Le “pillole dell’amore” non sono proibite per chi è cardiopatico?
La risposta a questo vero o falso ce la fornisce Edoardo Rosati, giornalista e scrittore, direttamente dal suo libro “Dottore, mi dica. Le 100 verità sulla tua salute che devi conoscere” – Mind Edizioni.
VERO, ma qualche eccezione, vediamole. La chimica del sesso è una specie di gioco del domino. Quando scatta la scintilla dell’eccitazione sessuale, nei corpi cavernosi del pene si diffonde una sostanza “afrodisiaca”, diciamo così, che si chiama ossido nitrico. Questa stimola a sua volta un enzima (nome di battesimo: guanilatociclasi) nelle cellule muscolari della matassa spugnosa dell’organo maschile, enzima che attiva la formazione di un ennesimo composto, dal nome scioglilingua cGMP, la guanosinamonofosfato ciclico che produce un rilassamento generale della fine muscolatura; tale evento consente al sangue di affluire e riempire i bacini naturali disseminati nel pene ed è proprio grazie all’afflusso-riempimento che può aver luogo finalmente l’erezione.
Ma ogni molecola, nel nostro corpo, ha un proprio vigilante, che ne controlla azioni e comportamenti, e così pure la cGMP deve vedersela con un controllore chiamato PDE-5 (per esteso: fosfodiesterasi di tipo 5), la cui funzione è quella di degradarla, di toglierla di mezzo una volta concluso il suo lavoro. Che però per i maschietti in difficoltà sotto le lenzuola è un lavoro, francamente, di tutto rispetto… Ecco perché le “pillole dell’amore” (sildenafil, tadalafil, vardenafil, avanafil) intervengono sulla scena, come supereroi farmacologici, stoppando l’attività (pur fisiologica) della PDE-5 che, se lasciata agire, ostacolerebbe la cGMP, così cruciale per l’erezione. Bloccando il “bloccatore”, insomma, questa molecola può essere agevolata nel proprio mestiere in chi è alle prese con un deficit erettile. Tant’è che tali ritrovati dell’industria farmaceutica vengono collettivamente nominati “inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5“.
È un mercato che sta travalicando i confini imposti dalle raccomandazioni specialistiche, perché sei uomini su dieci si affidano alle compresse senza aver ricevuto una precisa diagnosi e nemmeno una ricetta da parte del medico. In pratica, al popolo dei pazienti si è ormai affiancata una sostanziosa fetta di fruitori che sono semplici performer, soggetti che si procurano in proprio le pilloline per facilitare/corroborare col fai-da-te le prestazioni fisiche nell’alcova.
Ma queste “medicine del sesso“, visto che funzionano forzando la biochimica che governa il flusso di sangue nel pene, potrebbero per caso gettare qualche ombra sulla salute di un cardiopatico, di chi già si ritrova ad avere a che fare con problemi di circolazione sanguigna? In realtà, no. L’attenzione va riservata in particolare soltanto a quella quota di pazienti (sono circa il 10-15% dei cardiopatici) che stanno prendendo certi farmaci, ossia i nitrati. Si tratta di vasodilatatori, medicine (sotto forma di cerotti transdermici) che migliorano il nutrimento del cuore aumentando il calibro delle arterie che lo irrorano. Poiché, al fin fine, anche il Viagra e i suoi fratelli funzionano producendo una dilatazione dei vasi sanguigni, il rischio concreto è che i due effetti farmacologici si sommino, con un calo importante della pressione arteriosa.
Da qui, possibili svenimenti e malori vari. Nei soggetti che, pur con problemi cardiaci, seguono altri trattamenti, non a base di nitrati, le “pillole dell’amore” non comportano affatto incidenti di percorso.
Naturalmente resta dominante la raccomandazione generale: i danni sono sempre dietro l’angolo se si esagera con i dosaggi degli inibitori della PDE-5. Perciò, per restare sulla strada maestra non c’è niente di meglio che farsi guidare dai consigli del proprio urologo/andrologo di fiducia.