Trapianti di cuore: razionalizzare le risorse
Il trapianto di cuore, praticato per la prima volta 48 anni fa, il 3 dicembre 1967, dal sudafricano Christiaan Barnard, vanta un’esperienza trentennale anche in Italia. Esperienza avviata anche grazie all’apporto del Dr. Gronda, oggi responsabile della ricerca cardiologica dell’IRCCS MultiMedica, che fu fra i promotori e fondatori del primo centro trapianti di cuore a Milano, nel 1985, e che non fu solamente il cardiologo del primo trapiantato milanese, ma anche dei successivi 470.
Pochi trapianti
Oggi in Italia vengono effettuati circa 300 trapianti di cuore all’anno (226 nel 2014). Tenendo conto che le strutture abilitate dal Ministero della Salute sono 16, la media risulta essere di poco più di 14 trapianti effettuati in ciascun centro, con nella realtà strutture che superano questa media e altre che si posizionano ben al di sotto. Questo è sicuramente uno dei problemi che affligge il sistema, perché non consente di coltivare le eccellenze attraverso la costruzione dell’esperienza del chirurgo e della sua équipe e della capacità della struttura di gestire il paziente trapiantato o che necessita di trapianto. L’altro annoso problema è quello della scarsità di donatori rispetto alle potenzialità, un problema che andrebbe affrontato attraverso un cambiamento culturale a partire dalla maggiore educazione della popolazione.
Meno centri ma più trasparenti
La dispersione delle risorse su tanti centri mina l’efficienza del sistema. Basta paragonare il numero di trapianti medi dei centri italiani (14) con i 122 eseguiti lo scorso anno presso il Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles,il centro trapianti che ne ha effettuati maggiormente negli Stati Uniti, per comprendere il gap esistente in Italia tra numero di trapianti effettuati e numerosità dei centri specializzati. L’efficientamento del sistema dovrebbe partire da una loro riduzione, selezionandoli sulla base della gestione complessiva del paziente. Gli altri fattori da non trascurare sono la trasparenza sulle movimentazioni delle liste d’attesa e la condivisione dei criteri di eleggibilità dei pazienti che oggi vivono della discrezionalità di ogni singolo centro.
Le esperienze internazionali offrono numerosi spunti di riflessione che vanno oltre la considerazione di concentrare un numero maggiore di trapianti in una singola struttura per accrescere l’esperienza chirurgica. Queste esperienze, condotte su vasta scala, consentono di confrontare obiettivi e risultati puntando a migliorare i criteri per la selezione dei pazienti da trapiantare e ad un uso più appropriato degli organi da trapiantare tramite criteri di allocazione meno discrezionale e più verificabili. Questo processo è probabilmente l’unico in grado di determinare un’inversione di tendenza nell’accrescimento delle lista di attesa ed migliori risultai del trapianto a distanza.