L’importante è partecipare
Il motto decoubertiano “l’importante non è vincere, ma partecipare“, suona spesso consolatorio e, ammettiamolo, nessuno né è mai veramente convinto, ma ci sono volte che il solo fatto di partecipare, ci fa vincere.
Ed è così che la pensa la sig.ra Rosanna, selezionata per partecipare, come paziente, a uno studio scientifico dell’IRCCS MultiMedica, finanziato dalla Fondazione Cariplo, partecipazione che le ha ha dato la possibilità di scoprire un problema cardiaco molto serio e potervi porre rimedio prima che fosse troppo tardi.
“Rosanna, cosa l’ha convinta a prestarsi come caso di studio di un protocollo di ricerca?”
Quando la Dottoressa Spinetti, ricercatrice presso il Gruppo MultiMedica mi ha chiamato e spiegato di cosa trattava lo studio, mi è sembrato utile e doveroso dedicare un po’ del mio tempo per aiutare la ricerca scientifica. Non mi ha chiesto grandi sacrifici e comunque, pur sentendomi bene, mi dava la possibilità di tenermi sotto controllo. Ero sinceramente contenta di poter fare qualcosa di utile per la comunità e anche incuriosita dall’intraprendere questa esperienza. A dirla tutta il giorno del primo appuntamento c’era un tempo pessimo, e l’idea di dover raggiungere la sede indicatami non mi allettava per niente, ma mia figlia mi ha convinto rendendosi disponibile ad accompagnarmi, e così mi sono presentata puntuale all’appuntamento con la dottoressa che mi ha spiegato nel dettaglio in cosa consisteva la partecipazione. Mi sono recata in seguito presso l’IRCCS MultiMedica di Sesto San Giovanni per gli esami stabiliti: analisi del sangue, indagini pneumologiche, una valutazione ortopedica e un controllo cardiologico , fiduciosa, ma soprattutto convinta che i risultati sarebbero stati tutti nella norma.
E invece?
Invece sono stata colta alla sprovvista: non mi aspettavo proprio di avere un problema cardiaco così serio! Quando la Dottoressa mi ha chiamato per comunicarmi la necessità di un approfondimento cardiologico, conseguente a riscontro di valori fuori dalla norma all’elettrocardiogramma, mi sono presentata sempre con la convinzione di un riscontro positivo. Sono rimasta di stucco, quando mi hanno informata che così non era, e devo dire che ancora oggi, seppur alla presenza di una diagnosi certa e in attesa di essere operata, non ne sono ancora persuasa.
Nessuna avvisaglia prima di questo momento?
Col senno di poi ogni piccolo disturbo o acciacco mi sembra riconducibile a questa patologia, ma allora…. La fatica a salire i tre piani di scale di casa mia, la stanchezza dopo una giornata più impegnativa del solito, erano disturbi che riconducevo ai postumi di un intervento di artroprotesi d’anca subito qualche anno prima, e al riscontro di lieve ipotiroidismo, e all’età che avanza senz’altro, ma mai avrei pensato a una patologia cardiaca tant’è che di questi disturbi non ne avevo fatta parola neppure al mio medico curante. Se non fosse stato per la decisione di partecipare a questo studio clinico non lo avrei mai sospettato né scoperto!
Perciò non si è pentita della decisione presa?
Assolutamente no! Anzi, proprio grazie all’adesione a questo progetto, ora sono in attesa di essere operata per poter risolvere questa inefficienza cardiaca. Sono sempre stata convinta dell’importanza che ricopre la ricerca scientifica, ma non ne avevo compresa l’effettiva portata; oltre alla scoperta di una cura, di un farmaco, o di un protocollo clinico, nel mio caso il solo parteciparvi mi ha salvato la vita!
Dottoressa Spinetti, ci aiuti a capire meglio. A quale studio ha partecipato la signora Rosanna?
A uno studio clinico, ovvero uno studio che, attraverso l’analisi di soggetti che soffrono di una determinata patologia, si propone di comprenderne le cause, la sua evoluzione e le strategie di cura. L’obiettivo finale è migliorare la durata e la qualità della vita dei malati. Nel caso specifico lo studio clinico che stiamo conducendo presso il nostro Istituto è stato finanziato dalla Fondazione Cariplo al fine di caratterizzare la sindrome geriatrica dell’anziano fragile, una condizione clinica ancora poco definita. Si tratta di uno studio osservazionale, non prevede cioè nessun intervento sui malati, ma si articola in una raccolta dati, relativi alla forza fisica, alla capacità polmonare e cardiaca oltre ad una valutazione dell’indipendenza nelle attività della vita quotidiana. Tutti questi aspetti, infatti, sono necessari a identificare gli anziani fragili, cioè quelle persone che superati i 65 anni di età non sono in gradi di far fronte alle difficoltà della vita in modo efficace.
Sono più deboli, si ammalano facilmente e soprattutto in seguito ad un evento avverso non recuperano più la condizione di salute precedente. L’indice di fragilità è costruito con l’ausilio di un questionario che valuta gli aspetti multifattoriali della sindrome e restituisce uno score da 1 a 40. Non ci sono a oggi marcatori affidabili di fragilità. La nostra ipotesi originale è che un deterioramento funzionale del microambiente del midollo osseo, fonte principale di cellule rigeneratrici dell’intero organismo, rappresenti il meccanismo causale della fragilità. Pensiamo che una diminuzione di queste cellule nel midollo, dove originano che nel sangue periferico dove vengono richiamate per riparare un danno, possa essere caratteristica dell’ anziano fragile. Proponiamo quindi di migliorare la fragilità attraverso interventi di riabilitazione motoria e approcci nutrizionali salutari che sappiamo influenzano in modo positivo sia la fragilità che il numero di queste importanti cellule riparatrici midollari.
Con il contributo di:
Gaia Spinetti, Ricercatrice Laboratorio di Ricerca Cardiovascolare Gruppo MultiMedica,
Progetto Cariplo “Il midollo osseo come organo chiave nella fragilità dell’anziano”