Cellule Natural Killer e tumori
I linfociti Natural Killer (NK) costituiscono una popolazione del sistema immunitario il cui principale compito è quello di difendere l’organismo da virus e mediare la sorveglianza immunitaria verso i tumori. Come suggerisce il loro nome, le cellule NK sono in grado di eliminare le cellule che vengono riconosciute come estranee (non self) senza il supporto di ulteriori elementi del sistema immunitario, quali per esempio la presentazione dell’antigene. Classificate come cellule dell’immunità innata, è stato ormai dimostrato come, in analogia con l’immunità adattativa, siano in grado di esercitare complesse attività regolatorie, cooperando con differenti cellule dell’organismo. L’attività killer delle cellule NK viene espletata attraverso due principali meccanismi: il riconoscimento delle cellule target e la sua conseguente eliminazione, mediante citotossicità cellulare mediata da anticorpi (ADCC) o rilascio di molecole litiche, quali la perforina e i granzimi, e la produzione di citochine che portano all’eliminazione diretta o indiretta (attraverso l’attivazione di altre cellule del sistema immunitario) delle cellule tumorali.
Analogamente ad altre cellule del sistema immunitario, anche le cellule NK sono caratterizzate dal fenomeno della plasticità cellulare, che le rende in grado di adattarsi all’ambiente fisiopatologico del tessuto ospitante, sia dal punto di vista del fenotipo che della funzionalità. Le cellule NK sono infatti in grado di trasformarsi da “killer” in dei veri e propri “costruttori”. Un chiaro esempio di questo fenomeno avviene durante la gravidanza: un particolare sottotipo di cellule NK, definite NK deciduali (dNK), gioca un ruolo fondamentale nell’immunotolleranza nei confronti del feto in sviluppo e favorisce la formazione di nuovi vasi (attività pro-angiogenesi). Quest’ultimo fenomeno risulta cruciale per la generazione delle arterie spirali, la vascolatura necessaria ad apportare ossigeno e nutrimenti al feto.
Il tumore è in grado di eludere la sorveglianza da parte delle cellule NK attraverso vari meccanismi che includono la produzione di molecole immunosoppressorie (per esempio il TGFb, l’adenosina, la prostaglandina-E2), la generazione di un microambiente acido (non ottimale per l’attività delle cellule NK), riducendo la produzione dei segnali che favoriscono il reclutamento delle cellule NK in sede tumorale (immunoesclusione). I tumori sono inoltre in grado di indurre un fenotipo pro-angiogenico nelle cellule NK, utilizzando meccanismi analoghi a quelli che intercorrono nella generazione delle cellule NK deciduali. In questo modo, i tumori utilizzano le cellule NK, attraverso un fenomeno definito “polarizzazione”, per generare un network di vasi per l’apporto di ossigeno, nutrienti e per metastatizzare.
L’immunoterapia, ossia quell’approccio di intervento che si basa sulla ri-attivazione e ri-educazione del sistema immunitario dell’ospite, rappresenta uno degli ultimi importanti progressi nell’ambito della lotta contro il cancro. Le cellule T, attraverso degli interventi di ingegnerizzazione che prevedono l’inserimento di un “CAR” (chimeric antigen receptor) hanno rappresentato uno dei primi approcci di manipolazione delle cellule del sistema immunitario in immunoterapia. Le cellule CAR-T si sono dimostrate particolarmente efficienti nell’ambito delle neoplasie ematologiche, mentre nel caso dei tumori solidi il rate di successo è stato minore. Uno dei principali limiti della terapia CAR-T è associato alla tempesta citochinica, una risposta non controllata nella produzione di citochine che genera importanti danni all’organismo dell’ospite. Un altro importante limite della terapia con cellule CAR-T è rappresentato dalla necessità di isolare i linfociti T dal sangue del paziente (autologo) o trovare donatori compatibili in modo da evitare l’insorgenza di rigetto da parte dell’ospite ricevente (Graft Vs Host Disease-GVHD).
In tale contesto, le cellule NK rappresentano una valida alternativa che consente di superare questa limitazione.
Sono stati studiati diversi approcci mirati a potenziare l’attività anti-tumorale delle cellule NK, che includono il potenziamento attraverso stimolazione con citochine attivatorie (IL-2, IL-15, IL-12), l’utilizzo di farmaci anti-tumorali in grado di potenziare la risposta delle cellule NK (per esempio, derivati della talidomide), l’utilizzo di farmaci in grado di rendere le cellule tumorali più sensibili alle cellule NK (Bortezomib, inibitori delle deacetilasi degli istoni-HDAC), l’utilizzo di inibitori dei checkpoint immunitari (anti-PD-1 e più recentemente anti NKG2A e anti Tigit), l’utilizzo di bi/tri-specific engagers per antigeni tumorali specifici (CD19, CD20, CD30, CD33, EpCAM, Mov14) in grado di potenziare la risposta citotossica cellulare mediata da anticorpo (ADCC).
La prima sperimentazione con CAR-NK nell’uomo è partita nel 2016 in Cina e i risultati sulla sicurezza sono stati positivi. Per quanto riguarda l’Europa, risale al 2020 il primo tentativo di utilizzo della CAR-NK nel glioblastoma. Presso l’Università della California e l’Università del Minnesota, è stato condotto uno studio volto a confrontare l’effetto delle CAR-NK e delle CAR-T nel trattamento del tumore all’ovaio. Entrambi si sono dimostrati efficaci, con il vantaggio che, utilizzando le CAR-NK, non sono stati osservati effetti avversi.
Le cellule NK costituiscono quindi delle armi fondamentali per i futuri interventi di immunoterapia di nuova generazione. È tuttavia ancora necessario comprendere in maniera sempre più approfondita i meccanismi cellulari e molecolari con cui il tumore e il microambiente tumorale sono in grado di polarizzare le cellule NK a proprio vantaggio. È questa la nuova ed importante sfida al fine di generare cellule NK sempre più efficienti nell’eliminare le cellule tumori, in grado di eludere la polarizzazione pro-tumorale/pro-angiogenica e che non siano associate ad aventi avversi nei pazienti oncologici.
Dr. Antonino Bruno, Group Leader, Responsabile Laboratorio di Immunologia, IRCCS MultiMedica