modelli eccellenti come le Breast Unit che fanno dell’approccio multidisciplinare, della personalizzazione e della rete i loro punti di forza. All’interno di questi centri diverse figure, medici, infermieri, psicologi e volontari, lavorano in sinergia per fare in modo che il percorso di cura sia al tempo stesso espressione di libertà, ricerca, scambio di conoscenze, considerazione della persona, formazione e solidarietà.
L’Associazione CAOS e il ruolo dei volontari
Parte integrante di questa squadra è il volontario che, attraverso l’esperienza diretta della malattia, sviluppa una sensibilità terapeutica e istituzionale. Per questo, da anni, l’Associazione CAOS collabora fattivamente con la Breast Unit dell’Ospedale MultiMedica a Castellanza e, di recente, con quella dell’Ospedale San Giuseppe di Milano.
La voce del paziente esce dalla cartella clinica e diventa una preziosa medicina. L’obiettivo del volontariato in Senologia è di indagare e far conoscere i bisogni globali, espressi ed inespressi, della persona affetta da tumore e della sua famiglia; promuovere presso le Istituzioni la cultura interdisciplinare del “prendersi cura”; realizzare consapevolezza nella relazione di aiuto, efficienza professionale e lavoro di rete delle intelligenze esistenti. È ormai convinzione diffusa che, sempre più, le associazioni di volontariato, proprio per la loro peculiare vocazione di essere “dentro i problemi”, debbano acquisire un ruolo di movimento d’opinione, di voce autorevole e di protagonismo attivo nell’organizzazione dei protocolli di cura e delle scelte di politica sanitaria.
Tutto questo si riflette sulla necessità di cambiare il rapporto tra individuo, società e malattia. Ci sono lutti affettivi e lutti culturali, in questo caso i due interagiscono, creando ambiti di riflessione che, come grandi avventure, lasciano diari di un esercito che chiede originalità di strategie, competenza, tanto amore e determinazione. Le donne, come straordinarie amazzoni, hanno cambiato il modo di fare medicina.
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