Distanza fisica, vicinanza sociale
La pandemia da SARS-CoV-2 ci ha portato a vivere una condizione inedita sia sul piano personale che nei rapporti sociali; abbiamo modificato drasticamente pensieri, emozioni e relazioni in ambito professionale, familiare e sociale, come se ci trovassimo in una dimensione del tutto alterata della libertà personale. Ciascuno di noi è stato chiamato rapidamente a modificare abitudini e a costruire nuove abilità e nuovi automatismi per adattarsi alla mutata situazione sociale. Comportamenti che prima erano consueti diventano oggi dannosi e vanno evitati per il rischio di essere contagiati o di essere portatori del contagio.
La percezione del tempo è cambiata: sembra che sia dilatato e scandito diversamente così come i ritmi degli impegni quotidiani ed è come se mancasse un orizzonte temporale che ci faccia pensare che in un momento ben preciso tutto tornerà come prima. Conosciamo quello che stiamo vivendo oggi ma non sappiamo come tutto questo evolverà e stiamo affrontando un cambiamento che manda in pezzi le certezze con cui ci siamo confrontati fino ad oggi. I rapporti interpersonali sono messi a dura prova e l’impatto che i cambiamenti nelle relazioni hanno avuto sulle persone è stato influenzato molto dalle paure e dalle risorse di ciascuno.
Da un’emergenza sanitaria siamo giunti a un’emergenza sociale: questo coronavirus ha difatti enfatizzato l’espressione di distanza sociale per riferirsi allo spazio fisico da porre tra gli individui, necessario per evitare il contagio. Il grande sforzo che è richiesto a tutti, anche in ambito ospedaliero, è di passare da una modalità relazionale caratterizzata da vicinanza fisica ad una in cui questa può diventare rischiosa. La vicinanza personale che da sempre ha contribuito in modo efficace al benessere psicofisico, poiché solleva dall’ansia, dalla paura e dall’incertezza, soprattutto per le persone più fragili anche per età e comorbilità, deve essere difatti limitata proprio per tutelare gli stessi pazienti. In ospedale inoltre si riflette ancor più fortemente il clima del contesto esterno e anche noi, come Gruppo MultiMedica, abbiamo dovuto adattarci alle molteplici e articolate situazioni presenti ogni giorno nei nostri Presidi.
Il nostro approccio gestionale, organizzativo e clinico assistenziale a livello di Gruppo, grazie a tutto il personale sanitario, tecnico e amministrativo, ha contribuito a rafforzare, a tutti i livelli, le sinergie tra professionisti per il raggiungimento di obiettivi comuni. Lo abbiamo fatto e lo stiamo facendo con una condivisione che ci ha consentito di rimanere uniti nelle difficoltà, assicurando al paziente la cura e mostrandogli, il più possibile, vicinanza sociale. In particolare, sia le equipe multispecialistiche dedicate ai reparti COVID, che il personale delle aree intensive, che quello dedicato ai reparti COVID free, si impegnano, con nuove forme di comunicazione, anche a garantire presenza e continuità nelle relazioni, ascolto, rassicurazione e sostegno psicologico a ogni paziente.
Non c’è salute se la dimensione sanitaria e quella sociale non lavorano insieme ed è un percorso che dobbiamo continuare a seguire attraverso l’aiuto reciproco, tessendo quelle trame di solidarietà sociale che, come insegna la storia, già in altri tempi e in altre epoche, sono risultate risorse necessarie a risollevare le sorti di intere popolazioni. Con tutti i nostri limiti, le nostre debolezze, le nostre fatiche, ma anche con le nostre capacità, le nostre speranze, le nostre forze.
Si vales, bene est. Ego valeo. Il Gruppo MultiMedica c’è.
Dr.ssa Carmen Sommese, Direttore Sanitario Aziendale Gruppo MultiMedica
Dr.ssa Tatiana Bracone, Assistente Sociale IRCCS MultiMedica