Occhio alla bilancia se vogliamo vivere sani e a lungo
Come è ormai noto da tempo, nei Paesi industrializzati gli individui sovrappeso e obesi sono in aumento. Questo ha un impatto importante sulla salute e sul rischio di morte.
Il parametro comunemente utilizzato per valutare il peso corporeo è il BMI (body weight index/indice di massa corporea). Si ottiene dividendo il peso in Kg per l’altezza in metri al quadrato.
Il risultato di questa formula confrontato con le medie della popolazione di riferimento consente di classificare una persona in una scala di peso che va da0
sottopeso | <20 |
normale | 20 – 25 |
sovrappeso | 25 – 30 |
obesità di medio grado | 30 – 35 |
obesità di alto grado. | > 34 |
I risultati di moltissime ricerche mostrano un’associazione stretta tra BMI e mortalità per tutte le cause, con un rischio minimo per le persone normopeso (BMI compreso tra 20 e 25). Ma questo è vero anche se prendiamo in considerazione la mortalità per una determinata causa?
Un’indicazione ci viene fornita dai risultati di uno studio pubblicato di recente sulla rivista Lancet Diabetes and Endocrinology che è stato condotto su una coorte estremamente vasta di individui inglesi. Nello studio sono stati inclusi più di 3 milioni e mezzo di individui di età superiore o uguale a 16 anni, non fumatori, per un totale di ben 1.969.648 persone e 188.057 decessi. I dati di BMI raccolti nel UK Clinical Research Datalink (CPRD) sono stati messi in relazione con il registro di morte nazionale. BMI e mortalità totale mostrano un’associazione descritta da una “curva J“. Il rapporto di rischio stimato per un aumento di 5 Kg/m2 passa da 0.81 per soggetti con BMI inferiore a 25, a 1.21 per i soggetti sovrappeso e obesi.
Come atteso, un BMI alto era associato a tutte le categorie di morte, fatta eccezione per i decessi dovuti a incidenti legati ai trasporti. Questo dato era confermato anche se si analizzavano cause come cancro, malattie cardiovascolari e malattie respiratorie per i quali alti BMI erano associati ad una maggiore mortalità. Se le cause di morte erano mentali e comportamentali invece la relazione era inversa, le persone più a rischio erano quelle sottopeso.
Esiste una relazione con l’età? Da questa analisi è emerso un dato davvero molto interessante: con l’aumentare dell’età, l’associazione tra mortalità complessiva e BMI si fa più blanda. Mentre per gli individui di età inferiore ai 70 anni il rischio di mortalità iniziava ad elevarsi a partire da un BMI di 23 Kg/m2, oltre i 70 anni da un BMI di 25 Kg/m2. Quindi sembrerebbe che avere un po’ di peso in più sia in qualche modo protettivo. Non facciamoci illudere troppo però perché in tutti i casi l’aspettativa di vita migliora se si è normopeso. Infatti per gli individui di età superiore ai 40 anni l’aspettativa di vita degli obesi rispetto ai normopeso si accorciava di 4.2 anni per gli uomini e di 3.5 anni per le donne.
Anche gli individui sottopeso avevano un’aspettativa di vita ridotta (4.3 anni per uomini e 4.5 anni per le donne). In conclusione, questo studio ci dice che un BMI troppo alto o troppo basso ruba anni di vita, vale la pena mantenerci sempre nell’intervallo del normopeso. Quando si ragiona su questi temi dobbiamo comunque ricordare che il BMI così misurato pur essendo pratico ed affidabile per valutare il peso corporeo della popolazione generale perde affidabilità nei casi di persone muscolose, esili, molto alte o molto basse. Nuovi indici di correzione sono in fase di studio.
Con il contributo di:
Dr.ssa Ornella Colpani, Ricercatrice Laboratorio di Ricerca Cardiovascolare Gruppo MultiMedica, Progetto Cariplo “Il midollo osseo come organo chiave nella fragilità dell’anziano”