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Blog – Gruppo MultiMedica

Le dislipidemie e il rischio cardiovascolare

Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di mortalità e disabilità in tutto il mondo. Mentre alcuni fattori di rischio cardiovascolare non sono modificabili (età, genere), altri possono essere corretti con cambiamenti nello stile di vita ed i farmaci. In questo secondo gruppo svolgono un ruolo fondamentale le dislipidemie, ovvero delle alterazioni quantitative e qualitative delle lipoproteine plasmatiche.

Le principali alterazioni si riferiscono ai livelli di colesterolo-LDL: più è alto il valore di questo parametro, maggiore è il rischio cardiovascolare. Infatti, numerosi studi hanno dimostrato che ridurre i livelli di colesterolo-LDL diminuisce proporzionalmente il rischio cardiovascolare (-20% ogni ~40 mg/dL di riduzione di colesterolo-LDL). Non esiste un valore ideale di colesterolo-LDL: un individuo ad alto rischio cardiovascolare dovrebbe avere valori <55 mg/dL, mentre un soggetto a basso rischio dovrebbe avere valori <116 mg/dL. La terapia con statine [gruppo di farmaci che si utilizza per abbassare i livelli di grassi nel sangue, cioè colesterolo e trigliceridi, N.d.R] ]rappresenta il primo passaggio per il trattamento dell’ipercolesterolemia; tuttavia questa terapia non sempre è in grado di determinare la riduzione di colesterolo-LDL necessaria, soprattutto in soggetti che necessitano di una riduzione sostanziale. Negli ultimi anni sono stati sviluppati e approvati molti farmaci ipocolesterolemizzanti che possono essere utilizzati in combinazione con le statine; la terapia di combinazione rappresenta un approccio molto importante nel trattamento delle dislipidemie in quanto consente di ottenere riduzioni maggiori dei livelli di colesterolo-LDL e di utilizzare i farmaci a dosi inferiori, riducendo così il rischio di eventi avversi.

L’ipercolesterolemia familiare è una malattia ereditaria determinata da una mutazione genetica che provoca livelli elevati di colesterolo-LDL fin dalla nascita. I portatori di queste mutazioni hanno un rischio cardiovascolare molto elevato e possono andare incontro ad eventi acuti anche in giovane età. La malattia si presenta in due forme: una più comune, meno grave e spesso asintomatica (ipercolesterolemia familiare eterozigote, con una frequenza nella popolazione di 1/200-250) e una più rara e più grave (ipercolesterolemia familiare omozigote, con una frequenza di circa 1/300.000-1.000.000, valori di colesterolo-LDL >500 mg/dL). Nella maggior parte dei casi, questa patologia è determinata da mutazioni sul gene per il recettore delle LDL, con conseguente ridotta capacità del fegato di rimuovere le LDL dal sangue. L’ipercolesterolemia familiare è una malattia poco diagnosticata; inoltre, essendo determinata da un difetto genetico, spesso non riguarda solo il singolo paziente, ma coinvolge anche altri membri della famiglia, portatori della mutazione. L’individuazione precoce di questi soggetti e una terapia farmacologica efficace, insieme a interventi su stile di vita e dieta, rappresentano l’unica arma possibile per la prevenzione di eventi cardiovascolari precoci. La terapia di combinazione rappresenta un approccio migliore in questi pazienti, in particolare con farmaci anti PCSK9. I pazienti affetti dalla forma omozigote hanno spesso una risposta ridotta (se non nulla) ai comuni farmaci usati per controllare l’ipercolesterolemia, proprio a causa del difetto genetico che determina la malattia. Per ridurre in modo sostanziale i livelli di colesterolo-LDL devono quindi essere sottoposti a una procedura di rimozione meccanica del colesterolo-LDL (LDL-aferesi); negli ultimi anni, alcuni farmaci si sono dimostrati efficaci anche in questi pazienti in quanto agiscono indipendentemente dalla presenza del difetto genetico.

L’ipertrigliceridemia è dovuta alla presenza di elevati livelli di trigliceridi nel sangue a digiuno (>150 mg/dL). Numerosi studi hanno dimostrato una correlazione tra elevati livelli di trigliceridi e aumentato rischio cardiovascolare. Occorre sottolineare che i trigliceridi non sono in sé un fattore di rischio, ma piuttosto un marker che identifica elevati livelli di lipoproteine ricche in trigliceridi che possono contribuire ad aumentare il rischio cardiovascolare. L’ipertrigliceridemia può essere primaria, cioè avere una base genetica, con livelli circolanti di trigliceridi molto più elevati e rischio di pancreatite, oppure può essere secondaria a fattori legati allo stile di vita o all’assunzione di farmaci ed è spesso associata ad altre condizioni quali il diabete mellito e l’obesità. In presenza di valori non eccessivamente alti, la correzione dello stile di vita può essere sufficiente; in presenza di livelli più elevati può essere iniziata una terapia farmacologica a base di fibrati o acidi grassi omega-3. Nei soggetti che presentano ipertrigliceridemia severa determinata da mutazioni genetiche, questi approcci non sono efficaci e devono essere usati farmaci specifici in grado di ripristinare la corretta eliminazione delle lipoproteine ricche in trigliceridi da parte del fegato.

Una particolare forma di dislipidemia riguarda elevati livelli della lipoproteina(a) [Lp(a)]. Si tratta di una lipoproteina simile alle LDL, che ha legata in superficie una ulteriore proteina, chiamata apolipoproteina(a). Elevati livelli di Lp(a) rappresentano un fattore di rischio cardiovascolare indipendente; essi sono determinati geneticamente e non sono legati allo stile di vita. Pertanto, non subiscono variazioni significative nell’arco della vita; le attuali linee guida europee raccomandano di valutare i livelli di questa lipoproteina almeno una volta nella vita per identificare quei soggetti che, pur avendo livelli di colesterolo-LDL nella norma, posso essere comunque ad aumentato rischio cardiovascolare perché presentano elevati livelli di Lp(a). I comuni farmaci utilizzati per il trattamento dell’ipercolesterolemia non determinano riduzioni dei livelli di Lp(a) significative; sono in corso studi clinici che stanno valutando l’efficacia di farmaci in grado di ridurre sostanzialmente i livelli di Lp(a).

In conclusione, le dislipidemie rappresentano un fattore di rischio importante che deve essere monitorato e controllato per ridurre il rischio cardiovascolare. Presso l’IRCCS MultiMedica è presente l’Ambulatorio delle Dislipidemie, da me diretto, in cui medici specialisti offrono un percorso di diagnosi e trattamento sia delle forme più comuni di dislipidemia che di quelle più rare su base genetica.

 

Alberico Luigi Catapano, Direttore del Centro di Dislipidemia IRCCS MultiMedica/Università degli Studi di Milano

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