Il trattamento ibrido della patologia dell’aorta
L’aorta, il più grande vaso sanguigno del corpo, nasce dal cuore e si dirige verso l’alto prima di piegarsi all’indietro e verso il basso per dirigersi verso la parte inferiore del corpo. Da questa curvatura, nota come arco aortico, originano i rami per il cervello e gli arti superiori. Quando le pareti dell’arco aortico si dilatano e si allargano (causando un aneurisma) o quando compare una lacerazione (dissezione aortica), è necessario un intervento chirurgico o medico, per prevenire una grave emorragia interna, spesso fatale. Fattori di rischio comprendono l’indurimento delle arterie (aterosclerosi), l’ipertensione arteriosa, alcune condizioni genetiche caratterizzate da un indebolimento della parete aortica e i traumi. Gli aneurismi dell’arco aortico spesso si sviluppano lentamente e silenziosamente, in molti anni, con pochi o nessun sintomo, e di solito sono scoperti occasionalmente durante un’indagine radiologica fatta per altri motivi. Alcuni pazienti avvertono dolore al petto, palpitazioni, affaticamento o mancanza di respiro, disfagia o modifiche del tono della voce (disfonia).
La patologia dell’arco aortico è complessa perché coinvolge non solo il tratto di aorta in questione ma anche il segmento prossimale dell’aorta ascendente e quello distale toracico discendente. Dall’arco originano le arterie dirette al cervello, spesso anch’esse coinvolte nella stessa patologia. È proprio ciò, unitamente all’anatomia propria dell’arco diretta verso il mediastino posteriore, a rendere complesse sia la chirurgia tradizionale che il trattamento endovascolare mininvasivo. Il significato etimologico della parola aorta, che deriva dal greco aortès, una bisaccia pendente dalle spalle, rende bene l’immagine di questo decorso di difficile accesso.
Le patologie d’interesse chirurgico che coinvolgono l’arco sono le stesse che si osservano negli altri segmenti dell’aorta e si dividono in sindromi aortiche acute, come la dissezione aortica acuta e le rotture tamponate dell’arco, e croniche, come l’aneurisma aterosclerotico dell’arco e la dissezione cronica nelle sue diverse presentazioni anatomiche, che comprendono anche gli ematomi di parete e le ulcere penetranti. Le linee guida suggeriscono di trattare la patologia dell’arco quando raggiunge i 5,5 cm di diametro, a causa dell’elevato rischio di rottura. Un paziente con aneurisma dell’arco aortico deve essere sottoposto a periodiche indagini radiologiche con TAC ad alta definizione con e senza mezzo di contrasto e consultare un cardiochirurgo.
Il trattamento chirurgico tradizionale completo delle lesioni dell’arco aortico (Total Arch Replacement – TAR) è un intervento molto difficile perché coinvolge l’origine dei vasi cerebrali ed è effettuato arrestando per un breve periodo la circolazione del sangue. La chirurgia a cielo aperto ha fatto sostanziali progressi in questi ultimi vent’anni con la diffusione della tecnica della perfusione cerebrale anterograda selettiva, che ha permesso una migliore protezione cerebrale e ha eliminato la necessità dell’ipotermia profonda, riducendo i tempi dell’intervento e i rischi di sanguinamento.
Ho avuto il privilegio di formarmi presso il Centro della Chirurgia dell’Aorta di Parigi dove, dal 1970, si utilizza la perfusione cerebrale selettiva ottenendo una drastica riduzione delle complicanze neurologiche maggiori come l’ictus. Da diversi anni, inoltre, nei casi dove sia possibile, utilizzo una tecnica semplice per ridurre al minimo i tempi di arresto del circolo mediante il posizionamento di un pallone in aorta toracica discendente, al fine di mantenere perfusa la metà inferiore del corpo mentre viene eseguita la sostituzione dell’arco. Questo accorgimento può rendere semplice una chirurgia complessa.
Nonostante tutti i rilevanti progressi raggiunti negli anni, l’intervento convenzionale di sostituzione totale dell’arco aortico è pur sempre gravato da un tasso di mortalità e di complicanze che rendono questa chirurgia tra le più difficili, anche in ragione dell’aumento dell’età media della popolazione.
Grazie a un costante progresso tecnologico, le ultime decadi sono state straordinarie per l’impiego delle endoprotesi toraciche, molto utili nel tratto discendente di aorta ma ancora in evoluzione per il loro impiego nell’arco aortico, per cui esistono numerose limitazioni come la trasposizione dei vasi cerebrali ed il decorso dell’arco che rende sempre più indaginosa la navigabilità delle endoprotesi ed il loro ancoraggio. Quest’ultimo punto è estremamente delicato perché può dare origine a complicanze gravi come una dissezione retrograda/rottura o una non perfetta aderenza della endoprotesi (endoleak). A ciò si aggiunge il problema di una possibile malattia anche del tratto ascendente dell’aorta, segmento dove la tecnica endovascolare mostra limiti ancora maggiori. Recenti raccomandazioni controindicano l’atterraggio in aorta ascendente anche se solo moderatamente dilatata. Ancora purtroppo la chirurgia endovascolare dell’arco ha risultati peggiori rispetto alla chirurgia tradizionale, in termini di mortalità, complicanze neurologiche e sopravvivenza a 5 anni, e ad oggi non esistono studi randomizzati di comparazione delle due tecniche.
Negli ultimi anni si è sviluppata una sintesi tra i due approcci descritti: la possibilità di eseguire un trattamento ibrido che possa combinare i vantaggi della chirurgia tradizionale con quelli del trattamento endovascolare. La chirurgia endovascolare dell’arco aortico, combinata con una tecnica che preveda la sostituzione dell’aorta ascendente con spostamento dell’origine dei vasi cerebrali, è stata recentemente introdotta come efficace alternativa per diminuire morbilità e mortalità. In effetti, la sostituzione del tratto ascendente di aorta con un segmento di protesi in Dacron crea un ottimo punto di atterraggio per l’endoprotesi, eliminando i rischi sopra menzionati di dissezione retrograda ed embolie cerebrali. Recentemente sono state pubblicate numerose casistiche operatorie in diverse parti del mondo, dagli USA alla Cina, che dimostrano ottimi risultati del trattamento ibrido dell’arco nel medio-lungo termine.
Applichiamo la tecnica ibrida per la chirurgia dell’arco ormai dal 2007 con ottimi risultati immediati e a distanza. Credo che oggi sia importante rassicurare i pazienti affetti da una patologia complessa dell’aorta, come una dissezione, spiegando che abbiamo a disposizione delle tecniche chirurgiche che, quando applicate al momento giusto, possono offrire un trattamento efficace e allo stesso tempo moderatamente mini-invasivo. I pazienti affetti da una malattia ad alta complessità come la dissezione dell’aorta devono convivere per tutta la loro vita con questa patologia, e il fatto di sapere che ci siano delle soluzioni tecniche per risolvere il loro problema dovrebbe essere fonte di sicurezza e serenità.
In conclusione, possiamo affermare che oggi è possibile sostituire totalmente l’arco aortico in maniera mini-invasiva con un approccio ibrido, garantendo allo stesso modo un risultato ottimale e duraturo. Questo risultato si può ottenere solo in Centri, come presso l’IRCCS MultiMedica, nei quali è presente una stretta collaborazione tra cardiochirurghi e chirurghi vascolari, possibilmente coordinati in una Unità di Chirurgia dell’Aorta che, con l’ausilio di radiologi esperti di imaging vascolare, ecografisti esperti in metodica ecotransesofagea, cardiologi interventisti e cardiorianimatori, possano garantire la sinergia fondamentale per affrontare questa grande sfida terapeutica.
Dr. Gian Luca Martinelli, Direttore dell’Unità di Cardiochirurgia, IRCCS MultiMedica