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Blog – Gruppo MultiMedica

Dolore al petto: come riconoscere se è infarto

Il dolore toracico è un disturbo comune che può assumere diverse cause, alcune delle quali benigne e altre più serie. Tra le più temibili vi è l’infarto cardiaco, un evento acuto che richiede un intervento medico immediato.

Quando il dolore al petto diventa un’emergenza?

Qualsiasi dolore toracico che persiste per più di 15 minuti, e non trova una spiegazione di natura infiammatoria o digestiva, deve essere valutato tempestivamente in Pronto Soccorso.

Quali sono i sintomi tipici del dolore da infarto?

Il dolore tipico dell’infarto si presenta come una costrizione o peso retrosternale di tipo gravativo e non trafittivo. Insorge indipendentemente dallo sforzo fisico e si irradia alla base del collo, ai due arti (soprattutto al sinistro), tra le due scapole o alla bocca dello stomaco.
Non è influenzato dai movimenti del tronco, dal respiro e dalla palpazione locale. Spesso si accompagna a senso di angoscia, mancanza di respiro e malessere generale.

Quali i sintomi atipici?

Esistono anche dolori coronarici meno tipici, caratterizzati da una forte sofferenza.

Il soggetto tende a muoversi e parlare poco, oppresso da un peso toracico che non sa localizzare con precisione e desideroso solo di alleviare il dolore.

Il dolore localizzato allo stomaco può essere un segnale di un infarto della parete inferiore del ventricolo sinistro e si associa a sintomi vagali (eruttazioni, senso di indigestione, sudorazione), che possono erroneamente far pensare ad una causa digestiva del dolore. In questi casi, è fondamentale evitare rimedi casalinghi come tisane e rivolgersi immediatamente ad un medico.

Cosa fare nel caso di sospetto infarto?

Il dolore toracico è un importante campanello di allarme e può comparire per la prima volta nella vita o seguire ad episodi già noti.

Il paziente e i suoi familiari devono sapere che un dolore toracico di durata superiore a 15 minuti, accompagnato da mancanza di respiro e malessere generale, per il quale non vi sua un’ovvia spiegazione di natura infiammatoria o digestiva, deve suggerire una valutazione immediata in Pronto Soccorso.

Il trasporto del paziente in Ospedale deve avvenire preferibilmente mediante una chiamata al 118, piuttosto che con i propri mezzi di trasporto. Il Medico della Centrale Operativa, sentita la descrizione dei sintomi, invierà al domicilio del malato un Centro Mobile di rianimazione per l’emergenza cardiologica. Il paziente verrà così accompagnato, in condizioni di sicurezza clinica, presso il Centro di Emodinamica che in quel momento sia in grado di eseguire immediatamente la coronarografia e, se possibile, l’angioplastica, saltando il Pronto Soccorso e risparmiando altro tempo prezioso.

Se sei da solo, mentre aspetti i soccorsi chiama subito qualcuno vicino a te che possa assisterti in caso di perdita di coscienza ed effettuare le manovre di primo soccorso. Se la persona che si sta soccorrendo ha perso conoscenza, esegui le manovre di rianimazione cardio-polmonare secondo le indicazioni telefoniche del 118.

Se si è preoccupati per il rischio di avere un infarto, assumere aspirina potrebbe ridurre il danno al cuore rendendo il sangue meno propenso a formare trombi. L’aspirina però può interagire con altri farmaci, perciò non bisogna assumerla a meno che il proprio medico o il personale medico d’emergenza lo abbiano consigliato.

Quali sono gli esami per la diagnosi di infarto?

Gli esami principali per la diagnosi di infarto sono:

  • Elettrocardiogramma: permette di escludere subito la presenza di un’ischemia cardiaca secondaria ad una sindrome coronarica acuta.
  • Dosaggio degli enzimi cardiaci (troponina, CPK): un innalzamento di questi enzimi nel sangue, che si verifica da alcune ore a diversi giorni dall’esordio dell’infarto, può fornire un’indicazione preziosa per la diagnosi, soprattutto in caso di infarto “mascherato” all’elettrocardiogramma.

Quali sono le cause dell’infarto?

L’infarto è causato dalla chiusura di un’arteria coronaria a causa di un trombo. In presenza di placche aterosclerotiche che restringono il lume coronarico, un aumento del fabbisogno di ossigeno da parte del cuore (ad esempio durante uno sforzo o un’intensa emozione) può determinare un flusso sanguigno insufficiente, causando un‘ischemia transitoria (dolore anginoso). Se la placca si complica con un trombo che occlude completamente l’arteria, la regione cardiaca irrorata da quel vaso va in necrosi, perdendo vitalità. In questo caso, il dolore toracico si presenta a riposo e ha una durata significativamente maggiore (fino a diverse ore), pur mantenendo le stesse caratteristiche.

Quali sono i trattamenti per l’infarto?

La terapia nell’infarto acuto mira a rimuovere l’ostruzione nel più breve tempo possibile. Le due principali modalità di intervento sono:

  • Trombolisi: iniezione in vena di un farmaco in grado di sciogliere il trombo.
  • Tromboaspirazione: Esecuzione di un’angioplastica (inserimento di un catetere dall’arteria femorale fino alle coronarie) seguita dall’impianto di uno o più stent (una rete metallica che viene espansa a parete per tenere aperto il vaso ed evitare la sua richiusura).

La differenza tra le due metodiche è sostanziale: la trombolisi perde rapidamente di efficacia, mentre l’angioplastica garantisce un risultato superiore anche se eseguita a distanza di alcune ore, con una maggiore sopravvivenza libera da complicanze negli anni a venire.

L’importanza del fattore tempo

Il fattore tempo è vitale: intervenire tardivamente su una zona di cuore ormai necrotica non consente, infatti, di ottenere lo stesso risultato rispetto ad un intervento precoce, dove molto muscolo cardiaco può ancora essere completamente recuperato e rimanere vitale negli anni a venire.

Un altro motivo per un rapido accesso ospedaliero deriva dal fatto che nelle prime ore dell’infarto l’ischemia determina un’instabilità elettrica del ventricolo sinistro per la disomogenea trasmissione dell’impulso tra il miocardio sano e quello infartuato. Questo processo può generare tutta una serie di aritmie, fino alla temuta comparsa della fibrillazione ventricolare (movimento caotico delle pareti del cuore) con arresto cardiaco. La fibrillazione ventricolare può essere interrotta da uno shock elettrico mediante defibrillazione manuale eseguita dal medico o semiautomatica ad opera di personale addestrato, purchè avvenga entro pochi minuti.

Si calcola che nelle prime ore dell’infarto un paziente su due muoia per arresto cardiaco prima di giungere in Ospedale. In molti di questi casi un intervento di defibrillazione in Pronto Soccorso o nell’automedica del 118 attrezzata per la rianimazione può resuscitare il paziente e consentire l’inizio delle procedure di rivascolarizzazione.

A cura dell’U.O. di Cardiologia del Gruppo MultiMedica

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