La Scienza è femminile, la parità ancora no
Donne e scienza, donne e carriere scientifiche. È davvero un binomio ancora così lontano dalle pari opportunità?Sorprendentemente sì, in Italia e nel mondo. Basti pensare che, per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo argomento, tre anni fa le Nazioni Unite hanno sentito l’esigenza di indire la “Giornata Internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza”, proprio con l’obiettivo di abbattere un atavico stereotipo: la presunta scarsa attitudine delle donne e delle ragazze verso le discipline scientifiche denominate STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics).Non vi è alcuna base scientifica “evidence based” che le ragazze non siano altrettanto brave, se non più brave dei ragazzi, e che non possano accedere a realizzazioni professionali negli stessi campi.
I dati dicono che molte giovani, benché portate per le materie scientifiche nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, per molto tempo si sono iscritte a facoltà umanistiche ignorando le proprie naturali inclinazioni, perché scoraggiate dai pregiudizi stessi.Nel corso degli anni, grazie anche a una crescente sensibilizzazione, è aumentata la partecipazione delle ragazze agli studi nei campi tecnologici. Attualmente in Italia e in Europa il numero di studentesse supera il 50%, in particolare nelle scienze più soft come quelle biologiche e mediche, e nella matematica (anche perché viene spesso vista propedeutica a un lavoro didattico nelle scuole), ma sono ancora meno del 20% in facoltà più hard come ingegneria. Lentamente i contributi delle donne alla scienza vengano riconosciuti, ma resta sicuramente il problema delle carriere.Se il numero delle ricercatrici universitarie, il primo gradino professionale, si può dire che superi il 50%, le opportunità calano a piramide salendo verso le promozioni. Il numero di professori ordinari nelle STEM è inferiore per le donne che per gli uomini, per non parlare di posizioni apicali come direzioni di dipartimento e rettorati.
Credo sia opportuno far notare che negli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, gli IRCCS, oltre 40 istituti medici di ricerca, facenti capo al Ministero della Salute, le donne Direttore Scientifico si contano sulle dita di una mano…Un altro nodo da sciogliere (comune ahimè a tutti i campi professionali, non solo quelli scientifici) è quello degli stipendi. Le donne, a parità di posizione, guadagnano meno. Anche nell’ambito di contratti collettivi alle donne si finisce per dare stipendi inferiori ai colleghi, e poche “premialità” facendo leva sul fatto che comunque si accontentano. Come invertire questa tendenza? A mio avviso le donne dovrebbero fare più rete. Il confronto, lo scambio, la collaborazione e l’interazione sono strumenti strategici per farsi strada nel campo delle Scienze. Ma perché ciò possa davvero realizzarsi è fondamentale il supporto della famiglia, dei luoghi scolastici e professionali, delle istituzioni. Scendendo nel concreto, sarebbero azioni importanti l’aiuto a seguire un’inclinazione scientifica ove essa si palesi fin dalle scuole, il supporto nella scelta di una facoltà “STEM”, l’equità di voti negli esami, l’opportunità di formazione e di lavoro, equità nella carriera, incoraggiamento anche sociale, e infine, quando si superano i tanti “tetti di vetro” e si “arriva” ad una posizione, lo stabilirsi dell’idea e del principio che il proprio valore dà diritto a guadagnare come gli uomini.
Adriana Albini,
Direttore del Laboratorio di Biologia Vascolare ed Angiogenesi, IRCCS MultiMedica
Membro del Direttivo dell’American Association for Cancer Research