Diabete e malattie cardiovascolari: un rischio che le donne non devono sottovalutare
Il diabete, una malattia in crescita
Il diabete è una malattia sempre più diffusa, con oltre 425 milioni di malati nel mondo – un numero che si stima sia destinato a salire fino a 522 milioni nel 2030 – e quasi 5 milioni in Italia. Tra di essi, circa 1 milione di soggetti ne è affetto ma ancora non ne è consapevole. Un dato preoccupante, perché conferma che questa patologia cronica è ancora conosciuta poco, curata tardi e per questo motivo porta anche a forti rischi di sviluppare complicanze, sia a livello cardiovascolare che cerebrovascolare e renale. È importante sottolineare che il rischio di malattia cardiovascolare è quasi doppio in chi è affetto da diabete, rispetto a chi non ne soffre.
“Purtroppo, questi rischi a volte non sono rilevabili, non danno segni e sintomi, quindi il rischio di chi è diabetico di sottostimare quello che potrebbe avvenire nei prossimi 10 anni è molto elevato” spiega il dr. Cesare Berra, Direttore del Dipartimento Endocrino-Metabolico del Gruppo MultiMedica, dove ogni anno vengono seguiti circa 10.000 pazienti. “Curiamo il diabete per prevenire le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, che a loro volta rappresentano la principale causa di morte nel mondo occidentale”, sottolinea lo specialista.
Il cuore delle donne rischia di più
Un rischio, quello cardiovascolare, che secondo gli ultimi studi, nelle donne è due volte più alto che negli uomini, soprattutto per quanto riguarda le coronaropatie e l’ictus. Questo dato smentisce la convinzione diffusa secondo cui la donna dovrebbe essere maggiormente protetta rispetto all’uomo – grazie agli ormoni sessuali – nei confronti di queste malattie. “In realtà gli studi hanno evidenziato come questo non è vero, soprattutto nella donna con diabete”, sottolinea lo specialista. Al contrario, il rischio di coronaropatia per le donne diabetiche è di 2,86 volte maggiore che nella popolazione generale, a differenza degli uomini con diabete, per i quali questo rischio è di 2,16 volte maggiore.
Questo significa, come ci spiega il dr. Berra, che “le donne diabetiche hanno un rischio di sviluppare una malattia coronarica maggiore del 44% rispetto agli uomini”. Ma non solo, continua lo specialista, “nelle donne è maggiore anche il rischio di incorrere in un ictus: è di 2,28 nel genere femminile e di 1,83 negli uomini. In particolare questo evento avverso emerge con frequenza in una popolazione molto ben definita, quale quella delle donne in età adulta tra i 35 e i 54 anni”
Un problema di genere?
A supporto di questa tesi vi sono diversi studi pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche, tra cui due importanti metanalisi a nome di Pitersen, una pubblicata già nel 2014 che aveva comparato quasi 900mila soggetti tra i 20 e i 100 anni affetti da diabete di tipo 2 che erano andati incontro ad una malattia cardiovascolare, ed una più recente, pubblicata anche su Lancet, che ha studiato 900mila soggetti.
Ma qual è la causa? È un problema di genere? “La causa reale in realtà non la sappiamo ancora”, risponde il dr. Berra, “molto probabilmente ciò è dovuto ai cosiddetti co-fattori, come la dislipidemia e l’ipertensione, che nella donna sono più incisivi che nell’uomo. Inoltre, nelle donne vi è una minore attenzione nel monitoraggio degli effetti del diabete”.Questo anche a causa dello scarso rilievo dato al genere femminile nei grossi studi clinici, una tendenza che deve essere modificata in ragione delle ultime evidenze scientifiche, nella ricerca di una medicina che sia sempre più sensibile alle differenze di genere.
La prevenzione resta il punto cardine nella lotta al diabete – ed alle sue eventuali complicanze – e si incentra sul lifestyle change, che deve includere una dieta equilibrata e costruita sulla persona, considerando le sue abitudini culturali, una regolare attività fisica e l’assenza di fumo. “Il fumo di sigaretta è il nemico da combattere, in maniera più assoluta” sottolinea lo specialista, “Se già sulla popolazione totale può provocare neoplasie, poiché ha un fattore cancerogenetico, su chi è diabetico il fumo provoca sicuramente il rischio di sviluppo di malattie aterosclerotiche dei piccoli vasi, ossia punti dove neppure è facilmente possibile effettuare una diagnosi adeguata”.
I nuovi farmaci
Fondamentale è la diagnosi precoce, che permette di intervenire efficacemente fin dalle prime fasi della patologia, grazie a nuovi approcci terapeutici, soprattutto per quanto riguarda i farmaci. “Le più recenti categorie di molecole antidiabetiche, gliflozine e incretine, si sono dimostrate efficaci non solo sul controllo della glicemia, ma anche e soprattutto nel ridurre le complicanze cardiovascolari e renali del diabete” ci illustra il dr. Berra, “La prescrizione di questi farmaci può portare a ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari del 33%, secondo gli ultimi studi clinici. Sono dati rilevanti, che non possono essere trascurati. Inoltre, questi farmaci, coadiuvati da un’opportuna dieta, possono essere ancora più utili quando la patologia diabetica si accompagna all’obesità, perché agiscono anche sul peso”.
L’importanza di una cura personalizzata
Infine, proprio in virtù delle novità dal punto di vista farmacologico, diventa sempre più importante adottare un approccio individualizzato sul singolo paziente, garantendo così al soggetto affetto da diabete di tipo 2 la miglior terapia possibile, come ci spiega il dr. Berra. “Ad oggi esistono molteplici categorie di farmaci e per ogni categoria differenti molecole, utili a curare in modo personalizzato le diverse forme di diabete. Si deve infatti tenere conto di quale fenotipo (aspetto) assuma la malattia: bisogna identificare i soggetti maggiormente a rischio, anche in relazione alle caratteristiche della malattia: insulino resistenza, deficit di secrezione insulinica o altri aspetti peculiari possono suggerire una propensione a sviluppare complicanze nefro e cardio vascolari. Per ogni tipologia di soggetti con diabete si deve identificare il trattamento adeguato: non si deve procedere per tentativi come fatto in passato, ma iniziare subito con il farmaco migliore per quel tipo di paziente; solo con questo tipo di approccio terapeutico è possibile evitare lo sviluppo di nefropatie, infarti e ictus.”
Un approccio multidisciplinare e personalizzato che è al centro della filosofia del Gruppo MultiMedica, che “mette a disposizione per tutti i soggetti affetti da diabete di tipo 2, una terapia personalizzata, costruita sul soggetto stesso, in base a quelle che sono le sue patologie, la sua storia naturale e ovviamente il suo rischio di ammalarsi di altre patologie oltre che di diabete” ci spiega il dr. Berra, che conclude sottolineando come “dobbiamo ricordarci sempre che le abitudini di vita sono fondamentali, e rappresentano il primo livello di trattamento di chi è affetto da questa patologia”.
Dr. Cesare Berra, Direttore del Dipartimento Endocrino-Metabolico del Gruppo MultiMedica.