Tumore al testicolo: dalla diagnosi all’intervento
Il tumore del testicolo rappresenta l’1% di tutte le neoplasie dell’uomo. In realtà, per quanto possa apparire diversamente, è una percentuale significativa, in quanto riguarda per lo più i giovani adulti. Infatti, la sua incidenza è concentrata nella terza e nella quarta decade di vita.
Non esiste alcun stile di vita o fattore ambientale noto collegato all’insorgere della malattia. Si sa solo con certezza che se un testicolo non è disceso alla nascita (condizione definita criptorchidismo) ha una maggiore probabilità di sviluppare la neoplasia nel corso della vita. Invece l’impatto dell’ipospadia (ovvero la presenza del meato uretrale in posizione ventrale sul pene, un’anomalia congenita dell’apparato urinario), la sub/infertilità, la familiarità tra consanguinei di primo grado, sono fattori di rischio con un impatto decisamente minore e comunque non acclarato con certezza.
La diagnosi di solito è fatta dal medico su indicazione del paziente. Infatti, nella maggior parte dei casi, la neoplasia si presenta come una massa intrascrotale, indolente, di nuova insorgenza, che insospettisce il paziente e lo porta alla visita dal Medico di Medicina Generale prima e all’Urologo dopo. La diagnosi di sospetto è quindi esclusivamente clinica. L’alfafetoproteina e la beta gonadotropina corionica sono dei marcatori dosabili tramite prelievo ematico che, se elevati, rendono certa la natura neoplastica di una massa testicolare, prima ancora dell’asportazione del tumore e dell’esame istologico da parte del Patologo. A supporto del sospetto clinico, in assenza di marcatori elevati, c’è l’ecografia doppler del testicolo, che solitamente dimostra una nodulazione intratesticolare ben vascolarizzata meno ecogena rispetto al tessuto sano circostante. Ulteriori indagini quali la tomografia assiale computerizzata, la risonanza magnetica nucleare o la tomoscintigrafia globale corporea servono a capire se la neoplasia è confinata al suo sito di origine, il testicolo, o diffuso altrove (stadiazione della neoplasia).
Il trattamento del tumore del testicolo è chirurgico e comporta l’asportazione del testicolo, dei suoi annessi e del cordone che lo collega all’addome che si chiama funicolo spermatico. Raramente, in particolare per i pazienti con un solo testicolo e masse di dimensioni contenute totalmente intratesticolari, è percorribile una chirurgia di risparmio con l’asportazione selettiva del nodulo. L’accesso chirurgico si ha attraverso un’incisione inguinale centimetrica che consente l’accesso diretto al funicolo e quindi ai vasi sanguigni che irrorano il testicolo. In caso di diagnosi dubbia si procede a estrarre il testicolo e i suoi involucri dallo scroto e quindi effettuare una biopsia del nodulo che viene immediatamente esaminata dal Patologo. Diversamente, se la diagnosi è certa, si procede direttamente a legare i vasi, sezionare il deferente ed asportare funicolo e testicolo. Alla fine della procedura può essere introdotta una protesi in silicone nello scroto che simula la presenza del testicolo con finalità estetica e per limitare l’impatto psicologico dell’asportazione dell’organo.
Prima e dopo l’intervento si esegue il dosaggio di marcatori di neoplasia. Il fatto che siano normali non esclude mai la presenza di una neoplasia ma se sono elevati la prognosi può peggiorare, in particolare se non si azzerano dopo l’asportazione del tumore.
Asportato il testicolo sarà eseguito un esame istologico che servirà a tipizzare la malattia. Esistono 2 grandi gruppi di tumori al testicolo, i seminomi e i non seminomi; in generale i seminomi hanno una prognosi migliore a parità di diffusione della malattia rispetto ai non seminomi. Se la neoplasia interessa le linfoghiandole o si ha il ragionevole dubbio che possano essere interessate, sarà eseguita una chemioterapia o una radioterapia. Se sono interessati altri organi la chemioterapia rimane l’unica opzione. In caso di persistenza di malattia la chirurgia rimane ancora una valida opzione per l’asportazione delle metastasi. In ogni caso la prognosi è sempre molto buona. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 67% dei casi nel gruppo a prognosi peggiore e del 96% nel gruppo a prognosi migliore. Si tenga presente che la maggior parte dei casi alla diagnosi rientrano nel gruppo a prognosi migliore.
Dato che il principale fattore che definisce la prognosi è la diffusione della malattia, è vitale la diagnosi precoce (prevenzione secondaria). In considerazione di quanto esposto, l’autopalpazione dei testicoli è di fondamentale importanza e dovrebbe essere regolarmente eseguita dai giovani adulti a cadenza periodica.
Dr. Angelo Naselli, Co-Direttore Unità di Urologia, Gruppo MultiMedica