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Ricerca Scientifica MultiMedica

Principali Progetti di Ricerca Finanziata

Anno 2023

Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)

Dissecting the tumor immune microenvironment of lung neuroendocrine neoplasms with multi-integrated approaches

Capofila: IRCCS MultiMedica

PI: Prof. Giuseppe Pelosi, Co-PI: Dott.ssa Antonella Caminati

Collaboratori: Prof. Antonino Bruno

Partner: BIOGEM, Istituto di Biologia e Genetica Molecolare; IRCCS SYNLAB SDN S.p.A.

Durata: 24 mesi

Sintesi e obiettivo dello studio:

Le neoplasie neuroendocrine del polmone rappresentano il 20% circa di tutti i tumori polmonari e sono distinte in quattro sottotipi istologici, chiamati carcinoide tipico (2%), carcinoide atipico (0,1-0,2%), carcinoma neuroendocrino a grandi cellule (3%) e carcinoma a piccole cellule (15%). La terapia chirurgica radicale rappresenta l’approccio terapeutico preferenziale per i carcinoidi polmonari, siano essi tipici o atipici, demandando alla terapia medica con vari farmaci il trattamento dei casi metastatici (che riscontriamo soprattutto tra i carcinoidi atipici). I carcinomi neuroendocrini a piccole e grandi cellule sono trattati prevalentemente con terapia medica (chemioterapia e radioterapia), ma più recentemente l’immunoterapia sta prendendo piede come strumento terapeutico anche in queste neoplasie. Il nostro studio investigherà il microambiente immunitario di questi tumori, le interazioni che avvengono tra le cellule neoplastiche e quelle immunitarie e la possibilità che queste interazioni contribuiscano alla modulazione di diversi fenotipi della malattia. Lo studio utilizzerà approcci multi-omici (RNA-sequencing, single-cell RNA-sequencing, metabolomica, secretomica), citometria a flusso multiparametrica, colture cellulari 3D, nuovi modelli murini di studio di malattia. Lo studio ha l’obiettivo di comprendere come il microambiente del tumore (cioè dell’insieme delle cellule non neoplastiche e proprie dell’organismo ospite che gravitano attorno e che, con vari meccanismi, ne favoriscono la crescita o non ne ostacolano la distruzione) sia in grado non solo di bloccare ed eludere il sistema immunitario, ma anche e soprattutto quello di identificare bersagli molecolari che possano essere utilizzati per indirizzare farmaci nel tumore del singolo paziente (terapia personalizzata) e ri-armare il sistema immunitario contro i tumori neuroendocrini del polmone.

Impatto atteso:

Il nostro progetto mira a fornire una base razionale per l’uso dell’immunoterapia nelle neoplasie neuroendocrine polmonari, attraverso una migliore comprensione dei meccanismi immunologici coinvolti. Questo potrà portare all’identificazione di nuovi biomarcatori e bersagli terapeutici, migliorando la gestione dei pazienti, la qualità della vita e l’efficacia dei trattamenti. Inoltre, l’uso della biopsia liquida, implementato sulla base dei risultati potenziali del nostro progetto, permetterà di individuare biomarcatori immunologici, con procedure minimamente invasive, associati all’induzione del fenotipo neuroendocrino.

Transferring healthy longevity recombinant protein to counteract sepsis-associated immune and endothelial vascular dysfunctions

Capofila: IRCCS MultiMedica

PI: Prof. Annibale Puca, Co-PI: Dr.ssa Gaia Spinetti

Collaboratori: Dr.ssa Monica Cattaneo

Partner: IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed; Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli

Durata: 24 mesi

Sintesi e obiettivo dello studio:

La sepsi è una grave condizione causata da un’infezione che scatena una risposta infiammatoria incontrollata ed eccessiva dell’organismo, capace di danneggiare tessuti e organi fino a comprometterne il normale funzionamento. In casi estremi, può evolvere in shock settico, una forma acuta che porta al collasso degli organi vitali e spesso alla morte. Secondo le stime più recenti, la sepsi colpisce ogni anno circa 50 milioni di persone nel mondo e causa oltre 11 milioni di decessi, molti dei quali potrebbero essere evitati grazie a diagnosi più tempestive e a terapie più efficaci.

Il nostro progetto di ricerca, finanziato dal PNRR, mira a esplorare una nuova strategia terapeutica basata su LAV-BPIFB4, una variante del gene BPIFB4 più frequentemente presente negli individui con longevità eccezionale e associata al mantenimento dell’omeostasi cellulare. Questa proteina ha infatti dimostrato di esercitare effetti protettivi sul sistema immunitario e cardiovascolare, riducendo l’infiammazione e favorendo la riparazione dei tessuti danneggiati, processi chiave coinvolti nella risposta alla sepsi.

Attraverso un approccio multidisciplinare che integra studi in vitro su cellule vascolari ed ematopoietiche, sperimentazioni in vivo su modelli murini di sepsi e analisi biochimiche su pazienti, il progetto si pone l’obiettivo di sviluppare un trattamento innovativo per prevenire e contrastare le complicanze della sepsi e dello shock settico.

Impatto atteso:

I risultati di questa ricerca potrebbero offrire nuove speranze ai pazienti colpiti da sepsi, promuovendo un recupero più rapido, aumentando le probabilità di sopravvivenza e riducendo le complicanze a lungo termine, con effetti positivi sulla qualità della vita. Un intervento mirato e precoce potrebbe contribuire ad alleggerire la pressione sui reparti di terapia intensiva e sull’intero sistema sanitario, limitando i costi legati a ricoveri prolungati e a percorsi riabilitativi complessi.

NeuromodulAtion methodologIes to tReat OBesity and Type 2 Diabetes

Capofila: IRCCS Multimedica

PI: Prof Livio Luzi, Co-PI: Prof. Roberto Codella

Collaboratori: Dr.ssa Anna Ferrulli, Dr.ssa Pamela Senesi

Partner: Azienda Ospedaliera Universitaria “R. Dulbecco” Catanzaro.

Durata: 24 mesi 

Sintesi e obiettivo dello studio:

La continua crescita globale dei casi di obesità rappresenta una delle grandi sfide sanitaria del nostro tempo. Fino a pochi anni fa, il trattamento dell’obesità si basava su interventi dietetici, attività fisica e chirurgia bariatrica. Oggi, però, siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione terapeutica grazie all’introduzione di nuovi farmaci capaci di favorire una significativa perdita di peso e ridurre, contemporaneamente, il rischio di numerose malattie associate all’obesità.

Nonostante questi traguardi terapeutici, anche le terapie più innovative comportano effetti collaterali e pongono importanti questioni di sostenibilità economica sia per il paziente sia per il sistema sanitario.

Il nostro progetto esplora un approccio innovativo e non invasivo per il trattamento dell’obesità: la neuromodulazione cerebrale.

La fame non nasce solo nello stomaco, ma anche nel cervello: complessi circuiti neuro-cerebrali regolano il senso di sazietà, l’appetito e il desiderio di cibo. Diversi studi hanno mostrano come nei soggetti con obesità vi sia un’alterata regolazione sia delle aree cerebrali che inibiscono l’assunzione di cibo che del sistema dopaminergico; tale condizione porta il paziente a ricercare la gratificazione alimentare in modo compulsivo indipendentemente dal reale bisogno energetico.

Il cibo diviene una vera e propria “dipendenza” e dunque perché non provare a trattare l’obesità come una dipendenza? Negli ultimi anni, le dipendenze da alcool, fumo o sostanze d’abuso vengono curate tramite una tecnica di neuromodulazione denominata Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva (rTMS). Il trattamento avviene attraverso una bobina, collocata all’interno di un casco, che crea un campo elettromagnetico a bassa intensità, non invasivo, che induce un’attivazione delle aree cerebrali che controllano la ricerca del cibo.

Negli anni passati, il gruppo di ricercatori dell’IRCCS MultiMedica coordinato dal Prof. Luzi ha dimostrato l’efficacia di un trattamento di 5 settimane di rTMS nel favorire un significativo e duraturo calo di peso nei pazienti affetti da obesità (ad un anno dal trattamento la perdita media era di circa il 10% del peso iniziale).

Con questo ulteriore studio vogliamo ampliare le conoscenze sull’utilizzo della neuromodulazione nel trattamento dell’obesità valutando:

  1. l’efficacia della rTMS nei pazienti affetti da obesità associata al diabete di tipo 2;
  2. l’efficacia di una tecnica di neuromodulazione alternativa alla rTMS: la Stimolazione Transcranica a Corrente Diretta (tDCS);
  3. l’azione sinergica della neuromodulazione con diverse tipologie di regimi dietetici.

Il trattamento con rTMS potrebbe essere un’utile arma per migliorare la progressione della patologia diabetica: la perdita di peso, infatti, rappresenta uno degli interventi più efficaci per migliorare il controllo glicemico nei pazienti con diabete di tipo 2, contribuendo alla riduzione della resistenza all’insulina e del rischio cardiovascolare.

Impatto atteso:

La tecnica tDCS presenta numerosi vantaggi: è economica, portatile, sicura e, rispetto alla rTMS, si presta a un uso domiciliare. Verificare la sua efficacia nel trattamento dell’obesità potrebbe migliorare gli strumenti terapeutici a disposizione del clinico. Infine, comprendere l’effetto sinergico della neuromodulazione e dei diversi regimi dietetici potrebbe essere molto utile in ottica di personalizzazione del programma di dimagrimento.

In generale, i risultati del nostro studio potrebbero aprire la strada a nuove terapie accessibili, sostenibili e prive di effetti collaterali significativi per la gestione dell’obesità e del diabete, patologie che comportano un elevato carico sociale ed economico. Prevenire l’aggravarsi di queste condizioni significherebbe migliorare la qualità della vita dei pazienti, ridurre i costi sanitari a lungo termine e contribuire a un sistema sanitario più efficiente e orientato alla prevenzione.

Blood biomarkers for Alzheimer Disease and neuro-injury to estimate the association with cognitive/functional decline and mortality in a real-world population of GERiatric hospitalized patients: BAD-GER biomarkers

Capofila: IRCCS INRCA (Istituto Nazionale di Ricovero e Cura per Anziani), Ancona

PI: Prof.ssa Fabiola Olivieri

Partner: IRCCS MultiMedica, referente Dott.ssa Barbara Bassani

Durata: 24 mesi

Sintesi e obiettivo dello studio:

Le patologie neurodegenerative rappresentano un insieme eterogeneo di disordini caratterizzati da progressiva disfunzione e morte neuronale. Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia, circa 2 milioni di persone convivono con una forma di demenza o disturbo cognitivo lieve, e almeno 4 milioni sono gli individui coinvolti nella loro assistenza. I fattori di rischio sono diversi e comprendono predisposizione genetica e neuroinfiammazione.

Attualmente, non esistono terapie risolutive, ma solo interventi sintomatici e strategie di rallentamento della progressione. In questo contesto, la possibilità di individuare precocemente marcatori biologici misurabili nel sangue, definiti biomarcatori plasmatici, in grado di prevedere l’evoluzione clinica del deterioramento cognitivo, rappresenta un obiettivo strategico per migliorare l’organizzazione e la qualità delle cure.

Grazie ai recenti progressi nello sviluppo di test ultrasensibili, alcuni di questi marcatori, come la proteina tau fosforilata, la proteina β-amiloide (Aβ), ed altri, si sono dimostrati particolarmente efficaci nella diagnosi precoce della malattia di Alzheimer, che rappresenta una tra le principali cause di deterioramento cognitivo nella popolazione anziana. Tuttavia, tutti questi biomarcatori richiedono una validazione in ampie popolazioni geriatriche non selezionate.

Il nostro progetto ha lo scopo di identificare biomarcatori di demenza e danno cerebrale capaci di predire l’evoluzione clinica nei pazienti anziani fragili, guidando così decisioni cliniche più tempestive ed efficaci in una popolazione geriatrica. Questi biomarcatori verranno combinati con test cognitivi standard, al fine di identificare i pazienti con più alto rischio di riospedalizzazione o complicanze.

Impatto atteso:

Lo studio rappresenta un passo avanti verso una medicina geriatrica più predittiva e personalizzata. Identificare precocemente i pazienti anziani a rischio di deterioramento cognitivo, riospedalizzazione o morte consente di ottimizzare le cure e ridurre i ricoveri, supportando decisioni cliniche più informate e migliorando l’efficienza dell’assistenza ospedaliera e territoriale. Gli esiti dello studio auspichiamo possano portare un impatto positivo sulla qualità della vita dei pazienti e dei caregiver, nonché una maggiore efficienza nell’organizzazione dei servizi sanitari nazionali, attraverso l’ottimizzazione delle risorse, la riduzione delle ospedalizzazioni ripetute e un migliore coordinamento dell’assistenza geriatrica e neurologica.


Anno 2022

Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – Missione: M6 Componente: C2 Investimento: 2.1 – Tematica Malattie Croniche non Trasmissibili (MCnT) 

Elderly patients with acute heart failure and/or acute coronary syndrome: effectiveness of an EHealth-based secondary prevention and rehabilitation program and role of molecular biomarkers in prognostic stratification 

Capofila: IRCCS MultiMedica

Collaboratori: Simona Sarzi Braga, Francesco Prattichizzo (under40)

Partner: Istituti Clinici Scientifici Maugeri (Bari) ed INRCA (Ancona)

Durata: 24 mesi 

Sintesi e obiettivo dello studio:

È noto che la fragilità è un predittore indipendente di perdita di autonomia e di prognosi sfavorevole nei pazienti anziani con malattie cardiovascolari. Tuttavia, poche sono le informazioni disponibili sui possibili interventi in grado di ridurre il grado di fragilità; programmi domiciliari di telesorveglianza/teleriabilitazione potrebbero essere utili ma sono necessari ulteriori studi su questo argomento. Sappiamo da studi condotti in precedenza che uno stato infiammatorio cronico, alimentato da miRNA e proteine infiammatorie, è un elemento che favorisce significativamente l’invecchiamento e si associa alla fragilità. Eppure nessuna ricerca ha finora cercato di misurare i livelli di tali fattori infiammatori per identificare il grado di fragilità, prevedere la sua progressione e la risposta agli interventi di cura. Partendo da tali premesse, gli obiettivi del presente  studio sono : I) verificare se un programma domiciliare di telesorveglianza/teleriabilitazione è in grado di ridurre il grado di fragilità in un gruppo di pazienti affetti da scompenso cardiaco e/o infarto miocardico; II) individuare un pannello di biomarcatori molecolari per identificare la fragilità, prevederne la progressione e la risposta agli interventi; III) individuare le molecole associate alla fragilità e responsabili dell’invecchiamento.

The longevity-associated variant of BPIFB4: a novel tool against thrombocytosis and “aspirin resistance” in diabetes

Capofila: IRCCS Neuromed (Carmine Vecchione)

Partner: IRCCS MultiMedica (Annibale Puca e Gaia Spinetti), Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli e Università degli Studi di Catania

Durata: 24 mesi 

 

Sintesi e obiettivo dello studio:

Un’alterata funzionalità delle piastrine, nota come iper-reattività ed iper-aggregazione piastrinica, e la conseguente attivazione di uno stato pro-trombotico contribuiscono ad un elevato rischio cardiovascolare nel paziente diabetico.

Questa elevata reattività piastrinica, nonostante il trattamento anti-piastrinico raccomandato, denominata “resistenza all’aspirina”, ha suscitato un grande interesse nell’identificazione di strategie in grado di ottimizzare l’effetto anti-aggregante. Sappiamo da precedenti studi che la variante associata alla longevità (LAV) del gene BPIFB4 riduce il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari e protegge il sistema cardiovascolare mediante un meccanismo che coinvolge la produzione dell’ossido nitrico vascolare. Recentemente è inoltre emerso che la componente piastrinica svolge un ruolo fondamentale nei processi protettivi esercitati dalla variante LAV sul sistema vascolare.

Questo studio ha l’obiettivo di dimostrare che LAV-BPIFB4 può essere uno strumento terapeutico utile a contrastare la disfunzione piastrinica e gli eventi trombotici che insorgono nei pazienti diabetici. Le attività prevedono uno studio clinico su pazienti diabetici in terapia antiaggregante al fine di correlare la risposta alla terapia con i livelli plasmatici della proteina BPIFB4 ed il genotipo LAV e studi su modelli in vitro ed in vivo per valutare l’efficacia della proteina LAV-BPIFB4 nel contrastare l’iper-aggregazione piastrinica, l’infiammazione ed il fenotipo pro-trombotico.


Ricerca Finalizzata – Categoria Starting Grant 

Effects of variable degrees of time in range on endothelial cells and macrophage inflammation

Capofila: IRCCS MultiMedica

PI: Rosalba La Grotta (under 33) 

Gruppo di ricerca Francesco Prattichizzo.

Durata: 36 mesi

 

Sintesi e obiettivo dello studio:

Nei pazienti con Diabete di tipo 2 i livelli di glucosio nel sangue risultano più elevati rispetto ai valori normali e sono associati allo sviluppo di malattie cardiovascolari. Al fine di ridurre l’incidenza delle stesse, è necessario monitorare i livelli glicemici ed intervenire per abbassarli. Per fare ciò viene utilizzato un esame che misura i livelli di emoglobina glicata (HbA1c), il cui risultato rappresenta il valore medio della glicemia negli ultimi 2-3 mesi. Questo parametro, essendo una media dei vari valori di glicemia registrati, non considera le possibili oscillazioni di glicemia che un soggetto può registrare nel tempo, da valori di normo-glicemia a valori più bassi di ipo-glicemia oppure a valori più alti di iper-glicemia. Per misurare in modo più preciso l’andamento della glicemia sono state proposte misure alternative tra cui il Time in Range (TIR). Quest’ultimo, è l’indicatore del tempo medio giornaliero in cui un soggetto si trova in un range di normo-glicemia che, per la maggior parte dei pazienti, va da 70 a 180 mg/dL. Un recente studio ha dimostrato che il TIR predice lo sviluppo di complicanze cardiovascolari indipendentemente dal valore di emoglobina glicata, senza tuttavia chiarire quale sia la percentuale di TIR necessaria per evitare i danni istigati dall’iperglicemia a livello cellulare. Le linee guida suggeriscono che un TIR del 70%, che vuol dire che un paziente registrerà livelli di normo-glicemia nel 70% della giornata, sia adeguato per la maggior parte dei pazienti con diabete.

Essendo una metrica di recente introduzione però, pochi studi hanno definito il target ottimale di TIR nei diabetici di tipo 2, e non sono ancora presenti studi molecolari che chiariscano quale percentuale di TIR sia necessaria per azzerare gli effetti deleteri dell’iperglicemia. In questo progetto di ricerca, si valuterà a livello molecolare quale percentuale di TIR sia necessaria per eliminare gli effetti nocivi dell’esposizione ad iperglicemia. I risultati attesi potrebbero rappresentare un’importante novità in ambito conoscitivo e terapeutico in termini di prevenzione delle complicanze del diabete di tipo 2 al fine di attenuare sensibilmente, o eliminare, gli effetti dannosi tipici dell’iperglicemia a livello cellulare e molecolare.


 

Questo sito è pubblicato da MultiMedica S.p.A.- Via Fantoli 16/15, Milano - (P. I. 06781690968) , che è l'unico responsabile del contenuto presente. Direttore Sanitario Aziendale: Dr.ssa C. Sommese