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Blog – Gruppo MultiMedica

Ipertensione arteriosa: da silenzioso fattore di rischio a malattia.

L’ipertensione arteriosa è una condizione clinica caratterizzata dall’eccessiva pressione esercitata dal sangue sulla parete delle arterie, determinata dalla resistenza dei vasi periferici al flusso ematico e dalla gittata cardiaca. È assai frequente nella popolazione generale, infatti la sua prevalenza negli adulti risulta essere superiore al 30%, rappresentando la prima causa di mortalità nel mondo. Peraltro, circa il 30-40% dei pazienti non sa di avere una pressione arteriosa elevata, e del restante 60-70% solo il 40% è ben trattato.

L’ipertensione arteriosa è una condizione patologica che, a parte casi avanzati e gravi, si caratterizza per l’assenza di sintomi. Si parla di ipertensione secondaria (circa il 5% dei casi) quando l’aumento pressorio è dovuto ad una causa ben definita, come una malattia renale, cardiovascolare o endocrina, oppure all’assunzione di determinati farmaci (cortisonici, antiinfiammatori, ecc…). È possibile guarire dall’ipertensione secondaria con l’eliminazione della causa, iniziando il trattamento in fase precoce.
Nella maggior parte dei casi, l’ipertensione viene definita primaria (o essenziale) ed è conseguenza dell’interazione di una predisposizione genetica con fattori ambientali, uno scorretto stile di vita e il progressivo invecchiamento. Se non trattata, o trattata in modo non corretto, è causa di gravi malattie a carico del cuore, del cervello (ictus ischemico o emorragico), dei vasi arteriosi (atero- e arterio-sclerosi) e dei reni (insufficienza renale), che possono essere fortunatamente prevenute con una precoce diagnosi e un’appropriata terapia antiipertensiva. È, quindi, fondamentale diffondere una cultura della prevenzione, che tenga conto dell’importanza di rilevare i valori pressori in persone di giovane età (anche nei bambini e adolescenti) sia in circostanze occasionali (visite mediche di qualsiasi natura, farmacie) che con la promozione di campagne di screening, associate a iniziative educazionali per apprendere una corretta metodologia di misurazione.
I valori soglia per la diagnosi di ipertensione sono 140 mmHg per la sistolica (o massima) e 90 mmHg per la diastolica (o minima). Più elevata è la pressione arteriosa e maggiore è il rischio di eventi cardiovascolari. Negli adulti con età superiore a 50 anni il rischio è soprattutto correlato alla pressione sistolica.
La pressione arteriosa misurata a livello del braccio, con metodo auscultatorio sfigmomanometrico o oscillatorio automatico, nello studio del medico, rimane fondamentale ed insostituibile per ottenere le informazioni sull’importanza clinica dell’ipertensione arteriosa come fattore di rischio e sull’efficacia della riduzione pressoria per effetto della terapia. Importanti informazioni aggiuntive possono essere ottenute con misurazioni al di fuori dello studio del medico, come la misurazione a domicilio e/o il monitoraggio pressorio per 24 ore. Queste misurazioni forniscono utili informazioni sulla variabilità pressoria a breve (ad esempio nel giorno e nella notte), e lungo termine (per valori rilevati a distanza di settimane, mesi o più) e consentono di valutare la possibile presenza di due importanti fenomeni: l’ipertensione da camice bianco e l’ipertensione mascherata. Nel primo caso, la pressione è superiore alla soglia di normalità solo quando viene misurata in ambulatorio e sembra comportare un rischio inferiore a quello che si ha quando anche i valori al di fuori dello studio medico sono elevati; al contrario, nel secondo caso, i pazienti mostrano valori normali in presenza del medico, ma elevati a domicilio o nelle 24 ore, comportando un rischio elevato.
Posta la diagnosi, è necessario sottoporre il paziente agli esami di laboratorio e strumentali che possano identificare eventuali altri fattori di rischio associati (diabete, ipercolesterolemia) e/o la possibile presenza di alterazioni del cuore, delle arterie, dei reni, anche in una fase iniziale, asintomatica. Questi dati consentiranno di valutare il rischio cardiovascolare globale e di impostare la più efficace strategia terapeutica.
Le modifiche dello stile di vita sono la prima linea di trattamento per l’ipertensione. Diminuire la quantità di sodio (non più di 5 gr di sale al dì), fare attività fisica, controllare il peso corporeo, non fumare, evitare o comunque moderare gli alcolici, sono abitudini che devono essere sempre mantenute, anche quando si inizia il trattamento farmacologico. Oggi, possediamo numerosi farmaci antiipertensivi che sono efficaci e ben tollerati e anche poco costosi. Le Linee Guida suggeriscono di iniziare la terapia farmacologica con due farmaci in associazione, che consentono di agire con meccanismi differenti, di essere più efficaci e quindi di raggiungere più velocemente l’obiettivo pressorio, e, se in un’unica pillola, di semplificare la terapia. Se due farmaci non sono sufficienti, è necessario procedere con un’associazione di tre farmaci. L’obiettivo della terapia è di raggiungere valori al di sotto di 140/90 mmHg e, se possibile, in assenza di effetti collaterali, al di sotto di 130/80 mmHg, in particolare nei pazienti di età inferiore a 65-70 anni. Esistono, tuttavia, delle forme di ipertensione resistente, in cui non è possibile raggiungere l’obiettivo terapeutico neppure con tre farmaci e che necessitano di approfondimenti con indagini diagnostiche, anche con l’impiego di tecnologie sofisticate, per valutare il quadro clinico e impostare un’adeguata terapia, con l’eventuale necessità di un ricovero, in centri avanzati. Il Centro per l’Ipertensione MultiMedica adotta un approccio multi-disciplinare, attraverso il quale cardiologi, nefrologi ed endocrinologi collaborano per offrire approfondimenti specialistici appropriati per i singoli casi.
L’indicazione principale rimane la prevenzione delle complicanze cliniche, attraverso un trattamento precoce ed efficace. Ulteriore buon motivo per farlo, è la relazione che esiste tra i valori di pressione arteriosa nella mezza età e lo sviluppo di deficit cognitivo. Alcuni studi hanno evidenziato che il trattamento antiipertensivo può limitare in modo significativo un’evoluzione verso forme più gravi di demenza. Curare bene l’ipertensione significa seguire le indicazioni dello specialista. Come abbiamo già accennato, tra i principali problemi dell’ipertensione c’è la scarsa aderenza alla terapia. Dopo un anno, circa il 40-50% dei pazienti smette di prendere i farmaci o li modifica senza consultare il medico. Al contrario, i pazienti con ipertensione primaria devono continuare la terapia indicata, seguendola costantemente, per tutta la vita. Al fine di evitare la scarsa aderenza terapeutica è necessario che si instauri un ottimo rapporto medico paziente. Di grande importanza sono anche l’organizzazione di regolari visite di controllo e la prescrizione di una terapia farmacologica con il minore numero possibile di farmaci.

 

Enrico Agabiti Rosei, già Presidente Società Italiana e Società Europea della Ipertensione Arteriosa Consulente scientifico per l’Ipertensione Arteriosa IRCSS MultiMedica

 

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