Idronefrosi, campanello d’allarme di numerose patologie
L’idronefrosi è un’alterazione anatomica, generalmente benigna, caratterizzata da un’anomalia del flusso urinario, cioè dalla dilatazione delle cavità che consentono il transito delle urine dal rene alla vescica. L’accumulo di urina è conseguente ad un impedimento del suo deflusso, che a sua volta può essere determinato da una ostruzione interna (es. calcolo) o dalla compressione esterna di uno dei dotti che costituiscono il tratto escretore renale (es. ipertrofia prostatica).
L’idronefrosi di solito colpisce un rene soltanto (idronefrosi unilaterale), ma non è escluso che possa essere anche bilaterale. Serve, pertanto, una diagnosi precisa, per stabilire non solo l’entità dell’idronefrosi, ma anche e soprattutto le cause.
Conoscere le motivazioni precise di questo disturbo aiuta a pianificare la cura più adeguata. Un intervento terapeutico appropriato, tempestivo e rapido, può essere fondamentale per evitare l’insorgenza di complicanze, talvolta anche gravi. Se non si interviene con gli opportuni trattamenti terapeutici, il rene colpito va incontro ad atrofia, una riduzione del suo volume e delle sue funzioni.
L’incidenza annuale di idronefrosi unilaterale è di un caso ogni 300 persone; quella di idronefrosi bilaterale, invece, è di un caso ogni 600 persone.
L’idronefrosi secondaria a calcolosi rappresenta più dell’80% di tutte le patologie renali.
Non è stata stimata un’età particolare di maggior insorgenza e pare che maschi e femmine siano colpiti in ugual misura. Tuttavia, bisogna specificare che alcune cause scatenanti possono verificarsi o solo nell’uomo o solo nella donna.
Le cause più ricorrenti di idronefrosi possono suddividersi in tre categorie: quelle comuni a entrambi i sessi, quelle specifiche del sesso maschile e quelle specifiche del sesso femminile. Inoltre ci sono delle cause meno frequenti, a prescindere che siano tipiche solo dell’uomo o della donna.
La causa comune a uomo e donna, capace di provocare idronefrosi, è la presenza dei calcoli renali.
I calcoli renali sono delle piccole aggregazioni di sali minerali, che si formano all’interno delle vie urinarie e compromettono il normale flusso d’urina. Quando uno o più calcoli renali occludono l’uretere, l’urina non viene più espulsa; di conseguenza, si accumula a monte dell’ostruzione, cioè nei reni.
Un’altra causa comune a entrambi i sessi è il tumore delle vie urinarie (rene, uretere, vescica).
Le cause più frequenti di idronefrosi negli individui di sesso maschile sono due: 1) l’iperplasia prostatica benigna (o adenoma prostatico) e 2) il tumore alla prostata; in entrambi i casi, si verifica un aumento di volume della ghiandola prostatica, che comprime l’uretra, di conseguenza il flusso di urina può interrompersi, causando il ristagno dell’urina nella vescica e quindi a livello renale.
Le cause di idronefrosi negli individui di sesso femminile sono: 1) la gravidanza, durante la quale l’utero può ingrandirsi al punto da comprimere gli ureteri e chiuderne il passaggio; 2) il tumore a uno degli organi dell’apparato riproduttivo (utero, ovaie).
Le cause poco ricorrenti di idronefrosi possono essere: coagulo di sangue creatosi nel tratto urinario, endometriosi, tubercolosi, vescica neurogena, cisti ovariche (o ovaio policistico), stenosi dell’uretere a seguito di un’infezione, di un intervento chirurgico o di un infortunio.
I sintomi dell’idronefrosi dipendono dalla patologia responsabile dell’ostruzione e variano in base alla velocità di ostruzione della via urinaria, al grado di occlusione, parziale o totale, e al tipo di ostruzione, unilaterale o bilaterale.
A seconda di quanto rapidamente si chiude il passaggio al flusso di urina, si possono avere due forme di idronefrosi diverse, per alcuni aspetti simili e per altri differenti. Quando l’occlusione avviene rapidamente, si parla di idronefrosi acuta; quando, al contrario, l’occlusione avviene lentamente, si parla di idronefrosi cronica. Un’occlusione totale delle vie urinarie è sicuramente più grave di una parziale. Lo stesso discorso vale per l’idronefrosi bilaterale: infatti, il coinvolgimento di entrambi i reni implica un malfunzionamento renale maggiore, rispetto a quando l’idronefrosi è unilaterale.
L’idronefrosi acuta si deve, solitamente, ai calcoli renali e si sviluppa in pochissime ore. Il sintomo principale è il dolore severo, che insorge a livello lombare e si irradia a uno o a entrambi i fianchi. Talvolta, la sensazione dolorosa è intermittente e può avvertirsi anche a livello dei testicoli (nell’uomo) o della vagina (nella donna). Al dolore si possono aggiungere i seguenti sintomi: nausea e vomito, difficoltà a urinare, bruciore durante la minzione, dovute al ristagno di urina, febbre alta, superiore ai 38°C, brividi scuotenti.
L’idronefrosi cronica s’instaura, invece, molto lentamente, in settimane, se non anche mesi. Questa sintomatologia è da collegarsi, quasi sicuramente, alle patologie che causano l’idronefrosi, come il tumore agli organi riproduttivi e la gravidanza. Sono processi lenti, che richiedono tempo per causare una dilatazione delle vie urinarie. Sintomi e segni non si discostano poi molto da quelli descritti per l’idronefrosi acuta. Il dolore rappresenta sempre la manifestazione principale del disturbo, con la sola differenza che, in alcuni casi, è più leggero.
Le complicanze insorgono, di solito, in presenza di un’idronefrosi severa non curata con tempestività e in modo appropriato. Se compare insufficienza renale possono manifestarsi sintomi quali stanchezza, gonfiore alle caviglie e alle mani, dispnea, malessere generale, secondari a ritenzione idrica.
Una diagnosi precoce di idronefrosi viene stabilita dal medico grazie ad un’attenta raccolta anamnestica ed esame obiettivo. La diagnosi certa viene valutata mediante l’ecografia renale; ulteriori esami, sia clinici che strumentali, sono necessari per identificare le patologie e le eventuali complicanze che l’hanno causata.
L’ecografia dell’apparato urinario è un esame semplice ed estremamente utile per una diagnosi di idronefrosi; tuttavia, valuta prevalentemente la morfologia di reni, vescica, prostata e utero, senza dare informazioni rilevanti sulla probabile eziologia, per la quale, invece, la tomografia assiale computerizzata (TAC) risulta essere l’esame strumentale più importante.
Dr. Silvio Volmer Bertoli, Direttore dell’Unità di Nefrologia e Dialisi, Gruppo MultiMedica