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Blog – Gruppo MultiMedica

Rallentare l’invecchiamento grazie al codice genetico dei centenari

La longevità estrema è un tratto ereditario? Nel caso affermativo, lo studio del DNA dei longevi potrebbe fornire approcci terapeutici innovativi per combattere l’invecchiamento e le patologie ad esso associate? L’invecchiamento è un processo che si può rallentare o addirittura è possibile ringiovanire?

 

Queste sono le domande alle quali Annibale Puca ha cercato di rispondere sin dal 1998, quando ad Harvard insieme a Tom Perls e Lou Kunkel chiarì che la longevità è un tratto ereditario e che esiste una regione genomica (4q25) contenente uno o più geni responsabili della longevità familiare. In altre parole, avere parenti longevi fornisce una chance in più per vivere sino a cento anni e oltre.

Dal 2001 al 2004 furono reclutati nel Cilento più di 600 longevi e altrettanti controlli, che furono confrontati per l’identificazione di eventuali differenze genetiche in grado di spiegare il motivo della loro longevità. Un primo studio stilò una lista di varianti candidate a influenzare il tratto longevo, tra queste ve ne erano 4 che modificavano la proteina (la cui sequenza è dettata dal gene) mentre le rimanenti risiedevano in regioni genomiche con funzione ancora ignota. L’analisi prevedeva l’utilizzo di altre due popolazioni, reclutate in Germania e negli Stati Uniti, al fine di validare l’associazione di tali varianti con la longevità. Delle 4 varianti solo una, localizzata nel gene BPIFB4, si confermava in tutte e tre le popolazioni. Questa variante, presente in doppia copia nel 10% della popolazione e in misura significativamente più alta nei centenari, viene ereditata insieme ad altre tre che a loro volta modificano la sequenza di BPIFB4 apportando nuove funzioni alla proteina. Tra il 2010 ed il 2011, introducemmo nelle cellule il gene BPIFB4, quello comunemente diffuso nella popolazione (nominato WT-BPIFB4), e quello con la variante arricchita nei longevi (nominato Longevity Associated Variant (LAV)-BPIFB4). Solo con il secondo riscontrammo un’attivazione di segnali cellulari che avevano ricadute positive sulla funzione endoteliale e sulla migrazione cellulare. Gli studi furono condotti da Anna Ferrario, Anna Maciag e Francesco Villa, presso MultiMedica e CNR di Segrate, insieme ad Albino Carrizzo e Carmine Vecchione, presso l’Università di Salerno e Neuromed, e conseguirono nel 2015 in una pubblicazione nella quale si dimostrava la capacità di LAV-BPIFB4 di ringiovanire i vasi di topi anziani ripristinando la disponibilità di ossido nitrico in misura simile a quella osservata nei topi giovani e con un recupero della funzione endoteliale pressoché completo. Lavori successivi, coordinati da MultiMedica e Neuromed, dimostrarono come LAV-BPIFB4 fosse capace di bloccare la progressione dell’aterosclerosi e di reindirizzare il sistema immune verso un fenotipo antinfiammatorio, di bloccare la progressione della malattia di Huntington, di ringiovanire i vasi ed il sistema immune ed in ultimo di migliorare le performance cardiache sia in un contesto diabetico che anziano. I lavori sul cuore furono svolti in collaborazione con Paolo Madeddu dell’Università di Bristol. È proprio la capacità del trattamento con il gene LAV-BPIFB4 di ringiovanire il sistema immune e cardiovascolare di topi anziani che risponde all’ultima domanda: si possiamo ringiovanire.

La strada è ancora lunga ma tanto è stato fatto. Oggi ci rimane la grossa responsabilità di portare queste scoperte in clinica attraverso la produzione della proteina ed il suo impiego in trial clinici per valutarne l’efficacia sull’uomo.

 

 

Annibale Puca, Capo Laboratorio IRCSS MultiMedica/Università degli Studi di Salerno
Monica Cattaneo, Ricercatrice Gruppo MultiMedica

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