Vivere di Ricerca
Nella foto il Team del Laboratorio di Biologia Vascolare ed Angiogenesi: Adriana Albini (direttore), Douglas Noonan,
Antonino Bruno, Barbara Bassani, Nicoletta Macrì, Daniela De Stefano, Gabriele D’Uva,
Paola Corradino, Francesca Caudano, Katarzyna Marks, Magda Liczmanska, Alessandra Panvini Rosati
di Adriana Albini
Camillo Golgi ricevette nel 1906 il Premio Nobel per la medicina insieme al collega spagnolo Santiago Ramòn y Cajal. Il Nobel gli fu riconosciuto per una delle sue scoperte di patologo e istologo: la tecnica nota col suo nome che ha permesso di colorare una cellula nervosa e i suoi prolungamenti, consentendo di apprezzarne la complessa morfologia,tecnica che fu applicata poi ad altri preparati istologici.
Golgi studiò a Pavia, dove ottenne la cattedra di Istologia all’Università nel 1876 e ne diventò Rettore nel 1893. Oltre a svolgere ricerca e docenza, lo scienziato si dedicò a impegni politici e a istituire una scuola di studiosi che dessero importanti contributi.Esempi come Golgi incoraggiano a svolgere il difficile ma coinvolgente mestiere di ricercatore.
Innamorarsi della ricerca
Per me la passione nacque già in età adolescenziale.
Da ragazza, quando passeggiavo lungo la battigia, al mare, osservavo la vita nelle sue innumerevoli forme svolgersi sotto il mio sguardo curioso.
Aveva l’aspetto di granchi in corsa verso la marea che si ritraeva, di pesciolini guizzanti, di cozze ricoperte di balani, di alghe attorcigliate. Scelta la via delle Scienze Naturali, con il corso di laurea in Chimica, e poi l’indirizzo Biochimico, quante conversazioni da allora ho intrattenuto con le cellule in coltura, con la doppia elica intrecciata del DNA, le cui lettere avevo imparato a leggere in laboratorio, e con l’atomo attorno al quale la vita sulla terra ha deciso di svilupparsi, il carbonio.
La mia vita di ricercatrice è un lungo viaggio, vario, molteplice, a volte faticoso, con il premio di paesaggi affascinanti, quelli rivelati dallo studio e dagli esperimenti. Quando le mie amiche, che avevano scelto materie umanistiche, uscivano e giravano per le strade, io rimanevo spesso nella mia seconda casa, il laboratorio, col camice bianco del chimico, e trascorrevo le ore dietro un bancone, a miscelare molecole per vederne nascere altre.
Dall’Italia all’estero e ritorno
L’intero viaggio passa, dopo i cinque anni di chimica organica a indirizzo biologico all’Università di Genova, ai tre di biochimica in Germania all’Istituto MaxPlanck di Biochimica, ai quasi quattro all’Istituto Nazionale per la Sanità a Bethesda, USA, il centro di ricerche di Washington DC.
Ho sposato un ricercatore e i nostri figli sono stati molto pazienti con i nostri impegni di una vita di impegno e sacrifici. Il rientro in Italia è stato all’IST di Genova, all’IRCCS di Reggio Emilia, all’IRCCS MultiMedica di Sesto San Giovanni e Milano. La mia curiosità sul DNA dei granchi, pesci, e mitili; l’approfondimento sui libri e nell’esistenza mi hanno fatto scegliere di voler capire un altro granchio, il cancro.
E poi in generale, la sindrome metabolica, la dieta, la prevenzione, la cardio-oncologia. Studiare per curare e prevenire. Lavorando in Sanità, questo ha significato tenersi per mano coi colleghi medici per unire la loro competenza al mio studio molecolare, alla ricerca di nuove possibili vie per curare. Indagare nelle provette possibili nuovi farmaci che possano impedire un cancro, senza danneggiare l’organismo sano.
Insieme al team di giovani ricercatori
Ora, nella maturità della vita, sento come responsabilità quella di condividere con i giovani che vengono da me, a loro volta a studiare e a progettare esperimenti, ciò che ho appreso. La passione è indispensabile perché i finanziamenti sono sempre pochi, difficili da conquistare, le borse di studio molto selettive.
Devo molto ad AIRC, che ha incoraggiato me e i giovani del team. E sono grata ad altri sostenitori che di volta in volta ci sono venuti incontro. Ci vorrebbe tanto impegno anche da parte di governo e regioni…speriamo.
Un messaggio, anche dalla vita di altri studiosi: per me la responsabilità di figlia e madre, di amica verso gli amici, di schermitrice verso gli avversari, di ricercatrice verso la salute, di impegnata politicamente verso la società, è l’insieme che da il senso vero del tutto.