Il sonno: struttura e funzioni
L’Enciclopedia Treccani definisce Il sonno come “….stato e periodo di riposo fisico-psichico dell’uomo e degli animali, caratterizzato dalla sospensione totale o parziale della coscienza e della volontà e accompagnato da sensibili modificazioni funzionali (diminuzione del metabolismo energetico, riduzione del tono muscolare, della frequenza del polso e del respiro, della pressione arteriosa, ecc.), di fondamentale importanza nel ristoro dell’organismo…”.
Il sonno come la veglia è un processo fisiologico attivo che origina dall’interazione di numerosi centri del sistema nervoso centrale e autonomo. Nel sonno rispetto alla veglia è presente fra mondo cosciente e mondo esterno una barriera percettiva che può essere superata solo da uno stimolo sensoriale di una certa intensità. Un adeguato sonno è un elemento necessario per il sostenimento della vita. Dalla qualità e dalla durata del sonno dipende lo stato di salute psicofisico dell’individuo. I disturbi del sonno, quale l’insonnia con conseguente privazione del sonno hanno un notevole impatto sulla qualità della vita della persona.
L’organizzazione del sonno
Il sonno presenta un’alternanza regolare di fasi non-REM e REM costituita da cicli di durata simile tra loro. Dopo essersi addormentato il soggetto passa
progressivamente dallo stadio 1 del sonno non-REM allo stadio 2, dopodiché passa allo stadio 3 o allo stadio 4. Tra i 70 e i 90 minuti dopo l’addormentamento si verifica la prima fase di sonno REM che dura circa 15 minuti. Alla fine della prima fase di sonno REM si conclude il primo ciclo che dura all’incirca dagli 80 ai 100 minuti. Dopo il primo ciclo, se ne susseguono altri di durata piuttosto costante ma dove il sonno REM tende ad aumentare in durata a scapito del sonno non-REM. In particolare degli stadi 3 e 4 (sonno profondo) si fanno più brevi. Durante la notte il sonno REM costituisce circa il 25% della durata totale del sonno. È possibile che tra i vari cicli vi siano momenti di veglia.
Le Funzioni del sonno
Perché si deve dormire? Per rispondere a questa domanda sono state elaborate varie teorie, riportate di seguito, che probabilmente si integrano tra loro e che confermano sotto vari punti di vista come il sonno sia un elemento necessario per i nostro benessere.
Teoria dell’omeostasi primaria
Due neuroscienziati italiani che lavorano al Wisconsin Center for Sleep and Consciousness, G. Tononi e C. Cirelli, in un articolo apparso su Science hanno evidenziato che durante il sonno il cervello compie un’importante operazione di riordino, tagliando una buona parte dei nuovi collegamenti (sinapsi presenti su dendriti) tra i neuroni che si sono creati durante il giorno in conseguenza degli stimoli ricevuti e dei nuovi apprendimenti. Il taglio è indispensabile affinché il cervello non raggiunga un livello di ingolfamento informativo. La mattina dopo, tagliato quello che è meno importante, si è pronti a fare nuove esperienze e ad imparare cose nuove. Questo meccanismo automatico si chiama “ipotesi dell’omeostasi sinaptica” Il taglio dei nuovi collegamenti è molto selettivo e risparmia sempre circa il 20% delle sinapsi, ove sono immagazzinate memorie importanti, da non eliminare
È esperienza comune che, se si prolunga per molte ore la veglia, il cervello comincia a funzionare meno bene, come se fosse privo della capacità di concentrarsi per continuare a imparare. Durante il sonno in assenza stimoli esterni, si può sistemare l’archivio, scartando quello che non viene considerato significativo da dover essere conservato a lungo termine. il dottor Graham Diering della John Hopkins University, sullo stesso numero di Science, attraverso lo studio di alcune proteine del cervello di topo, ha fornito una conferma biochimica dell’ipotesi dell’omeostasi sinaptica. In particolare, ha individuata una proteina, chiamata Homer1A che compirebbe il lavoro di potatura delle sinapsi durante il sonno.
Teoria dell’apprendimento
Soprattutto il Sonno REM avrebbe un ruolo determinante per la maturazione del sistema nervoso centrale. Durante la fase REM, infatti, si assiste ad un incremento dell’attività cerebrale. In studi sperimentali alcuni soggetti sottoposti a sessioni intensive di apprendimento hanno presentato un aumento significativo del Sonno REM, espressione del processo di fissazione dei dati appresi nella memoria a lungo termine. I neonati presentano una percentuale maggiore di Sonno REM rispetto agli adulti ed agli anziani parallelamente alla maggiore capacità di apprendere
Teoria del recupero
Il Sonno avrebbe una funzione di recupero e di ristoro sull’organismo durante le fasi NREM (svolgendo un ruolo di riprogrammazione genetica dei comportamenti innati) e di fissazione della memoria (facilitando l’incorporazione di nuovi comportamenti appresi in veglia) durante le fasi REM.
Teoria della conservazione dell’energia
Questa teoria si fonda sull’osservazione che durante il sonno si assiste ad una riduzione sia dell’attività metabolica del 10% sia della temperatura del corpo. Questo dato ha poco valore nell’uomo ma assume grande significato dal punto di vista evolutivo. Rispetto agli animali poichilotermici come i rettili, i mammiferi e gli uccelli hanno bisogno di un notevole dispendio di energia per mantenere costante la temperatura interna. Per questo motivo la riduzione di temperatura che si verifica soprattutto durante le prime fasi del Sonno avrebbe il significato di preservare energia.
Teoria evolutiva
Il Sonno si sarebbe sviluppato sulla base di influenze dell’ambiente ed in particolare in relazione al concetto di rapporto ‘preda, predatori‘. Durante il Sonno le prede attraggono meno l’attenzione dei predatori ma dall’altra parte sono anche più vulnerabili in quanto meno sensibili agli stimoli. Ad esempio gli erbivori dormono per periodi brevi in modo da avere tempo di procacciarsi il cibo e vigilare contro i predatori. Gli animali carnivori essendo meno in pericolo e procacciandosi più velocemente il cibo possono dormire più a lungo. Basti pensare che l’animale che presenta la quantità di sonno REM maggiore (circa 200 minuti) è proprio l’animale meno a rischio ambientale: il gatto domestico.
Teoria della “pulizia”
Il sistema linfatico preposto alla pulizia ed alla difesa del nostro organismo non è presente nel cervello. Da recenti studi svolti solo sui topi (Università di Rochester, USA e
Università di Copenaghen), è emerso che durante il sonno il cervello ha un sofisticato sistema di autopulizia, che sfrutta l’espansione in volume di una rete di canali tra i neuroni che permette al liquido cerebrospinale di scorrervi in misura maggiore. Questo processo permette di smaltire prodotti di scarto come la proteina beta-amiloide, una neurotossina che viene prodotta durante il giorno e se presente in elevate quantità è responsabile della malattia di Alzheimer. Tale processo avviene con maggiore efficienza durante il sonno, con una diminuzione delle dimensioni delle cellule fino al 60% lasciando più spazio ai canali. L’effetto ristoratore del sonno è legato almeno in parte a questo meccanismo di smaltimento dei prodotti di scarto del metabolismo. La ‘rete’ del drenaggio dell’area cerebrale, è chiamata sistema glinfatico, in essa circola liquido cerebrospinale che attraversa il tessuto cerebrale lavandolo dai rifiuti provenienti dal flusso sanguigno che saranno dallo stesso trasportati al fegato per la disintossicazione. Le pulizie avvengono durante il sonno poichè richiedono un grosso sforzo energetico al cervello, il quale non può quindi provvedere contemporaneamente a tutti gli altri compiti svolti durante il periodo di veglia”
Durata del sonno
In passato si asseriva che dormire 8 ore fosse garanzia di perfetto recupero fisiologico e forse di maggior longevità, ora si comincia a capire che la dose di riposo ideale può essere diversa per ciascuno individuo. In media la maggioranza delle persone trova ristoro in un sonno compreso fra 7 e 9 ore,
Discostarsi un poco da questi numeri non è sinonimo di di patologia. Esistono per esempio i brevi dormitori, vispi e attivi dopo aver riposato meno di sei ore: una ricerca pubblicata su Brain and Behavior ne ha studiato le connessioni cerebrali, attraverso la risonanza magnetica, dimostrando che sono più efficienti e ramificate fra la corteccia sensoriale, che raccoglie le informazioni dall’esterno, e l’ippocampo, dove si formano le memorie. I brevi dormitori riuscirebbero a consolidare i ricordi in maniera efficiente anche di giorno nei momenti di “noia” in cui il cervello non è molto stimolato e questo basterebbe a ridurre il bisogno di ore di riposo notturno. I veri brevi dormitori si riconoscono perché anche in vacanza o nei fine settimana, quando sono liberi dagli impegni, dormono pochissimo.
La giusta dose di sonno per ciascuno si può intuire proprio quando non si deve puntare la sveglia: se si tende a stare di più a letto significa che cerchiamo di recuperare un deficit. Ci si accorge che vi è un debito di sonno dalla qualità della veglia: sonnolenza continua, difficoltà di concentrazione e di attenzione, piccoli deficit di memoria segnalano che il riposo è troppo breve. Anche il pisolino pomeridiano può contribuire alla dose di riposo giusta, basta che sia espressione di un’abitudine personale e non di un bisogno incoercibile. Ciò che conta, insomma, è trovare il proprio ritmo, quello che ci fa “funzionare” bene di giorno Il giusto sonno, poi, andrebbe anche collocato in maniera corretta nell’arco delle 24 ore. Il riposo va sincronizzato con il proprio orologio biologico: i ritmi di ormoni, temperatura corporea, frequenza cardiaca, pressione devono “andare d’accordo” con quello del sonno e con il ciclo luce/buio.
A cura della Dott.ssa Carla Fornara– Responsabile Servizio di Neurofisiologia IRCCS MultiMedica