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Blog – Gruppo MultiMedica

Cisti del dotto tireoglosso: storie a lieto fine

Pur rappresentando la più frequente patologia malformativa del collo nei bambini, circa il 70% delle neoformazioni disontogeniche cervicali e circa il 17% dei casi di tutte le tumefazioni della regione anteriore del collo in età pediatrica, come Giulia puntualmente ci ricorda, per ben 2 anni ha peregrinato tra specialisti senza che venisse stilata una diagnosi precisa, né una impostazione terapeutica.
Se è vero che diversi possono essere infatti i processi patologici di natura congenita, infiammatoria e neoplastica che concorrono a provocare questo reperto clinico, una pallina nel collo che cambia nel tempo di dimensione, la cis09ti del dotto tireoglosso è particolare perché si muove con i movimenti della laringe e soprattutto con i movimenti della lingua.

Il dotto tireoglosso nasce embriologicamente dopo il ventiquattresimo giorno di vita intrauterina come canalizzazione dell’abbozzo tiroideo verso la laringe. Al termine della VII settimana, la ghiandola tiroide appare già nella sua forma e posizione definitiva e di norma il dotto che ne ha guidato la migrazione scompare. Nel caso di incompleta involuzione del dotto, rimane alla nascita una sorta di tubo molto sottile che mantiene un collegamento tra la tiroide e la base della lingua, passando attraverso i muscoli della stessa, davanti alla porzione anteriore della laringe e rimanendo intimamente correlato all’osso ioide, l’osso appunto che collega i muscoli della laringe alla lingua. Tipicamente questa anomalia si manifesta durante la prima decade di vita, quando all’interno iniziano ad accumularsi saliva, muco o residui di cibo.

Diagnosi

Nella maggior parte dei casi questo processo avviene nella prima infanzia e la patologia viene diagnosticata tipicamente nei bambini di età inferiore a 5 anni, e quasi sempre prima dei 20 anni di età.
Quella che si evidenzia è una tumefazione, una piccola protuberanza liscia, sotto il mento in posizione mediana che si muove con la deglutizione. Non è dolente e anche palpandola non provoca particolari reazioni nel bambino.
La diagnosi è relativamente facile, trattandosi di una tumefazione ben visibile e dalle caratteristiche peculiari, e viene sempre confermata dalla ecografia, esame non invasivo, ben sopportato dai piccoli pazienti, assolutamente sufficiente per porre diagnosi certa.

Per completezza di informazione questa patologia interessa marginalmente anche gli adulti, rappresentando solamente lo 0,2 percento delle tumefazioni del collo, ma proprio per la rarità e per la non facile diagnosi differenziale con molte patologie anche maligne, necessità di un iter più attento. Oltre all’ecografia, che resta l’indagine migliore per indirizzare la diagnosi, è spesso prudente far precedere l’intervento da un agoaspirato, biopsia eseguita senza tagli, ambulatorialmente sotto guida ecografica. Questa procedura ponendo con certezza la diagnosi di Cisti disontogenetica permetterà di programmare ed eseguire in maniera corretta l’intervento.

Terapia

Il trattamento di elezione è sempre l’exeresi chirurgica della lesione, in blocco con la porzione centrale dell’osso ioide e del tessuto peri-cistico e duttale. È l’Otorinolaringoiatra che pratica questa procedura, standardizzata da decenni, che se eseguita correttamente porta ad un tasso assolutamente trascurabile di recidive (elevate invece in trattamenti conservativi purtroppo a volte suggeriti da chi non è esperto in chirurgia del collo).
Nei casi in cui per diversi motivi non si arrivi rapidamente al trattamento non è raro che la cisti vada incontro a ricorrenti infezioni, aumentando di dimensioni, diventando dolente, con la cute sovrastante arrossata, arrivando, in alcuni casi, alla fistolizzazione. Ma anche in questo caso, come è successo alla piccola Giulia, non è il caso di allarmarsi. L’intervento dovrà solamente essere programmato dopo un’adeguata terapia antibiotica per ridurre al minimo l’infiammazione. Gli esiti saranno comunque minimi con un ritorno ad una perfetta funzionalità della lingua e della laringe in pochi giorni, con una piccola cicatrice nascosta sotto il profilo del mento.

E dopo?

La nostra Giulia ora è tornata a casa e per qualche giorno ha mangiato solo cibi morbidi e tiepidi, per non sforzare troppo i muscoli interessati dall’intervento. Ha perso pochi giorni di scuola perché dall’anestesia generale di poche decine di minuti si è ripresa rapidamente!
La rivediamo a dieci giorni dall’intervento alla visita di controllo per la rimozione della sutura. Il chirurgo confidando nella maturità dimostrata nelle visite pre-operatorie ha preferito ai punti riassorbibili una sutura più sottile intradermica, ma da rimuovere, per ottenere una cicatrice praticamente invisibile.
Giulia non si ricorda già più della pallina che da due anni cresceva e diminuiva di volume preoccupando ogni volta i genitori, e dopo la rimozione del punto, saluta e scappa dall’ambulatorio!

Stefano Righini, Direttore dell’Unità di Chirurgia Cervico-Facciale, Ospedale San Giuseppe

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