La Sindrome di Brugada
“Sono un uomo di 35 anni, fumatore, pratico regolarmente sport e non ho mai avuto problemi di cuore o sintomi particolari. A seguito di un ECG e di successivi approfondimenti, mi è stata diagnosticata la sindrome di Brugada a basso rischio. Come posso affrontare al meglio questo problema? Esistono terapie per prevenire il rischio di aritmie? Posso continuare a praticare attività sportiva?”
Risponde
Roberto Mattioli, Responsabile Ambulatori di Cardiologia e Laboratorio di Ecocardiografia, IRCCS MultiMedica. Inviate le vostre domande a info@multimedica.it
Per poter rispondere alle sue domande è necessario descrivere alcuni aspetti della patologia che si presenta subdola e di difficile diagnosi e comprensione. La Sindrome di Brugada è una malattia genetica caratterizzata da anomalie dell’attività elettrica del cuore, in assenza di evidenti alterazioni strutturali, che predispone al rischio di aritmie ventricolari maligne. È generalmente legata alla disfunzione dei canali ionici del sodio delle cellule cardiache (ma anche del calcio ed altri canali), che non comportandosi adeguatamente generano un’alterazione della regolazione dell’attività elettrica del cuore e del ritmo cardiaco. Ciò significa che il cuore non riesce a svolgere in modo regolare il proprio ruolo di pompa e i tessuti non ricevono la giusta quantità di sangue: ecco perché fra le manifestazioni più comuni della Sindrome di Brugada c’è lo svenimento, fino ad arrivare al decesso improvviso per arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare.
La classificazione tipica viene evidenziata con il tracciato elettrocardiografico (ECG) che permette di differenziare in:
Tipo 1: si tratta dell’unico aspetto di Brugada che ufficializza la diagnosi.
Tipo 2 e tipo 3: si definiscono tali quando i segni presenti nell’ ECG sono meno evidenti e dunque non vengono ritenuti diagnostici. Possono però anche essere considerati dubbi e meritevoli di ulteriori approfondimenti.
Esiste anche la presenza di un “pattern diagnostico spontaneo”, un aspetto elettrocardiografico (ECG) che può essere provocato da diverse situazioni e che in moltissimi casi non ha alcun significato clinico. Il paziente con “pattern di Brugada”, che non presenta altri fattori di rischio, può tranquillamente continuare a condurre una vita normale e praticare sport non-agonistico.
La terapia dipende dal livello di rischio del paziente. Può variare dal semplice follow-up clinico, a terapia con farmaci antiaritmici, all’impianto di defibrillatore cardiaco (ICD, intracavitario o sottocutaneo) o di monitor cardiaci impiantabili (ICM sottocutanei o loop recorder), studio elettrofisiologico ed ablazione epicardica trans-catetere del substrato aritmico. La scelta del percorso terapeutico dipende dal rischio aritmico più elevato o dalle manifestazioni aritmiche documentate.
La sindrome di Brugada può avere fattori scatenanti come difetti nella struttura del cuore, alterazioni elettrolitiche, temperatura corporea troppo elevata (febbre elevata), assunzione di alcol e determinate sostanze stupefacenti (come la cocaina) o farmaci (in particolare antiaritmici ed antidepressivi). La prevenzione attiva ha un ruolo essenziale, proprio perché, come si è visto, la sindrome di Brugada non è di immediato riconoscimento. Una volta diagnosticata, il paziente deve sottoporsi periodicamente a controlli cardiologici con l’obiettivo di valutarne eventuali cambiamenti.
Immagino che quando il medico specialista cardiologo ha posto il sospetto di sindrome di Brugada, le abbia consigliato di eseguire accertamenti quali: ecocardiogramma color-doppler; test da sforzo; Holter ECG delle 24 ore a 12 derivazioni; Risonanza cardiaca (RMN). Nel suo caso, comunque, è importante modificare lo stile di vita con l’abolizione del fumo. Trattandosi, da quanto rivela, di un “profilo di basso rischio” e supponendo che gli esami eseguiti siano normali, può mantenere regolari abitudini di vita e controlli cardiologici periodici.